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Did dada die? Forse che sì, forse che no: Valerio Magrelli traccia il profilo dell'avanguardia più radicale del primo Novecento

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Profilo del dada
di Valerio Magrelli
Laterza, 2019

pp. 133
€ 15,00 (cartaceo)



Did dada die? Che fine ha fatto il dada? Non sarà mica morto per davvero! Non è affatto facile dare una risposta immediata a una domanda evidentemente un po’ macabra e che per giunta, nella sua versione inglese, gode di una musicalità subdolamente allitterante che la fa somigliare a uno scioglilingua se non direttamente a un non-sense. Eppure bisogna pur provare, avvicinarsi al presunto cadavere (oh, squisitissimo, avrebbe detto qualche cugino surrealista!) della penultima avanguardia storica del Novecento e valutare il da farsi: compilare l’ennesimo coccodrillo di circostanza o constatare che il realtà le cose non stanno affatto così, che il suo corpo (più che mai plurale) eppur (e ancor) si muove, e che il suo cuore non ha mai smesso di battere anche in tanta arte successiva al suo presunto decesso? A leggere Profilo del dada, lavoro di Valerio Magrelli pubblicato nei primi anni Duemila da Laterza e oggi ristampato dalla stessa casa editrice con qualche aggiunta e modifica, il dardo della verità punta dritto verso il bersaglio della seconda opzione. Eppure chi può dire l’ultima parola, quando proprio di dadaismo si tratta? Meglio sarà, in ogni caso, cimentarsi in qualcosa di preliminare rispetto a un’eventuale e vera e propria autopsia, frugando senza pudore nelle tasche del più riottoso fenomeno estetico del secolo scorso alla ricerca di quelle tracce e quegli indizi che permettano di compilarne una biografia: una storia che sarà programmaticamente non-casuale ma contraddittoria, sintetica eppure dettagliata, e che la marca stilistica autoriale riuscirà a rendere gradevole come un lungo e dotto pettegolezzo.

Il paragone con l’odiosa diceria tipica delle malelingue non tragga in inganno: la molteplicità degli io – anzi, degli ego – di cui si compose il movimento fu tale, e in certi momenti talmente litigiosa, che in seno alle correnti non mancarono diffamazioni gratuite e colpi bassi. E se questa descrizione sembra ricordare le dinamiche di un condominio, di un partito politico o del più trash dei reality show… beh, significherebbe che anche il dada, a suo tempo, a) ha avuto i suoi bei problemi di convivenza; b) ha raggiunto il grado zero della dialettica; c) ha prefigurato molta arte, specie performativa, a venire (inclusa quella degli ecumenici “quindici minuti di celebrità” profetizzati da Andy Warhol). Divagazioni e allusioni (di chi scrive) a parte, quello di Valerio Magrelli è un lavoro rigoroso e documentato, che come tutti i testi a riguardo affronta il dadaismo con la sua stessa nemesi, ovvero mettendo in ordine logico e cronologico quella serie di dichiarazioni, avvenimenti e azioni che nel clima del primo dopoguerra diedero vita all’avanguardia più iconoclasta mai esistita, quella sovversiva e ribelle nei confronti di tutto, dunque anche dell’arte, dunque anche di se stessa.

