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Una protagonista a vacillare tra identità, passato e desideri, nell'esordio di Arianna Lombardelli, "L'equazione della colpa"

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Arianna Lombardelli, copertina di "L'equazione della colpa"



L'equazione della colpa
di Arianna Lombardelli
Mondadori, 31 agosto 2021

pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Si apre con una seduta di psicoterapia L'equazione della colpa, e i mercoledì col dottore sono un appuntamento fisso per la protagonista, Anna, impegnata a tenere insieme sé stessa, tra passato, presente e aspirazioni per il futuro, in un momento di crisi particolarmente acuta della sua esistenza. Mentre il suo matrimonio sta andando alla deriva e i figli Giacomo e Sole ne risentono, Anna fa di tutto per rimettere insieme i pezzi, perché è il senso di colpa il sentimento più bruciante che la domina. Che cosa è andato storto? Perché la sua idea di famiglia, costruita nel corso degli anni, facendo inevitabilmente (per quanto indirettamente) i conti con il modello dei suoi genitori, si sta sfaldando davanti ai suoi occhi? 

Anna si sente impotente e trasparente davanti all'indifferenza di suo marito Alessandro, che passa le poche ore a casa sul divano, attaccato al telefono, prestando una minima e annoiata attenzione ai due figli e non guardando più davvero la moglie. Qualsiasi tentativo di recuperare i rapporti e di parlarsi davvero viene visto da lui come la pretesa di Anna di litigare: la comunicazione non c'è più, persino i loro corpi si toccano per abitudine e senza reale passione; spesso, i tentativi di chiarirsi si concludono con Alessandro che sbatte la porta e torna da sua madre... Dunque, perché è così difficile lasciar andare e accettare che la separazione è probabilmente la soluzione migliore per entrambi? 

Il cammino della protagonista verso la consapevolezza è costellato di dubbi, che coinvolgono soprattutto il suo ruolo di madre: Anna si sente spesso inadeguata nello stare vicina a Giacomo, il primogenito geniale e, tuttavia, affetto dall'ansia, tanto quanto avverte di non fare abbastanza per Sole, la sua secondogenita creativa ed empatica, ma provata dalla dislessia, da lei vissuta come uno stigma sociale. Essere madre è un ruolo da cui non si può mai uscire, ed è forse l'unico aspetto che Anna non avverte come precario nella sua esistenza:

Una madre non può permettersi neanche un momento di fare una passeggiata fuori dal suo ruolo. Una madre può essere solo una madre. Ha lasciato la sua femminilità nella stanza dell'ecografo, dove un medico le ha messo un gel sulla pancia e le ha detto che nel suo corpo c'è un altro cuore che batte. (p. 107)

Opinabile, certo, questa citazione, ma si fa sempre più comprensibile, a mano a mano che leggete, la gabbia di aspettative in cui si ritrova rinchiusa l'io-narrante, sentendosi ora vittima ora colpevole della situazione. La depressione è a un passo, e i pianti che Anna non riesce a trattenere influenzano fortemente l'umore e la sicurezza di Giacomo e Sole. Alessandro, in tutto ciò, sceglie di non vedere, si rifugia dalla madre e scarica la responsabilità di tutto - matrimonio fallito compreso - sulla moglie. Se noi lettori non fatichiamo a ritenere Alessandro un uomo mancato, detestabile perché vive scaricando continuamente le colpe sugli altri, cercando di mantenere un equilibrio falso nella sua esistenza, per la protagonista è più difficile aprire gli occhi e accettare anche emotivamente, non solo razionalmente, di distaccarsi dall'uomo che ha sposato. Non è forse anche questa violenza domestica?!, viene da chiedersi di continuo, leggendo il romanzo e immedesimandosi con l'angoscia e la frustrazione rabbiosa della protagonista.

A questo piano della narrazione, si intrecciano di tanto in tanto capitoli che si riferiscono a tre anni dopo, alla vita di Anna, Giacomo e Sole sostanzialmente senza Alessandro. O meglio, lui è ancora più evanescente di prima e - lo vedrete - non fa che accentuare il suo ruolo di antagonista, mostrandosi egoista, infantile, venale, vendicativo. Per Anna, quei tre anni invece hanno segnato un percorso di maggiore consapevolezza, ed è proprio qui che Arianna Lombardelli punta la sua penna: sulla crescita interiore della protagonista. Anna analizza insieme allo psicologo le sue fragilità, cerca di comprendere fino in fondo l'origine del suo dolore, e intanto si tiene faticosamente a galla. A galla in una vita fatta di precariato lavorativo, conti da saldare e ansia da contratto a tempo determinato, che si riflette in una precarietà sentimentale. Per quanto possa sembrare un termine usurato in questi ultimi anni, è la resilienza a dominare il romanzo: la resilienza di una donna che si deve ricostruire, lottando giorno dopo giorno per non lasciarsi andare alla depressione, per non deludere i suoi figli, per ritrovare sé stessa. 

Romanzo denso e introspettivo, L'equazione della colpa sa raccontare anche i tratti più scomodi della frustrazione personale e il proprio disagio come moglie e come madre, quando l'incomunicabilità prende il sopravvento. I dialoghi hanno quella schiettezza a volte disturbante che estremizza la mancanza di rispetto che Alessandro dimostra continuamente verso Anna come moglie e, in generale, come persona. È un inferno quotidiano, pacato eppure implacabile, quello che vive la protagonista, un inferno che intacca l'autostima e la stessa identità di Anna. Arianna Lombardelli ci restituisce il mondo della protagonista con il gusto per l'episodio, il dettaglio epifanico (o che almeno dovrebbe essere tale), tra ingorghi di riflessioni (gestiti bene, narrativamente) e tentativi di riprendersi il diritto di decidere. Riemergere dal senso di colpa e puntare alla sopravvivenza e alla ricostruzione sono gli obiettivi di Anna: il percorso per farcela è pieno di incertezze, di passi falsi e di illusorie ripartenze, ma anche di speranza.

GMGhioni