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Come può una persona luminosa comprendere il buio?: "Caffè e sigarette" di Ferdinand Von Schirach

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caffè e sigarette neri pozza




Caffè e sigarette
di Ferdinand Von Schirach
Neri Pozza, 2021

traduzione di Chiara Ujka

pp. 144
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il tempo di una sigaretta e un caffè. Giusto qualche minuto per non accorgersi che la mente, a braccetto con i sensi, avvolge e svolge la propria storia e quella del tipo che siede accanto, o della donna più in là appoggiata al bancone di un bar, e quella di quel tale che urla con qualcun altro allo smartphone. Un attimo di pausa dal trantran, che tutto si riversa addosso come una tazzina di caffè strattonata dal cameriere. Deve essere successo questo a Ferdinand Von Schirach, avvocato penalista e scrittore tedesco, illuso di essersi guadagnato una tregua tra un processo e l’altro.

Ha aspettato 45 anni prima di pubblicare qualcosa, il riservato e misterioso Ferdinand, rimanendo 61 settimane nella classifica dei best seller dello Spiegel con Verbrechen (letteralmente crimine), tradotto in italiano con Un colpo di vento (Longanesi, 2010). Una serie di racconti su alcuni crimini efferati studiati e affrontati in prima persona dallo stesso Von Schirach, che all’improvviso, nel 2009, riesce a entrare in punta di piedi nel panorama letterario, chiedendo, a chi avrebbe scelto di scorrere le sue parole, di riuscire a riconsiderare i pregiudizi sui criminali e sulle ragioni delle loro azioni. Un moralista? O più semplicemente un altro intelletualoide di cui non si sentiva il bisogno?

Ma quante persone si possono incontrare tra una sigaretta e un caffè? Quante ancora tra una telefonata e una mail, esseri umani alla ricerca di un legittimo diritto di difesa dall'accusa di aver fatto a pezzi con l’ascia il marito petulante e sempre ubriaco? E cosa può diventare un uomo se abbandona il senso critico e la riflessione razionale e quella spirituale?
Il male tra gli uomini esiste, e nelle forme più immonde e spregevoli, o definibili con altre parole che non sono state ancora formulate. Eppure, Ferdinand Von Schirach deve esprimerlo quel giudizio, lo deve perché è il suo lavoro, è la sua esistenza a richiederlo.

Caffè e sigarette è una raccolta di aneddoti, memorie e impressioni dell’avvocato e scrittore tedesco. Non ci è dato sapere se si tratta di una condivisione intima e reale con i lettori, o di una pregevole autofiction. Ma con Von Schirach non si è mai sicuri di aver capito, solo di aver goduto di elucubrazioni potentissime. Un flash fuggevole, ma abbastanza memorabile da accecarci per qualche tempo. Si tratta di memorie che portano con sé l’alone di un tremendo presagio, o soluzione disumana. Non ha importanza se quell’attimo abbia un finale, Von Schirach lo ha appuntato perché ha respirato qualcosa di perverso e maledetto, o al contrario, vi sono questioni di un certa importanza eppure così grottesche, al limite della risata, come l’arte contemporanea o quella povera, miseramente non compresa, o come anche la moda e tutti quei paroloni che le accompagnano: per citarne una, “evento”.

Caffè e sigarette sono racconti che hanno un finale amaro e sospeso, quasi al limite dell’assurdità, dove il contrario e l’impensabile diviene routine volontariamente accettata, come l’ultima tendenza dei libri da colorare per adulti che costano più di Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace.
«Gli acquirenti di questi album, così dice il negoziante, sostengono che colorare dia loro “quiete”. Uno gli ha persino spiegato che “rallenta la quotidianità”. Sembra strano, naturalmente, ma su Amazon un libro da colorare è attualmente al quarto posto tra i best seller» (p. 41).

L’osservazione e il confronto con il reale, in tutte le sue afferrabili facce, ha reso Ferdinand Von Schirach un uomo senza modelli, perché “si sa troppo”, ormai. Un uomo che ha desiderato di mollare la presa della vita e di lasciare tutto su questa terra esperta di colpe nauseabonde, di sentimentalismi e luoghi comuni. Il tempo di un caffè e una sigaretta per realizzare che non si è più capaci di comprendere e capire cosa è semplicemente giusto e sbagliato.
«Quando ero giovane, una delle domande essenziali mi sembrava: Che cos’è il “male”? All’epoca avevo appena conseguito l’abilitazione all’avvocatura e la mia prima cliente importante fu una giovane donna che aveva ucciso il suo bambino. Andai a trovarla in prigione. La mia testa era piena degli insegnamenti dei grandi filosofi; avevo letto Platone, Aristotele, Kant, Nietzsche, Rawls e Popper. Ma ora, all’improvviso, tutto era diverso. Le pareti della cella della prigione erano dipinte con vernice a olio verde, allo scopo di infondere calma. A un tavolino sedeva la giovane donna. Piangeva. Piangeva perché suo figlio era morto, lei era rinchiusa e il suo compagno non c’era più. E proprio in quel momento capii che avevo sempre posto le domande sbagliate» (p. 63).
Von Schirach è sedotto da persone che hanno storie passate imponenti e incomprensibili, forse perché si sente uno di loro; forse «vuole sapere perché lui è così com’è. Come può una persona luminosa comprendere il buio, pensa lui» (p. 11).
Egli annota con esattezza perturbante, tutto così come i suoi sensi percepiscono il mondo, senza il minimo artificio linguistico, laddove emerge il suo intimo desiderio di rimanere un essere umano legato al suo primordiale istinto e bestialità, dopotutto «il mondo non gli deve né pietà né conforto, lo sa» (p. 70).

Giusto il tempo di un caffè e una sigaretta per accorgersi che si è infelici. Eppure, «anche senza il dono della felicità, vivere è dovere» (p. 36).


Olga Brandonisio