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«Poteva chiamarsi Tracy, o magari Sharon; e aveva fame di tutto»: i magnifici ritratti delle Essex girls (o meglio, delle “Sfacciate”) di Sarah Perry

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Sfacciate

di Sarah Perry
Neri Pozza, 2021

Traduzione di Chiara Brovelli

€ 12 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)

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Non capita quasi mai che un titolo in traduzione riesca a presentare l’opera meglio dell’originale; anzi, nel momento in cui si trasporta un’opera da una lingua all’altra, il titolo è quasi sempre una delle più grandi sfide. Ma non in questo caso: Sfacciate è assai più rappresentativo di Essex girls, il titolo originale di questo breve e densissimo pamphlet di Sarah Perry, autrice già nota al pubblico come romanziera. Perché, come scopriamo dalle primissime pagine, le Essex girls non sono, banalmente, le ragazze nate e cresciute in Essex, ma sono un tipo, anzi, uno stereotipo, ben più ampio e stratificato.

«L’Essex girl non è circoscritta a un’area geografica; è invece un tipo, una metonimia per uno specifico modo di agire femminile, e per una particolare maniera di sdegnarsi; racchiude in sé una moltitudine di donne.» (p. 23)

Ma cos’è una Essex girl, nell’immaginario comune britannico? L’Essex girl è una ragazza promiscua, volgare, chiassosa, priva di buon gusto e di capacità di autocontrollo; tra ciglia finte, lampade abbronzanti e vino a buon mercato, le ragazze nate in Essex – come l’autrice – crescono con addosso il peso di uno stereotipo falsamente basato sull’appartenenza regionale ma che in realtà ha uno scopo ben preciso: condannare le donne che non tengono la bocca chiusa. Che siano nate in Essex o altrove.

A partire da questa affilatissima decostruzione, Perry ci guida in un viaggio che tocca sia le Essex girls nate fuori dall’Essex, da Audre Lorde a Kim Kardashian (!), per arrivare poi a svelarci la storie di vere Essex girls, donne dell’Essex che hanno segnato la storia dell’Inghilterra: Emily Hobhouse, fiera attivista contro i campi di concentramento coloniali in Sudafrica; Anne Knight, abolizionista a favore dell’emancipazione degli schiavi; Rose Allinn, martire protestante. Storie di donne che, come vere Essex girls, non hanno mai avuto timore di alzare la voce, di farsi sentire, di non rendersi gradevoli a tutti i costi; e che, proprio per la loro scomodità, sono cadute nel dimenticatoio.

Non ci dovrebbe sorprendere il meccanismo secondo cui gli stereotipi di genere agiscono mescolandosi ad altri pretesti, dalla classe sociale all’orientamento sessuale; eppure i regionalismi vengono tutt’ora poco compresi come categoria di stigmatizzazione capace di racchiudere in sé il livello sociale ed economico, specie all’infuori del Paese di riferimento. Per questo il pamphlet di Perry è così feroce e efficace: se da una parte, con l’esempio della Essex girl, ci spinge a decostruire i regionalismi che noi stessi mettiamo in atto senza pensarci nel nostro contesto nazionale, e a chiederci quali e quanti strati di oppressione nascondano, dall’altra il vero obiettivo di Perry va ben oltre; svelare e distruggere il pretesto utilizzato per nascondere quella che è una mera strategia di silenziamento delle donne. Definite chiassose, perché non disposte a stare in silenzio. Definite promiscue, perché non disposte a seguire le regole del matrimonio tradizionale monogamo. Definite volgari, perché restie a rendersi piacevole all’occhio dell’osservatore. Definite sfacciate, perché fiere e determinate - e quindi pericolose.

Marta Olivi