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La lotta e la vittoria: "Il palazzo delle donne" di Laetitia Colombani

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Il palazzo delle donne laetitia colombani


Il palazzo delle donne
di Laetitia Colombani
Editrice Nord, 2021

pp. 287 
€ 16,90 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Titolo originale: Les victorieuses
Traduzione di Claudine Turla

Dopo il fortunato esordio con La treccia (recensito qui), la scrittrice francese Laetitia Colombani torna con un nuovo romanzo, che è ancora una volta celebrazione e inno al femminile, alle sue forze palesi o nascoste, alle incredibili capacità di rinascita. Il titolo originale, Les victorieuses, riusciva forse meglio di quello in traduzione a rendere lo spirito del testo, anche se non ne denunciava, come l’italiano, l’aggancio con la Storia, con quel “Palazzo delle donne” costruito a Parigi nel corso degli anni ‘20 del secolo scorso e ancora oggi luogo di accoglienza e di speranza per molte donne in difficoltà.
Il testo si muove con equilibrio tra due diversi piani temporali: da un lato quello del passato, in cui l’indomita Blanche, nonostante l’età non più giovane e i gravi problemi di salute, sogna e realizza a costo di innumerevoli sacrifici una struttura monumentale in cui accogliere tutte le derelitte e le diseredate della città:
Blanche vede già il suo Palais de la Femme: un rifugio per tutte le donne maltrattate dalla vita ed emarginate dalla società. Una cittadella dove ognuna avrà uno spazio per sé, una camera calda, luminosa, comodamente arredata. Un chiostro di pace. Un palazzo dove medicare le proprie ferite e rialzarsi. (p. 230-231)
Sul piano del presente si muove invece Solène, donna in carriera passata in un attimo da una condizione di apparente successo e realizzazione a una di enorme fragilità, che la porta a rimettere in dubbio tutte le proprie scelte passate e le proprie certezze. È per una forma di autoterapia suggerita dallo psicologo che si presenta come volontaria al Palazzo delle donne per prestare la propria voce (e la propria penna) alle ospiti. Se all’inizio l’impatto è a dir poco traumatico, tra il disinteresse delle assistite, la loro rudezza, il suo stesso disagio nel confrontarsi con situazioni di emarginazione che stridono con un’esistenza altrimenti dominata dalle convenzioni e dal benessere, progressivamente in Solène scatta un senso di identificazione, che la porta a vedere la realtà (la propria e quella altrui) con uno sguardo radicalmente nuovo. Le donne che si trova davanti, che le si accostano con lo stesso sospetto che lei inizialmente riserva a loro, acquistano un volto, un nome, una storia. Insieme all’empatia crescente si fanno largo a viva forza nel quotidiano della volontaria, iniziano a occuparne sempre di più i pensieri e le giornate anche al di fuori del tempo trascorso nella struttura. Il cambiamento avviato non è infatti reversibile, nonostante le difficolta che si possono incontrare lungo il percorso, e mette in moto una spirale di bene che inizia ad allargarsi anche oltre le mura del Palazzo. Per la prima volta Solène si sente viva, utile; finalmente le sembra di trovare un senso, di sperimentare una comunione con donne che si fanno quasi sorelle di ventura. Il difficile semmai è capire dove sia il limite, quale sia l’equilibrio tra l’aiutare e il non lasciarsi soverchiare e travolgere, rischiando di sprofondare nuovamente nel baratro in cui si trovava prima di approdare al Palais. Trovarlo è il solo modo per poter andare avanti per poter trovare, come le sue assistite, un nuovo inizio: “forse non è troppo tardi per l’amore, pensa, né per la poesia. Non è troppo tardi per me” (p. 210).
Si nota anche in questo volume la formazione da regista e sceneggiatrice di Colombani, che intesse con sapienza i fili della vicenda, alternando le scene, cambiando spesso punto di vista e lasciando che dalle pagine emergano di volta in volta gli sguardi e le narrazioni delle diverse ospiti del Palazzo: la dura Cvetana, che vuole un autografo dalla regina d’Inghilterra; Binta che ha dovuto fare una scelta impossibile; l’intrattabile Cynthia, travolta dal non-amore che ha dominato la sua vita; Iris che ha avuto il coraggio di cambiare nome e identità... attraverso le loro voci, il romanzo affronta diversi aspetti dell’emarginazione sociale della donna, che non è stata affatto sradicata nonostante il secolo trascorso da quando Blanche, insieme al fedele Albin, guidava l’Esercito della Salvezza da poco istituito nella guerra contro la povertà, i soprusi e le ingiustizie.
Il confronto continuo tra le due epoche, tra i due piani temporali, tra le donne che lottano nel passato e quelle che continuano a lottare nel presente, aiuta a riflettere su come – a fronte di un persistere di alcune situazioni critiche – sia cambiata soprattutto la reazione della gente, sempre più assuefatta e meno coinvolta di fronte al malessere altrui. Viene spontaneo chiedersi se la corsa solidale innescata da Blanche nel 1926 potrebbe coinvolgere tanta gente, mobilitare tante risorse nella società odierna. La stessa Solène affronta la sua opera di volontariato con una iniziale resistenza interiore e troppo spesso passa indifferente di fronte alla ragazza che chiede l’elemosina davanti alla pasticceria sotto casa sua:
Si vergogna di non avere la forza di compiere quel passo. Vorrebbe avere una scusa, convincersi di avere fretta, come quando lavorava allo studio. Ma non è più così. A trattenerla è qualcos’altro, un sentimento che fatica a definire: la paura di sentirsi in obbligo. La sua generosità si ferma sulla porta del Palais. Faccio già la mia parte, si ripete. (p. 218) 
Colombani è abile nel toccare i punti nevralgici e le problematiche dell’assistenzialismo contemporaneo, ma anche nel mostrare come è possibile andare oltre il proprio pregiudizio, la propria diffidenza, e come questo passo, pur non essendo facile, possa portare a grandi risultati – non soltanto in termini di utilità sociale, ma anche di riqualificazione del proprio stesso vivere. Per il messaggio positivo che riesce a trasmettere con una prosa lineare e precisa, che arriva forte e chiara, il romanzo si rivela adatto anche a un pubblico giovane e non necessariamente avvezzo alla lettura, soprattutto nell’ottica di una riflessione su tematiche legate al femminile che muovano ulteriori ricerche o indagini personali.
 
Carolina Pernigo