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Le portatrici carniche: le donne che si sono prese cura del futuro. “Fiore di roccia” di Ilaria Tuti

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fiore di rocci ilaria tuti


Fiore di roccia
di Ilaria Tuti
Longanesi, 2020

pp. 320
€ 18,80 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Audiolibro disponibile su Audible (6 ore e 40 minuti) - letto da Angela Ricciardi


AGATA!

Questo è il grido che mi fa sussultare nonostante i diversi giorni dalla fine dell’ascolto coinvolgente di Fiore di roccia di Ilaria Tuti, letto e interpretato magistralmente da Angela Ricciardi. Il nome della protagonista rimbomba nella mente come il frastuono della rupe che sembra spaccarsi, arrancando tra le raffiche di vento freddo che si fa largo.

Il Pal Piccolo, Pal nella lingua di Timau e una delle isole linguistiche tedesche del Friuli, si staglia maestoso, ripido e privo di alberi e arbusti, tra le pagine del romanzo. Cima secondaria delle Alpi, la montagna è incastonata tra l’Italia e l’Austria (in località Timau di Paluzza, Udine, Carnia), prigioniera del grigio purulento della tempesta e del cielo che piange violenza. Siamo tra il 1915 e il 1917. L’altura è disseminata di trincee e baraccamenti di italiani contro gli austro-ungarici. Bisogna difendere gli argini della patria, seppur con il rischio di divellere e tranciare abitudini e tradizioni.

L’esercito regio ha arruolato l’intera popolazione: giovani e meno giovani devono essere pronti a condividere gli stessi sacrifici e patemi. Eppure una voce continua a urlare il nome di una, due, tre e molte altre. Una fila ordinata di donne strette nello scialle, calzate di fatica e spasimo, salgono ogni notte i sentieri del Pal Piccolo, arrivando anche a 1000 metri di dislivello, per raggiungere gli uomini al fronte, e portare loro ciò che serve per resistere. Le gerle, che arrivano anche a pesare 40 kg, cariche di armi, biancheria pulita e quel poco cibo che è possibile recuperare, divengono corpo e volontà. Agata, Viola, Lucia sono solo alcune delle donne che si prendono cura del futuro, nonostante i seni doloranti per non aver fatto in tempo ad allattare i loro bambini affamati, e nonostante le famiglie da accudire e i campi da coltivare. “Siete donne, non vi è richiesto capire le esigenze della guerra”, dice un soldato con disprezzo e sufficienza. “Le donne servono dove sono”, dice decisa Agata, protagonista e narratrice in Fiore di roccia.

Quella che Ilaria Tuti, vincitrice della 37° Edizione del Premio Letterario Nazionale per la Donna Scrittrice Rapallo 2021, ci racconta è una storia sconosciuta di 2000 donne, contadine, cacciatrici, madri e mogli di Timau, che come Artemisia di Alicarnasso scelsero di fare ciò che era necessario, poiché in guerra, tra alleati, deve esserci fiducia, rispetto e fedeltà. Le portatrici, è così che le avevano riconosciute gli stessi soldati che un tempo avevano anche solo pensato di denigrarle. Loro erano un battaglione, erano la base della resistenza degli uomini in prima linea. Le portatrici carniche furono considerate un vero e proprio reparto, guadagnandosi il rispetto di tutti gli alpini.

La scrittrice si muove con rispetto e attenzione tra i respiri mortali della creatura montuosa del Pal Piccolo, lì dove uomini e donne hanno trovato la forza, l’umanità, l’aiuto reciproco, l’amore e la morte. Prosa e poesia danzano strette nel ricordo di quel limbo innevato macchiato dal sangue di giovani chiamati a combattere per l’onore e per la nazione. Dulce et decorum est pro patria mori, scriveva Orazio in un noto verso delle Odi (III, 2, 13), poi ripreso nel 1917 da un giovanissimo soldato e poeta, Wilfred Owen, in una delle poesie più spaventose sul primo conflitto mondiale, Dulce et Decorum Est, col fine di persuadere le giovani leve a non immolarsi per la patria, poiché in guerra vi sono solo uomini che combattono contro altri uomini con le stesse paure e gli stessi sogni.

Fiore di roccia è la forza che non si sa di avere, e la tenacia e la necessità di tenersi in vita.
Fiore di roccia è l’interrogativo sulla sostanza dei sentimenti umani. È la diffidenza che si insinua nell’anima, e allo stesso tempo, l’annichilimento del risentimento. È la scoperta della ferocia, della lotta alla sopravvivenza e del tradimento dettato dal bisogno di sentirsi umani.

AGATA!

Le donne con le gerle sono lo strato di peluria lanosa del fiore alpino, che non permette al dolore di traspirare. Loro sono il bianconeve del fiore di roccia, che si riscaldano con la fatica della salita, e danzano sulla morte per richiamare la vita.

Non c’è tempo per piangere i caduti. Non fermatevi!


Olga Brandonisio