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Il lato oscuro del Baccanale: "Il gioco delle maschere" di Daniele Furia

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Il gioco delle maschere
di Daniele Furia
Mondadori, 2022

pp. 417
€ 21,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)

 
Un cadavere ritrovato in una stanza chiusa dall’interno. Una corona in testa, e uno scettro spezzato in mano. Così si apre il thriller di Daniele Furia, edito da Mondadori in concomitanza con il Carnevale veronese, che ne costituisce il tema principale. Proprio intorno al Baccanale e alle sue maschere tradizionali ruota il piano del killer, che insegue attraverso le tradizioni una propria personalissima forma di vendetta. Dopo re Teodorico, le vittime di un misterioso, a sua volta mascherato, omicida, rivestono infatti i costumi tipici delle diverse zone della città: il Villotto Lavandaro, il Castaldo della Chioda, la Donzelletta, il Mastro Sogar…
Furia, nella sua opera d’esordio, riesce a mettere in luce il lato inquietante del Carnevale, stravolgendone il rituale, facendo delle sue maschere colorate elementi grotteschi e orrorifici, riprendendo in senso letterale le potenzialità del rovesciamento sociale da cui la festa deriva.
“Ogni maschera è come un capovolgimento, una ribellione, capisci? E infatti la festa del Baccanale è nata proprio così, per sedare una rivolta del popolo affamato dalla carestia e dalla pestilenza. […]”
“Sì… però. Tutto questo cosa c’entra con il nostro assassino?”
“C’è qualcosa di nascosto che vuole essere svelato. Qualcosa sotto gli occhi di tutti che invece ha un’altra identità, un altro ruolo. È questo che dobbiamo comprendere, se vogliamo chiarire il significato delle maschere.” (p. 176)
Anche la città di Verona, per chi la conosce, appare trasfigurata, smascherata nelle proprie contraddizioni proprio nel momento in cui tutti indossano i travestimenti prescritti dal periodo:
I viali del centro erano animati da un’euforia frivola, i palazzi erano tutti illuminati. Dietro un velo di nebbia si scorgevano le comitive fiacche ed eleganti degli impiegati costretti a ridere di niente, ossessionati dal fantasma collettivo dell’aperitivo. (p. 78)
Tra i viali lucidi di pioggia, in mezzo a nebbie che rischiano di offuscare anche la ragione e cieli grigi e pesanti che aumentano la cappa d’angoscia che circonda crimini sempre più violenti, i protagonisti girano a vuoto, senza riuscire a mettere a fuoco i dettagli più vicini – e più importanti, senza riuscire a svelare la trama sempre più fitta del gioco perverso in cui loro malgrado sono stati implicati. Per Miriam Sannino, viceispettore incaricato del caso, una risoluzione favorevole è particolarmente importante: la consapevolezza che nessuno creda davvero nelle sue capacità e la possibilità di lavare la macchia associata al suo cognome per colpa di un padre accusato di corruzione e sparito molto tempo prima fanno aumentare di molto il carico emotivo.
L’autore costruisce abilmente un intreccio che si muove lungo diversi assi narrativi: da un lato le indagini ufficiali di Miriam, supportata dai colleghi Patrizia e Giovanni, e dalla giovane Giusy; dall’altro quelle informali, fuorilegge, del padre di lei, ritornato in città dopo vent’anni con un segreto che pare strettamente legato a quanto sta avvenendo, e deciso a difenderla a tutti i costi da un’inizialmente oscura minaccia. Accanto alle due linee di sviluppo principali, brevi stralci testuali mostrano lo sguardo indagatore di qualcuno che si nasconde nell’ombra e che progressivamente rivela la sua ossessione per la detective.
Il romanzo è scandito dal passare dei giorni, che si configura sempre più come un conto alla rovescia rispetto al Vénardi Gnocolàr, culmine del carnevale e momento del confronto finale. Una prosa pulita e dei dialoghi serrati rendono la trama avvincente e la fanno procedere a ritmo sostenuto, anche se una piccola ingenuità dell’autore rischia di far scoprire al lettore accorto l’identità del killer molto prima dell’effettivo svelamento. Permane però la suggestione nata dalla capacità di Daniele Furia di costruire le sue ambientazioni, che riescono a fare di una città in festa un luogo tenebroso e quasi onirico, in cui i piani della realtà e della finzione continuamente si mescolano e si confondono. Il tema della maschera può così essere letto a più livelli, e innescare una riflessione sui rapporti umani e sulle dinamiche ad essi sottese che, intelligentemente, l’autore sceglie di non risolvere completamente, contribuendo in tal modo alla verosimiglianza dei caratteri.
 

Carolina Pernigo