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Un cavaliere solo contro l'intero Impero ottomano: "L'elbano errante" di Pino Cacucci per Mondadori

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L'elbano errante
di Pino Cacucci
Mondadori, giugno 2022

pp. 936
€ 27 (cartaceo)
€ 13,99 (e-book)


Leggere e recensire un romanzo di quasi mille pagine non è mai facile ma, da grande amante dei libri "infiniti", questo di Cacucci è stato per me un sogno. Pino Cacucci torna in libreria per Mondadori con una storia travagliata, un romanzone di quelli alla "Don Chisciotte della Mancia", il cui autore immortale è peraltro uno dei protagonisti, o "Poema del mio Cid".
Nell'arco di tempo di circa trentacinque anni, l'autore racconta la vita e le tribolate avventure di Lucero e Angiolina, fratello e sorella originari dell'isola d'Elba, in un periodo storico, il XVI secolo, che ai più riporta immediatamente alla memoria il Rinascimento, ma che Cacucci decide di concentrare sulle battaglie contro l'Impero ottomano, le conquiste della Cattolicissima Spagna nelle "neo-nate" Americhe e gli abusi della Chiesa e della sua Santa Inquisizione. 
Rapita Angiolina da parte dei "turcheschi", Lucero consacrerà la sua vita alla vendetta e alla speranza di ritrovarla. Difatti, è proprio questo vagabondare per il mondo conosciuto e non che farà di lui "L'Elbano errante" del titolo.
Lui cercava solo vendetta. E la vendetta non ha prezzo. La vendetta è un'ossessione che si nutre di se stessa, ignora i mutamenti costanti della realtà e sugge linfa dalla memoria degli eventi che l'hanno ingenerata. Un sentimento inesauribile, una passione malsana, impossibile da scalfir o incrinare. (p. 169)

Molte sono le pagine dedicate a imprese realmente accadute, come battaglie per terra e per mare, e molti sono i nomi di nobili, re, sultani, cavalieri e soldati, anch'essi non di finzione, che Cacucci menziona. Potrebbe spaventare l'immane mole di informazioni, ma l'autore ha avuto l'intelligenza di alternare queste parti più accademiche a quelle prettamente narrative che si concentrano sulle speranze e le peripezie dei protagonisti. Lucero dunque, diventerà uno spadaccino formidabile, alimentato dall'odio feroce per i turchi, mentre Angiolina finirà nell'harem di Haidan Pascià, Signore di Algeri la Bianca, diventandone in breve tempo la Favorita.
La tensione del ricongiungimento sperato viene interrotta continuamente dai pellegrinaggi di Lucero, che toccherà con la sua spada tutto il mondo: Bologna, Firenze, Napoli, Messina, Malta, l'Ungheria, Le Indie Occidentali, Cipro, Lepanto, combattendo instancabilmente. Lungo il cammino incontrerà due eccelsi amici: Rodrigo, capitano di ventura smargiasso e affascinante, e Satanas, quello che diventerà il suo fedelissimo morello andaluso. Solo dopo un bel pezzo, quasi a quattro quinti del romanzo (e qui, il sottotitolo è forse ingannevole) Lucero incrocerà Miguel de Cervantes, soldato sfortunato in procinto di scrivere uno dei più grandi libri di tutti i tempi, proprio "Don Chisciotte de la Mancia".

Aveva ventidue anni e il suo aspetto curato e fine contrastava con la rozzezza della soldataglia con cui doveva convivere nei Cuarteles Españoles di Napoli. Da soldato semplice, era tenuto ad alloggiare in una camerata con altri commilitoni, che vedendolo quasi ogni giorno accorciare i baffi e il pizzetto, lavarsi accuratamente pur nei limiti imposti dalla situazione, e soprattutto trascorrere a leggere libri il tempo libero da esercitazioni e manovre militari, tediosi appelli e compiti di corvée...lo rendevano oggetto di lazzi e battute volgari, e spesso anche di "scherzi" pesanti. (p. 715)

A dir la verità, molto più importante ai fini della trama non è Miguel, ma Rodrigo e le importanti conoscenze "ai piani alti" di Lucero: grazie a questi, otterrà nomine, diventerà cavaliere di Santo Stefano, accumulerà ricchezze e finirà invischiato in alcune delle battaglie più leggendarie di quel secolo, due su tutte (tra l'altro, la parte del romanzo che più mi ha appassionato) l'assedio di Malta (18 maggio-12 settembre 1565) e la famosissima battaglia di Lepanto, la "battaglia delle battaglie" come passò alla storia, avvenuta in mare il 7 ottobre 1571. 

Punto cruciale della strategia di La Valette era l'acqua. I pozzi scarseggiavano, il comandante ordinò di recuperare tutte le giare di terracotta possibili, ovunque, per riempirle del prezioso liquido - i combattenti assetati sono ineluttabilmente destinati a perdere le battaglie - e sigillarle con cera d'api per impedire che imputridisse. Jean de La Valette era uno stratega, dotato di straordinaria lungimiranza: le decisioni prese in quella primavera avrebbero sortito effetti inimmaginabili per i più. (p. 611)

Angiolina, d'altra parte, diventata Aisha, farà di tutto per sopravvivere, e grazie alla sua bellezza e alla sua astuzia otterrà il ruolo di donna più importante d'Algeri. Uno spaccato questo, raccontato dalla seconda voce della trama, ammaliante, che racconta la vita difficile in quel covo di serpi che era la città algerina. Storia già vista in altri romanzi che parlano degli harem dei pascià legati a Costantinopoli come "Il giardino delle favorite" di Katie Hickman, letto tanti anni fa, o "La terrazza proibita" di Fatema Mernissi. Angiolina dovrà combattere le sue battaglie, non meno cruente di Lucero, per non soccombere a un destino passivo fatto di schiavitù e abusi. Avrà un figlio, per il quale proverà un immenso amore, nonostante sia frutto di uno stupro. 

Dunque un romanzo appassionante (per fortuna, considerata la mole) che ci interroga su ciò che sappiamo di quei secoli, su come le persone conducessero vite al limite dell'umano, in cui la schiavitù, la morte e l'ingiustizia la facevano da padrone. Lucero, nonostante la sua vocazione di "angelo della morte" possiederà tutta una sua filosofia di vita, votata alla vendetta dei confronti di quei popoli che flagellavano le coste del Mare Nostrum, razziando e spargendo terrore.
Proprio la mole del romanzo, in alcuni passaggi, pecca di alcune incongruenze, che Cacucci chiarisce lui stesso in appendice, e certi modi di dire o espressioni che non mi sono sembrate molto "coerenti" con il periodo storico, ma un libro di quasi mille pagine non può essere perfetto. Assolutamente consigliato per gli amanti dei romanzi cavallereschi, delle battaglie epiche e della storia del Mediterraneo nel XVI secolo.

Deborah D'Addetta