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Da redattrice di Criticaletteraria a redattrice al Festivaletteratura 2020: cinque giorni di stupore e gratitudine

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La redazione del Festivaletteratura
in piazza Leon Battista Alberti

Quando ho mandato la mia candidatura, l’organizzazione ci aveva avvertiti: forse il Festivaletteratura del 2020 non avrebbe avuto luogo. Nessuno, all’inizio dell’estate, poteva prevedere cosa sarebbe successo, e tutti erano preparati all’eventualità che, per la prima volta dal 1997, non ci sarebbe stato nessun Festival ad animare la città lombarda sul finire dell’estate. Forse è stato proprio per questo che il Festival che si è appena tenuto ha avuto un sapore diverso dal solito, ricco di gratitudine. E vivere questi cinque giorni con un pass al collo e il laptop nello zaino, potendo contribuire, seppur in minima parte, alla realizzazione di qualcosa che qualche mese fa era impensabile, è stato un assoluto privilegio.  

Cinque giorni del genere non si verificano spesso. Sarà per il Mincio che circonda la città, ma ogni anno a Mantova si crea una specie di dimensione parallela, in cui l’architettura urbana si complementa perfettamente con un contenuto che non si può spiegare in altri termini se non come un omaggio continuo al mondo della letteratura e alla cultura, sotto un’aria elettrica, vibrante di devozione. Una bolla divisa tra palchi e librerie che però di continuo tenta di esplodere, di contagiare il mondo che la circonda. Il Festivaletteratura è la prova che letteratura e mondo sono una cosa sola, e senza l’uno non c’è l’altra.  
Michela Murgia e Chiara
Valerio sotto il tendone di
piazza Sordello

In questo senso quest’anno si sono succeduti numerosi incontri in cui aspetti fondanti della nostra società venivano toccati e trasfigurati negli occhi e nelle parole di artisti e scrittori. Ne è un esempio la passeggiata fotografica con il fotografo afroitaliano Mohamed Keita, correlato dal racconto del proprio viaggio attraverso il Mediterraneo, o il Women Priests Project di Nausicaa Giulia Bianchi, che ha trovato il suo ideale di femminismo in quelle donne che sfidano i dogmi della Chiesa Cattolica e ne diventano sacerdoti. O ancora la presentazione di “Parole o-stili di vita”, raccolta di saggi a cura di Maria Teresa Celotti, detta Gegia, con contenuti, tra gli altri, di Jonathan Bazzi e Monica J. Romano, creato per l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia: un libro destinato a insegnare ai giornalisti, e non solo, a esprimersi con più consapevolezza riguardo la comunità LGBT+, necessità che i fatti di cronaca e gli articoli che ogni giorno leggiamo reclamano a gran voce. 
 
Una delle molte librerie
del Festival

Infine, di necessità facendo virtù, la vera punta di diamante di questa edizione sono stati, per me, gli incontri in streaming; ospiti eccezionali hanno riempito la rubrica delle “Interviste impossibili”, cioè le interviste in streaming di personalità che il Festivaletteratura non aveva mai ospitato. Judith Butler in dialogo con Maura Gancitano di Tlon, Noam Chomsky intervistato dal linguista Andrea Moro, la conversazione di Mark Z. Danielewski con la professoressa Simona Micali; e ancora Paul Auster, David Quammen, Stephen Fry; scrittori e filosofi di rilevanza mondiale brillantemente intervistati dal meglio che l’Italia ha da offrire, e portati per noi in streaming sul palco del Festival, ma anche disponibili online, per chi non è riuscito a venire a Mantova, o per chi vuole rivedere i propri incontri preferiti.  

Di questo e molto altro, sul sito di Festivaletteratura trovate articoli di approfondimento scritti da ragazzi ricchi di talento per la scrittura e di entusiasmo per la lettura. Che ringrazio, perché quest’anno, passando dall’altra parte, ho finalmente capito da dove viene l’anima del Festival, cosa gli dà l’entusiasmo e la vitalità che l’ha sempre contraddistinto ai miei occhi. Una forza che non è venuta meno di fronte alle avversità create dalla pandemia, ma al contrario ha permesso che quest’anno il Festivaletteratura avesse luogo, in un’edizione diversa, ma spettacolare come sempre. E non posso che esser loro grata, se un po’ di questa forza l’ho riportata a casa con me.  

Marta Olivi