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"Muoviamo le montagne": l'utopia femminista di Charlotte P. Gilman fra criticità e innovazione

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Muoviamo le montagne
di Charlotte Perkins Gilman
Le Plurali, ottobre 2021

Traduzione di Beatrice Gnassi

pp. 216
€ 18 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Il nome di Charlotte Perkins Gilman e la sua influenza sul movimento femminista statunitense di fine Ottocento - inizio Novecento, è indissolubilmente legato a un racconto che resta ancora oggi tra i più interessanti e moderni tanto da un punto di vista tematico che strutturale: The Yellow Wallpaper, pubblicato per la prima volta nel 1892 sul New England Magazine, è una short story in cui al tema del confinamento domestico per le donne vittoriane si intreccia quello su depressione post partum, malattia mentale e oppressione patriarcale, costruita con una narrazione che contribuisce a rendere l’atmosfera di soffocamento e angoscia della protagonista. Un racconto che per molti versi dialoga ancora con il contemporaneo e che risulta esemplare delle tendenze femministe legate alla forma breve di fin de siècle, di cui Gilman è stata senza dubbio tra le esponenti di spicco per le sue posizioni originali. Nata ad Hartford nel 1860, è stata sociologa, scrittrice e poetessa, al cui centro di ogni narrazione si pone la questione femminile.
Con la pubblicazione di Muoviamo le montagne, primo volume di una trilogia utopica femminista di cui fa parte il più noto HerLand, la casa editrice indipendente Le Plurali compie una scelta ammirevole: non soltanto porta per la prima volta in Italia un tassello importante nella ricostruzione bibliografica dell’autrice pienamente in linea con lo spirito di ricerca e recupero di pioniere del femminismo su cui la casa editrice si fonda, ma sceglie anche di partire da una pubblicazione controversa senza celarne le criticità. Interessante in quest’ottica la prefazione affidata a Eleonora Federici che ben inquadrando l’autrice e l’opera, ne sottolinea anche i punti controversi che si scontrano con la sensibilità del lettore contemporaneo ma che, vale la pena rimarcare, è necessario ricondurre all’epoca e allo sguardo di chi scrive.
Se le idee femministe che permeano questo testo e la produzione tutta di Gilman appaiono ancora illuminanti e senza dubbio anticipatrici di istanze che si sarebbero poi legate al femminismo novecentesco, l’eugenetica, i discorsi sulla “purezza riproduttiva” e l’immigrazione rappresentano criticità oggi difficili da ignorare. È difficile quindi concentrarsi solo sulla carica innovatrice delle teorie femministe espresse da Gilman, precorritrice di tematiche legate anche all’ecologia, alle pari opportunità, all’alimentazione, all’etica e all’importanza della collettività, ignorando le sue considerazioni a proposito di razza, dipendenze, eugenetica. Potremmo dire quanto sia necessario considerare il contesto storico e sociale entro cui il pensiero di Gilman e la sua opera si formano, ma anche in questo modo tali criticità stridono con la carica innovatrice di altre tematiche e spunti. Se non è mia intenzione né tantomeno quella dell’editore mettere da parte o sminuire le considerazioni più controverse dell’opera, è anche importante sottolineare la rilevanza di Muoviamo le montagne nel dibattito femminista di inizio Novecento, la carica innovativa dell’opera e la sua capacità di inserirsi nel dialogo letterario e culturale contemporaneo, partendo da istanze originali e interessanti.

