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Vedere noi stessi attraverso il riflesso della Natura e imparare a camminare nuovamente: "Una passeggiata d'inverno", di Henry David Thoreau

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Una passeggiata d’inverno
di Henry David Thoreau
La Nuova Frontiera, novembre 2020

Traduzione di Tommaso Pincio; illustrazioni di Rocco Lombardi

pp. 128
€ 15,50 (cartaceo)


Da quando è iniziata la pandemia, abbiamo dovuto necessariamente rivalutare gli spazi che eravamo soliti occupare e i movimenti che in essi erano implicati. Da copri dinamici che si scontrano gli uni con gli altri nella frenesia di metro, tram, macchine e corse a perdifiato, ci siamo trasformati in corpi statici, stretti tra le quattro pareti della nostra casa che abbiamo imparato a conoscere come fossimo ciechi: attraversiamo il suo spazio ad occhi chiusi, non serve nemmeno tastare il muro per capire se stiamo andando nella direzione giusta. Il nostro corpo si è adattato alle nuove traiettorie della casa: stanza, bagno, cucina, salotto. Corridoio. Stanza di nuovo. Dalla dimensione socio-urbana, siamo stati proiettati in quella domestica. Disteso a letto, guardo fuori dalla finestra e vedo il ramo di un albero squarciare l’orizzonte invernale che mi sovrasta. Ma c’è una dimensione che ci sfugge. Uno spazio che ci ha sempre circondato ma che per mancanza di tempo (o di voglia) non abbiamo mai apprezzato e che ora ci chiama bisbigliano, come se quel ramo fuori dalla mia finestra fosse un braccio nodoso con le estremità che si trasformano in dita che, leggermente, mi invitano ad uscire e scoprire il mio giardino che sprofonda, giorno dopo giorno, nel cuore dell'inverno. Fissando l’albero fuori dalla finestra, ho cominciato la lettura di Una passeggiata d’inverno di Henry David Thoreau.

Henry David Thoreau, poeta, saggista e filosofo americano di metà Ottocento, rappresentante del movimento trascendentalista, convinto abolizionista e difensore dei diritti umani e civili, ha deciso di dedicare una parte dei suoi scritti al mondo naturale. La Nuova Frontiera propone due di questi scritti, Una passeggiata d’inverno e Camminare, accompagnati dalle suggestive illustrazioni di Rocco Lombardi, dando così vita a un oggetto che respira autonomamente con i suoi grandi polmoni verdi. La bellezza di questo libro sta nella devozione e nel rispetto che Thoreau mostra nel momento in cui attraversa boschi, valli, praterie, fiumi, laghi, foreste, montagne: la devozione e il rispetto di un credente che entra estasiato nel santuario organico di Madre Natura. Le sue parole diventano allora un inno che riecheggia tra le pareti vegetali di questo luogo sacro, che lentamente sprofonda nel bianco della neve che cade su di noi come fosse una benedizione dal cielo. Thoreau ci prende per mano, ci porta con lui e sembra sussurrare all’orecchio “non aver paura, questo è il ventre da cui tutto è nato”. Thoreau ci insegna ad osservare di nuovo, e ci rendiamo conto che prima semplicemente "vedevamo" un mondo che invece, silenziosamente, brulica nel terriccio, dentro la corteccia degli alberi, sulle fronde dei rami, sotto il sottile strato di ghiaccio che ricopre il ruscello, tra i tronchi della foresta. Ci mostra che la vita, quella vera, è un tutt’uno con la Natura selvaggia che ci ha plasmati: 
La vita si fonda sul selvatico. Più si è selvaggi, più si è vivi. La presenza di ciò che non è ancora sottomesso all’uomo rinvigorisce. Chi avanza senza posa, senza mai riposarsi e darsi tregua, chi cresce in fretta e pretende sempre tanto dalla vita, si ritroverà sempre in un posto nuovo o nella Natura selvaggia, circondato dalla materia prima della vita. Come se si arrampicasse su fusti spossati di foreste primordiali. (pp. 87-88)
Forse il regalo più grande che Thoreau ci fa è quello di insegnarci a praticare l’arte del Camminare, che diventa una dinamica fisica che si unisce ad un atto intellettivo e filosofico. Camminare significa assimilare dentro di noi tutto ciò che ci sta attorno nel tragitto. Significa fondere la propria mente con il raziocinio della Natura selvaggia. Significa vedere attraverso gli occhi notturni del gufo. Significa sincronizzare il proprio cuore con il soffio del vento. Significa dimenticarsi. Abbandonare il proprio corpo e offrirlo, in quel breve spazio di tempo che dedichiamo alla passeggiata, alle braccia accoglienti del mondo naturale che ci ha generati. E allora il passeggiare nella natura si fa metafora del cammino che è la nostra vita. E se alle volte temiamo di aver perso la strada maestra, Thoreau ci consola dicendo «credo all’esistenza di un sottile magnetismo in Natura, che ci guiderà nella nostra direzione, se ci abbandoniamo al suo influsso senza pensarci. Quale strada prendere non è una questione secondaria» (p. 72). È un invito, quello dell'autore, a ritrovare noi stessi per mezzo del mondo vegetale che, placidamente, ci sovrasta. 

Quando ho finito di leggere il libro di Thoreau, sono sceso in giardino e mi sono lasciato andare tra le sue braccia come se fosse la prima volta.

Nicola Biasio