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Molto più che semplici "mostri": gli "Yokai" giapponesi in un volume da collezione a cura di Yumoto Koichi e Daniel Sastre

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Yokai
testi di Yumoto Koichi e Daniel Sastre
traduzione di Lucia Corradini
L’ippocampo, 2021

pp. 516
€ 39,90 (cartaceo)


Ci sono molti modi, e la storia dell’umanità lo testimonia con dovizia di esempi, per affrontare paure e inquietudini varie. Uno di questi, e non di rado il più efficace sebbene non il più definitivo, è l’arte. Tradurre e, così facendo, (tentare di) esorcizzare i timori attraverso mezzi narrativi, visivi o performativi è sempre stato un meccanismo utile al singolo e alla collettività, capace, a seconda dei casi, di anestetizzare o di sensibilizzare, di curare o di ammalare, di sciogliere il climax in catarsi o di raggrumare ulteriori turbamenti. Dopotutto è così che funziona e che si perpetua in eterno il famigerato ciclo dello spavento: ciò che patologicamente respinge è anche ciò che altrettanto morbosamente attira. Nemmeno gli yokai, i cosiddetti “mostri” (termine riduttivo!) della tradizione giapponese antica, fanno eccezione in questo senso. Nati come raffigurazioni di racconti e leggende aventi come protagonisti una serie di esseri bizzarri, deformi e grotteschi di volta in volta pericolosi, inoffensivi o addirittura divertenti, essi hanno conosciuto alterne “fortune” fino a diventare estremamente popolari in patria alla fine del periodo Edo, e poi, in tempi più vicini, in Occidente, dove l’interesse nei loro confronti non accenna a diminuire da almeno vent’anni a questa parte. Un bellissimo volume appena pubblicato dalla casa editrice L’ippocampo nella sua versione italiana – e che si pone in perfetta continuità con i recenti albi illustrati di Benjamin Lacombe dedicati a Storie di fantasmi del Giappone e Spiriti & creature del Giappone – racconta questo mondo agli appassionati della cultura nipponica ma soprattutto a chi non è mai andato oltre vampiri, zombie, streghe e licantropi. Con uno spoiler: la loro origine, a Est come a Ovest, si rivela molto più simile di quanto non si sarebbe portati a pensare, e lo stesso si dica per la loro fama evidentemente imperitura.


Introdotto dai testi di Yumoto Koichi, Direttore Emerito dello Yumoto Koichi Memorial Japan Yokai Museum, e di Daniel Sastre, Professore associato all’Università Autonoma di Madrid, Yokai racconta dunque questo universo immaginativo soprattutto attraverso la forza evocativa delle immagini, che riproducono – a tutta pagina e poi con focus mirati sui particolari – le illustrazioni singole, le stampe xilografiche policrome (nishiki-e), i rotoli dipinti e i libri in cui queste creature dal sembiante multiforme e dal temperamento eclettico sono state fissate secoli fa; addirittura vengono riportate testimonianze di un vero e proprio culto collezionistico, rappresentato da piccole buste e da scatole di fiammiferi recanti impresse le immagini di molteplici mostriciattoli. Un susseguirsi, insomma, di vicende movimentate dal protagonismo di demoni, incarnazioni di fenomeni naturali o soprannaturali, oggetti inanimati magicamente dotati di verve, creature metà antropomorfe o per metà animali, bestie prive di grazia e proporzione. E mentre le figure rapiscono l’attenzione per la peculiarità dell’universo folkloristico di cui si pongono come traduzione bidimensionale, tenere a mente le indicazioni degli autori è utilissimo per comprendere l’evoluzione del genere e della sua fortuna, andata di pari passo con le evoluzioni culturali, sociali, economiche e politiche del Giappone.

Per questo, come sempre accade in un contesto caratterizzato dalla coesistenza e dalla convivenza di aspetti antichissimi e modernissimi, si capisce come anche gli yokai possano annoverare nella categoria sia le più remote ascendenza religiose del buddhismo e dello shintoismo sia le più recenti invenzioni della cultura materiale: ed ecco perché, per esempio, c’è perfetta coerenza tra lo spirito vendicativo che perseguita uno o più individui e l’orologio da polso che si ribella contro il suo proprietario colpevole di averlo maltrattato. Il volume, ad ogni modo, rende conto di una casistica vasta, varia e appassionante. Se statisticamente molto numerose sono le rappresentazioni delle cosiddette parate notturne dei cento demoni, non mancano né le relative poesie satiriche né le raffigurazioni degli stessi spiriti intenti in gare di poesia. Il che non stupisce perché, d'altra parte e come si è detto, gli yokai possono manifestarsi nelle circostanze più disparate: eccoli infatti che appaiono in sogno a imperatori destituiti e a samurai, ma eccoli anche che, più nel conreto, scuotono malignamente le case dalle fondamenta e dalle travi dei tetti o saltano fuori da lanterne nel quartiere del piacere per terrorizzare geishe ignare. Sfuggenti più che mai a un'unica classificazione, possono essere orde numerose di bestie assortite in processione e creature anfibie tra le più ambigue e mutaforme, ma possono anche prediligere lo status di volpi trasformiste riconoscibili solo per la coda fulva che spunta dalle vesti, di orchi provocatori di malattie e infezioni e via dicendo. Per chi non ci credesse, inoltre, questi mostri sanno anche unirsi in matrimonio, e quando non muoiono, magari perché trafitti da armi affilate o messi in fuga da potentissimi peti (!), essi vengono risparmiati e anzi benvoluti nel caso in cui siano amichevoli, giocosi e divertenti (spesso, in questo caso, hanno anche sembianze umane).


Come già Shunga e Hokusai Manga, dedicati rispettivamente alla stampa giapponese di argomento erotico e al ruolo di riferimento del celebre maestro incisore, anche Yokai è un volume in cui importanza e imponenza si equivalgono. Così il grande formato, che per centinaia di pagine rende giustizia alle figure in varie gradazioni di scala di modo che possano essere apprezzate sia con una visione d’insieme sia nel dettaglio, trova il giusto accompagnamento nelle brevi didascalie introduttive di ciascuna opera, le quali, proprio come se si trattasse di una visita in un museo, offrono dati identificativi e introducono temi, soggetti e peculiarità. Proprio perché testimonianza di un immaginario altro che ha però saputo conquistare sempre più curiosi e appassionati, questa pubblicazione L’ippocampo merita più di altre di essere sfogliata con calma e attenzione, per familiarizzare senza superficialità con nomi, sembianze, attitudini e storie appartenenti a una cultura che, come si vede, ancora non smette di esercitare fascino e influsso. Tanto più che la certezza, a Oriente come a Occidente, si conferma la stessa, perché per ogni entità mostruosa che nasce come proiezione di un timore irrazionale ce n’è, di fatto, almeno un’altra in carne e ossa che l’ha generata: i veri mostri, yokai o meno, siamo sempre e principalmente noi, con tutta la nostra capacità di sublimare il terrore e con tutto il nostro desiderio di percepire la paura.
 
Cecilia Mariani