Lo spunto narrativo è piuttosto semplice: un uomo, John, perso durante una spedizione in Tibet, viene ritrovato dalla sorella Nelly e da lei ricondotto a casa, negli Stati Uniti; qui, tuttavia, troverà una società e degli individui profondamente cambiati in seguito al “risveglio” che era appunto iniziato all’indomani della sua partenza. Il romanzo, quindi, segue John nel suo viaggio di scoperta di questa nuova realtà che collide con tutto ciò in cui ha sempre creduto e con l’educazione ricevuta, ma che potrebbe rivelarsi anche per lui l’occasione di mutare la propria mentalità.
Ecco, il cambiamento di mentalità è appunto il fulcro di questo “risveglio” intorno a cui ruota tutta la narrazione, come ben esplicato dalla stessa Gilman nel prologo, che fornisce al lettore le coordinate per orientarsi nel testo:
Muoviamo le montagne è un’utopia di breve distanza, un’utopia neonata, qualcosa di piccolo che può crescere. Non riguarda altri cambiamenti se non un cambiamento di mentalità, la mera presa di coscienza delle persone, specialmente delle donne, delle possibilità esistenti. (Prologo, p. 15)
La nuova realtà che si presenta a John e al lettore è quindi una società equa, in cui le donne hanno pari opportunità e diritti degli uomini, ricoprono ruoli di potere e godono di libertà che erano sempre state loro precluse; una società liberata da povertà, malattia, ingiustizia sociale, criminalità, caratterizzata invece da un evidente benessere e che si poggia sulla forza della collettività. Mutati sono perciò anche i ruoli famigliari: le donne hanno libero accesso a ogni studio e professione, non più confinate entro i limiti della sfera domestica e gravate di tutto il peso delle incombenze che ne derivavano, si muovono liberamente nel mondo, sposate o nubili ugualmente indipendenti, scegliendo o meno di diventare madri.
La maternità stessa e la crescita dei figli ha subito un profondo cambiamento, basandosi anche in questo caso sulla comunità e la predisposizione o meno.
Le donne sono persone… proprio come lo siamo noi; questo è un dato di fatto, mio caro amico. Dovrai accettarlo. (p. 89)
Il disorientamento di John, catapultato in una realtà a lui del tutto estranea, «come se avessi dormito e nel sonno avessero rubato il mio mondo» coincide con un iniziale rifiuto di un cambiamento che non comprende e con lo scetticismo di fronte a miglioramenti che per quanto appaiano evidenti anche ai suoi occhi gli risultano di primo acchito inspiegabili.
La narrazione segue quindi come si accennava la scoperta di questo nuovo mondo attraverso il viaggio di John, che si confronta con la realtà che osserva, le spiegazioni dei propri famigliari, il dialogo con vecchi amici e un progressivo mutamento della sua stessa mentalità. E tuttavia non è scontato che l’uomo del vecchio mondo sia capace di comprendere davvero e adattarsi alla società “risvegliata”, come avvenuto per esempio a un vecchio zio presso cui si reca in visita e che ostinatamente vive ancorato – e la moglie e la figlia costrette con lui – alle tradizioni patriarcali e a tutto ciò che conosceva.

La riorganizzazione totale della società, quindi, è derivata da un cambiamento totale appunto della mentalità degli individui, donne e uomini, che in trent’anni ha permesso di costruire un mondo equo in cui il benessere – economico e personale – è quanto mai evidente. L’ambiente è il più immediato esempio di quanto le cose sia mutate: la profonda attenzione all’ecologia ha dato vita a una società in cui il caos e l’inquinamento delle vecchie città sono ormai un ricordo e il benessere delle persone coincide perfettamente con spazi idonei, con la qualità dell’ambiente e dell’alimentazione. Un mondo completamente rinnovato e un modello sociale che, come da tradizione, gli Stati Uniti premono per esportare anche fuori dai confini nazionali.

Non mancano in questo testo alcuni punti critici, oltre a quelli già evidenziati e più immediati, a partire da una narrazione che talvolta diviene didascalica e alla lunga anche la scelta del punto di vista affidato all’ignaro protagonista John catapultato nel nuovo mondo e pagina dopo pagina edotto dai suoi amici e famigliari illuminati risulta un po’ stancante. Resta senza dubbio un tassello fondamentale non solo nella riscoperta della bibliografia di Gilman ma anche nella ricostruzione del pensiero femminista e uno spunto di riflessione assai interessante su tematiche che non molto spesso vengono affiancate al discorso sul femminile, quantomeno non in questi termini. La stessa traduzione meriterebbe una più ampia riflessione rispetto a quanto opportuno in questa sede e conoscendo un po’ l’opera di Gilman o anche solo limitandosi a considerare il sostrato di rimandi e spunti di questo testo appare evidente quanto il lavoro di Beatrice Gnassi abbia richiesto uno sforzo considerevole, alla luce anche della particolarità della voce dell'autrice.
Fra punti critici da tenere ben a mente e sguardi innovativi sulla questione femminile, Muoviamo le montagne risulta quindi un testo importante, da leggere con consapevolezza e disposizione a un dialogo che non si è ancora esaurito.