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Vivere moderando l'orrore: "Questo post è stato rimosso", il romanzo di Hanna Bervoets sul lato oscuro dei social media

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Questo post è stato rimosso
di Hanna Bervoets
Mondadori, 2022

Traduzione di Francesco Panzeri

pp. 108
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il video di qualcuno che lancia il gatto dalla finestra è ammesso solo quando alla base del gesto non c'è crudeltà, la foto di qualcuno che lancia il gatto dalla finestra è sempre ammessa [...] La foto di una pistola è concessa dalle linee guida, ma non se la pistola è in vendita. È ammesso augurare la morte a un pedofilo, ma non a un politico [...] Quando selezionavamo la categoria errata, che la rimozione fosse corretta o meno, ci veniva assegnato un giudizio negativo. Quella settimana valutammo duecento post al giorno (sì, dopo l'assunzione divennero molti di più) e alla fine di ogni giornata ci venivano mostrati i punteggi di precisione. Hexa mirava al 97 percento di giudizi corretti e all'inizio ci restavo male quando non riuscivo ad andare oltre l'85. (p. 16)

 

I moderatori di contenuti delle grandi piattaforme digitali vengono da molti considerati i nuovi schiavi della nostra società tecnologica. Si chiede loro di visionare centinaia di video e foto sconvenienti, impressionanti, a tratti atroci, al giorno e di rimuovere tutto ciò che contravviene a regole per loro natura mutevoli. Un giorno qualcosa è accettato, un altro è ritenuto inammissibile e va cancellato. 
Di questo mondo pieno di immagini inaccettabili parla Questo post è stato rimosso, il nuovo romanzo di Hanna Bervoets, autrice olandese vincitrice del  premio Frans Kellendonk
È la storia di Kayleigh, la protagonista che accetta un lavoro in Hexa, una società che lavora per una mega tech company di cui non viene mai fatto il nome ma che detta gli orari, i turni di lavoro disumani, le linee guida per i moderatori. Ovvio per il lettore leggervi - non troppo in filigrana - il riferimento a Facebook-Meta.
Una volta entrati in Hexa, si diviene parte di un meccanismo tritatutto. Niente cellulari, nessuna informazione condivisa all'esterno, pause cronometrate, giudizi e punteggi da ottenere, nella rincorsa verso un ideale di perfezione spaventoso e impossibile da raggiungere.
Kayleigh sulle prime è coinvolta da questo nuovo mondo, cerca di capirne le logiche ferree, quasi ne apprezza la metodicità e l'impegno. Per lei che ha alle spalle difficili esperienze personali, tendere a un obiettivo è già una forma di direzione, e questo sembra bastarle.
Inizia presto a condividere le giornate con un gruppo di colleghi nel quale nascono delle intense relazioni d'amicizia e d'amore. Ritrovarsi nelle pause, condividere il turbamento generato dalla visione dei contenuti più difficili, riconoscere uno stesso schema nelle proprie giornate, rivedersi nelle occhiaie, nella stanchezza e nel pallore: sono tutti elementi che li fanno sentire uniti, amici. 
Ben presto quel luogo mostra a ognuno di loro il suo vero volto e Kayleigh e gli altri saranno chiamati a decidere che posto vogliono occupare in un mondo in cui c'è molto più spazio per l'orrore che per la correttezza. Per ognuno di loro quella mansione si intreccerà con parti di storia personale e moderare i contenuti non sarà più semplicemente un lavoro. 

Il romanzo breve di Bervoets suggerisce domande sui meccanismi intrinseci dei media digitali e delle piattaforme social come luoghi in cui condivisione fa spesso rima con sopraffazione
Viene a galla la portata dei traumi psicologici a cui i moderatori di contenuti commerciali sono sottoposti, analizzati peraltro anche in indagini e inchieste che vengono citate alla fine del volume come fonte d'ispirazione per il libro e che consiglio, laddove d'interesse, di approfondire. 

Lo spunto del libro è in sintesi attuale ed estremamente interessante in quanto densamente intrecciato con il nostro quotidiano: in che misura riversiamo in rete i lati peggiori del nostro essere? Cosa scatta in noi nel momento in cui condividiamo qualcosa di controverso? E cosa accede in chi lo guarda?
Quale responsabilità hanno le piattaforme che si muovono in modo così ambiguo tra sottili confini di allargamento e chiusura? Che incentivano alla condivisione più becera per poi mettersi in cattedra a moderare?
L'autrice ci apre uno spiraglio per sbirciare cosa succede dietro le quinte di una rappresentazione che ci vede tutti, nei modi più vari, coinvolti. La sensazione, ed è un po' un peccato, è che in questo caso sia solo uno spiraglio perché l'approfondimento psicologico strillato in copertina appare appena accennato.
Rimane la domanda più inquieta: che creature sociali diventeremo? 


Claudia Consoli