in

Con "Pena la morte e altri racconti" Simenon ci porta nel mondo dei desideri e della paura di realizzarli

- -

Pena la morte e altri racconti



Pena la morte e altri racconti
di Georges Simenon
Adelphi, 23 Agosto 2022

Traduzione di Marina Di Leo

pp. 155
€ 11,40 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)


Un Simenon diverso dal solito, spesso al limite del paradossale, e che dipinge le sue vite piccolo-borghesi dentro lo spazio di un racconto. In totale il grande scrittore belga ha scritto, tra il 1929 e il 1962 centosettantotto racconti. In particolare, i cinque qui raccolti, racchiudono un periodo compreso tra la partenza dalla Francia e l’arrivo in America, dove resterà per dieci anni. Pena la morte, che dà il titolo alla raccolta ed è l’ultimo nel libro, è stato scritto prima di lasciare Parigi. I primi quattro ( Il peschereccio di Émile, I maialini senza coda, lo scalo di Buenaventura e Un certo signor Berquin )sono stati scritti in America nel 1946.

La caratteristica dei racconti di questa raccolta è la paura della maldicenza, unita a un desiderio di avventura e infine la costruzione di una “reputazione” che va di pari passo con la voglia di essere accettati. Tutti valori di quella borghesia che si fa da sé, ma nello stesso tempo calpesta, nel desiderio di mantenersi apparentemente integra, la morale. 


Il peschereccio di Émile ha un’ambientazione abbastanza classica, nei piccoli borghi di marinai che Simenon amava ritrarre, ci sono spesso queste figure di uomini dediti al vizio, al bere e alla prostituzione. Ma in Émile tutto questo si unisce a una grande ambizione: quella di avere un peschereccio e di essere rispettato. Il suo sogno si avvera, ma solo a metà, perché si scontra col precedente desiderio, ovvero quello di conquistare una donna molto ambita, la prostituta più richiesta e bella e farla sua. Le malelingue cominceranno a insinuare il dubbio che le due cose non sono conciliabili e a quel punto avverrà il corto circuito nella sua mente.

“Aveva pietà di se stesso. Non riusciva a liberarsi dall’impressione che gli avessero messo sulle spalle un fardello troppo pesante, ma non voleva tirarsi indietro. Si era mai tirato indietro, lui?” p.33

Nessuno dei personaggi di questi racconti riesce a tirarsi indietro, non solo dal compiere atti estremi ma spesso dalle proprie abitudini e manie.


I maialini senza coda inizia con la reputazione di una brava sposina, sul ruolo che le donne devono avere all’interno di certe società, sul volere, a tutti costi, “essere” la donna ideale, per il proprio marito Marcel da parte di Germane. Poi, a partire da un piccolo oggetto, un maialino di porcellana inizia un ribaltamento dei ruoli, il marito si scopre costretto ad alcuni compressi che mettono in gioco anche il passato della novella sposina, e in un clima semiserio si svolge una vicenda dai toni cupi, dove il denaro ha un peso determinante, calpestando la morale.


Lo scalo di Buenaventura è un avamposto di desideri e speranze. Nello scalo di Buenaventura si sogna di partire e per trascorrere il tempo tra un carico e l’altro di caffè si gioca alle slot. Tra chi aspetta un cenno del prossimo comandante e chi non riesce a sbancare la macchinetta, arrivano i turisti, chiedono le cartoline e qualcuno tenta la fortuna e vince al primo colpo. Così fugge la pazienza di chi sogna e si accontenta di continuare a vivere nell’attesa e sfuma un’altra possibilità di partire…perché nello scalo di Buenaventura non succede mai niente.

Una curiosità: esistono due racconti con questo titolo, uno del 1939, apparso anche di recente, per Adelphi nella raccolta La linea del deserto e altri racconti, e questo qui citato, apparso prima in un’edizione insieme ad un Maigret, dal titolo appunto Maigret e i porcellini senza coda (Parigi, Presses de la Cité, 1950). Questo stesso fu poi ripreso in Dangerous Turns, una raccolta di racconti pubblicati negli Stati Uniti (New York, Appleton-Century-Crofts, 1953). Le trame dei due racconti sono completamente diverse. 


Un certo signor Berquin racconta di una famiglia in vacanza, una giornata di pioggia e nebbia e di un giorno apparentemente banale, finché l’auto del malcapitato davanti a loro rotola giù in un dirupo. Che fare? Allertare i soccorsi si rivelerà una scelta moralmente corretta, quanto incredibilmente ingiusta e beffarda per l’uomo al volante, precipitato giù e alle prese con la moglie che viene a cercarlo.

Piccola nota sulle protagoniste. Belle e indolenti le donne di Simenon, a meno che non si tratti di mogli, in quel caso sono abitudinarie e temibili. Le figure ritratte in questi racconti, tuttavia, hanno una forza interiore che le salva, dall'abisso, dalla disperazione, dalla noia, a tal punto che qualcuno ha appellato il Simenon di questa raccolta come "femminista".


Pena la morte è l'ultimo dei racconti della raccolta e quello in cui la tensione narrativa tiene il lettore incollato alle pagine. Quando inizia un momento che cambia per sempre la nostra vita? Difficile dirlo, ma non per il protagonista di questo godibilissimo e crudele, allo stesso tempo, racconto ambientato a Porquerolles. Il povero Labro che aspetta inesorabile il suo destino di morte, scandito dall’arrivo di cartoline che gli ricordano che un giorno, lontano da lì, ha commesso un atto vile e indegno, per cui dovrà pagare. Pena la morte! Si compie infine un destino che rimette le cose al suo posto, o forse no.


Racconti molto ben congegnati, alcuni più ironici, altri più cupi, tutti che parlano di destino, sogni, aspettative. Nel mondo psicologico, paradossale, ipnotico e mai banale del più sagace narratore conosciuto, il nostro Simenon.


Samantha Viva