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Dallo Zambia allo spazio in “Capelli, lacrime e zanzare”, il romanzo-universo di Namwali Serpell

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Capelli, lagrime e zanzare
Namwali Serpell
Fazi Editore, giugno 2021

Traduzione di Enrica Budetta

pp. 830
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Da un romanzo che si apre con uno sciame di zanzare parlanti ci si può aspettare di tutto. Ed è infatti così che comincia Capelli, lacrime e zanzare, l’attesissimo romanzo di Namwali Serpell portato in Italia da Fazi Editore e paragonato a capolavori quali Cent’anni di solitudine di Márquez e I figli della mezzanotte di Rushdie. Zanzare che si rivelano tanto sagge quanto il coro di una tragedia greca, pronte ad accompagnare il lettore dagli inizi ancestrali della storia dello Zambia fino al suo epilogo fantascientifico. Con uno sguardo gettato contemporaneamente sul passato, presente e futuro, questi esseri visionari constatano ironicamente che «questa è la storia di una nazione, non di un regno o di un popolo, perciò inizia, ovviamente, con un uomo bianco» (p. 13).

È proprio a partire da un errore madornale di un uomo bianco - il dottor Livingstone, che confonde il fiume Zambezi con le sorgenti del Nilo – che nasce un’intera nazione: lo Zambia. Un paese che, ancora prima di diventarlo, è un insediamento coloniale (“The Old Drift”, titolo originale dell’opera), e nell’anno 1904 – in una calorosa stanza dell’unico hotel della colonia - un esploratore di nome Percy M. Clark, allucinato dalla febbre, commette uno sbaglio che porterà il destino di un albergatore italiano a intrecciarsi con quello di un garzone locale. Sarà proprio quello stesso destino, da quel momento in poi, a intrecciare tre famiglie del paese - una nera, una bianca e una mista – per più di un secolo di avvenimenti ai limiti dell’immaginabile: ragazze completamente ricoperte da peli o afflitte da uno scrosciare infinito di lacrime, tenniste cieche, stregoni e streghe locali, esploratori eccentrici, commercianti dai dubbi valori morali, prostitute romantiche, politici anticolonialisti, soldati anti-indipendenza e “afronauti” si susseguono in un macro-romanzo che esplode lasciando spazio ai generi letterari più diversi – la fiaba, la storia d’amore, la fantascienza, il romanzo politico, la storia coloniale, i pamphlet indipendentisti –, rendendo Capelli, lacrime e zanzare un romanzo che ha dell’incredibile.

Un realismo magico di fondo che – attraverso storie coloniali, battaglie politiche, meraviglie tecnologiche e scientifiche – si interroga sul grande tema da sempre affrontato dalla letteratura con la elle maiuscola: il lento scorrere del tempo e il nostro ruolo all’interno di questo divenire temporale. I personaggi, le situazioni, i luoghi e gli avvenimenti del romanzo sono dei pianeti in orbita intorno al cuore pulsante del romanzo: la nascita dello Zambia come nazione. Ma qui entra in gioco quello che fa di Capelli, lacrime e zanzare un libro che merita di entrare nel grande dibattito della letteratura globale. La Serpell afferma in un’intervista che il libro «non è un ritratto “responsabile” del mio paese». Lo Zambia che ci viene proposto nelle pagine del romanzo è un paese più immaginato che reale, in cui il colonialismo bianco, i movimenti di liberazione e le insicurezze verso il futuro vengono affrontate non dalla prospettiva di un raziocinio prettamente storico, ma bensì da un punto di vista principalmente artistico e immaginifico. È la letteratura che funziona, in questo caso, come risarcimento e compensazione per quel trauma storico che è stato – ed è tutt’ora – il colonialismo europeo nel continente africano. Decostruendo il concetto di letteratura nazionale e i luoghi comuni occidentali riguardo le letterature africane, Namwali Serpell dà vita a un romanzo che è, allo stesso tempo, ricerca di appartenenza e luogo di riflessione per generare un futuro migliore.

Passato, presente e futuro si rincorrono, e alle volte una temporalità sembra superare l’altra senza rispettare l’ordine cronologico, facendo del passato il futuro, e viceversa; e in questo eterno ritorno dell’uguale in cui gli errori si ripetono sempre allo stesso modo, piccoli esseri ronzanti (minuscole divinità che sanno più del lettore?) bisbigliano ciò che i personaggi (noi?) sono stati, ciò che sono in quel momento e ciò che saranno, domani.

Nicola Biasio