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"La babysitter e altre storie": 30 racconti per 30 traduttori, dentro i molteplici mondi di Coover

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La babysitter e altre storie
di Robert Coover
NN editore, 2019

30 racconti per 30 traduttori

pp. 416
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Ci sono libri di cui avverti perfettamente la valenza letteraria, la forza della scrittura. E se fare critica fosse una scienza esatta tutto questo basterebbe o, per meglio dire, scriverebbe da sé il giudizio su un’opera. Ma sappiamo bene che una componente importante del ragionamento sul testo è quell’insieme di sensazioni, istinto, gusto personale e tutto ciò che esula da parametri oggettivi di bellezza per cui si può semplicemente dire questo è un buon libro o non lo è. Per queste ragioni non mi è facile scrivere di La babysitter e altri racconti, antologia pubblicata a fine 2019 da NN editore e che ripercorre l’intera carriera letteraria di Robert Coover, con racconti dal 1962 al 2016.
Quello che più di tutto ho apprezzato è proprio il progetto editoriale: Coover, tra i padri del postmoderno americano, arriva in Italia grazie a NN con questa antologia maestosa, che permette al lettore di avventurarsi nell’intricato mondo narrativo da lui creato, scoprendone gli elementi essenziali, tematiche e spunti ricorrenti e cogliendo l’essenza della sua scrittura, del suo immaginario artistico. E, soprattutto, l’idea vincente di NN è stata quella di affidare ogni singolo racconto (trenta, in totale) a un traduttore diverso, avvicinandosi il più possibile a quella polifonia originale e scardinando uno dei punti fermi della traduzione letteraria, l’idea che un autore e un testo vadano approcciati da un singolo traduttore, che ne diviene il principale interprete. Un lavoro colossale in termini di organizzazione editoriale – immaginiamo quanto complesso sia stato gestire trenta diversi traduttori, scegliere a chi affidare ogni racconto, editare e, infine, organizzare la raccolta per il pubblico – che i due curatori, Serena Daniele e Luca Pantarotto, hanno spiegato nei due brevi testi che aprono e chiudono il volume.

Addentrarsi nell’universo di Coover non è per niente facile, specie per chi – come la sottoscritta – è più vicina allo stile narrativo di Carver e a quel realismo con cui fotografa la società americana a lui contemporanea, le difficoltà del quotidiano, quegli attimi e frammenti che racchiudono una vita intera; ecco, Coover moltiplica all’infinito la realtà, rifiuta convenzioni strutturali e narrative e porta il suo lettore dentro un mondo intricato, in un gioco di specchi in cui è facile perdersi. Scompone il reale e ne restituisce innumerevoli versioni, traendo spunto e rimaneggiando il mito, la fiaba, la religione, ma anche il cinema, la cultura pop, usando la parodia, il flusso di coscienza, in una commistione di stili e spunti fra alto e basso. Piega la parola con straordinaria maestria spingendola a esplorare i confini dell’indicibile, le zone più oscure dell’animo umano, non per il mero piacere di scandalizzare il lettore ma perché anche quello è il mondo, anche quello è il cuore degli uomini, esasperato certo ma ancora riconoscibile. Entriamo in un turbinio di incubo, violenza, sesso, arte, vita, dove sublime e grottesco si intrecciano e il confine tra verità e menzogna non è labile, semplicemente non esiste più. Si resta invischiati in queste storie strabordanti, durissime, che destabilizzano il lettore per le scelte formali e narrative, dove quasi mai la realtà e le persone sono come appaiono.

Qual è la verità? A quale versione del reale dobbiamo credere? Ne “La babysitter”, magnifico racconto che da il titolo alla raccolta di NN, pagina dopo pagina sono questi gli interrogativi che ci ronzano in testa e a cui non riusciremo a dare risposta univoca, ma non importa, la potenza narrativa di un testo come questo è la sola cosa che conta. Di uno spunto ordinario – una giovane babysitter chiamata per occuparsi dei tre bambini mentre i genitori sono fuori, a una festa – Coover immagina versioni differenti, un gioco di specchi che sonda ipocrisie, desideri, oscurità, dell’animo umano. E lo fa con sguardo diretto, spiazzante, la parola cruda e tagliente messa a nudo sulla pagina, raccontando le pulsioni sessuali di un uomo verso la giovane babysitter dei suoi figli, l’alcolismo e la vacuità di certe vite, la violenza sessuale, i timidi approcci di due giovani amanti. Fino all’incubo finale, un massacro che frantuma ogni possibilità di conciliazione con quanto abbiamo letto finora. Disturbante, brutale, La babysitter è il tipo di racconto che personalmente porterò a ogni corso di scrittura e dibattito sulla forma breve: non un racconto perfetto – per questo torno ancora a lui, Carver – ma l’esempio di una capacità straordinaria di giocare con la materia, con l’immaginazione e la lingua a partire da una scena assolutamente banale e sconvolgere il lettore, ribaltarne il punto di vista, allontanarlo sempre più dalla verità. Coover è, in conclusione, modello delle infinite possibilità narrative, dove nulla è indicibile – similmente a quanto accadeva per esempio in Nel profondo, notevole romanzo d’esordio di Daisy Johnson – e la realtà si compone di molteplici altre realtà possibili, violenza, alienante, paradossale a volte, fantastica, gotica, sicuramente imprevedibile. È l’universo di Coover, la fantasia strabordante, che rimaneggia con destrezza influenze e spunti per portare il lettore oltre la propria zona di confort.





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Di Debora Lambruschini