Profondamente convinto che l’esperienza dada continui a costituire «una fase fondamentale della cultura contemporanea» e che «a distanza di ormai quasi un secolo, dada non ha la minima intenzione di morire, o altrimenti detto, non cessa di morire» (p. VI), Magrelli tratteggia il profilo del movimento a partire dalle spinose questioni onomastiche, e dunque dal nome “dada”, «tautologico e calamitante» (p. 8) e «chiamato a esprimere un ideale di assoluta insensatezza» (p. 14), che compare per la prima volta nel maggio 1916 sul numero unico del “Cabaret Voltaire”. L’autore continua poi dando poi conto delle molte figure più o meno carismatiche che ne agitarono le bandiere della rivoluzione cosmopolita (da Tristan Tzara a Marcel Duchamp, da Francis Picabia a André Breton, da Hans Arp a Ugo Ball), ricostruendo le influenze, le premesse e i precedenti (dal Romanticismo al più recente Futurismo) e le molte tappe evolutive, che tanto spesso coincisero con variazioni tanto topografiche (Zurigo, Berlino, un focus speciale su Parigi) quanto tipografiche (non si contano i fogli e le riviste, spesso di durata più che effimera). Un compito non semplice, in cui l’autore si cimenta con il supporto di una letteratura critica corposa ma traducendo in prima persona tutte le citazioni riportate nello studio (concepito e condotto, come dichiarato, nell’ambito della francesistica). In poco più di cento densissime pagine – che si aprono con un’illuminata citazione/riflessione di Kafka, e che sempre con Kafka si chiudono – Magrelli racconta le forze centrifughe e centripete del dada con una scansione puntuale che riporta avvenimenti, dichiarazioni e valutazioni critiche, adottando un andamento in punta di data e di citazione che fa propria la precisione della cronaca. Fino ad arrivare al settimo capitolo, La metamorfosi dell’oggetto artistico, in cui l’autore, che riconosce soprattutto nel ready made il «formidabile cavallo di Troia» (p. 25) dell’avanguardia, nonché il suo lascito più clamoroso, identifica quelle che sono le tre eredità del movimento nelle ricerca novecentesca e contemporanea: 1) Il caso come principio compositivo (in cui l’elemento aleatorio, già strumento di liberazione espressiva, «non è arrivato a uccidere l’arte ma ha solo provocato uno spostamento o un ampliamento del concetto di produzione estetica» (p. 89); 2) L’opera contumace in quanto unica tipologia di opera possibile (con la riflessione sul concetto di valore e sulla sua alterazione, che libera l’artista dalla necessità di produrre oggetti conseguenti); 3) il ricorso a Prelievi e ibridazioni (in cui entrano in gioco la commistione e la reciproca influenza di parola e immagine sotto il segno del collage e della ricerca tipografica: «da una parte la dilatazione della scrittura verso l’immagine, dall’altra quella della pittura verso il collage» (p. 105).

A molti anni dalla sua prima uscita, il Profilo del dada di Valerio Magrelli si conferma un validissimo contributo alla comprensione di un movimento artistico che ha eletto la negazione della logica, della ragione e dell’ordine a sua cifra principe. A dispetto della velocità evolutiva dell’arte contemporanea – tre lustri sono tanti a prescindere, ma si pensi a come lo stesso scenario artistico dei primi anni Duemila, quelli dell’esordio del volume in libreria, risulti ancora altra cosa rispetto all’attuale – il testo risulta efficace proprio perché non perde verve nemmeno nella sua seconda metà, quella che valuta le influenze dell’avanguardia sulla produzione dei decenni successivi, invitando implicitamente il lettore a verificare in che misura ciò possa dirsi ancora vero; se ciò accade è perché i lasciti del dada sono, per l’appunto, attivi e percepibili a tutt’oggi, assimilati quali punti di non ritorno rispetto a una rottura dei paradigmi accaduta all’alba del Novecento. Quello appena ripubblicato da Laterza è dunque un testo che si legge ancora con profitto: appassionati d’arte, docenti e discenti – non solo quelli universitari, ma anche i più volenterosi della scuola superiore – ci troveranno una sintesi utile per ulteriori approfondimenti, incoraggiati dalla nota bibliografica in coda (che elenca fonti, testimonianze, studi e monografie alla base del lavoro) e resi peraltro necessari dalla pluralità di anime che caratterizzò il movimento. Il dada, dunque e come si vede, non è affatto morto, casomai miete ancora vittime: e cadono tutte in amore, in primis tra coloro che ancora oggi amano occuparsene.

Cecilia Mariani





Ci sono cose immortali, come le caramelle Rossana, e altre di cui si discute la fine, come il Dadaismo. Un cruccio di non poco conto, se è vero che l'avanguardia più radicale nata un secolo fa sembra non avere ancora chiuso il suo cerchio, lasciando aperta una domanda deliziosamente allitterante: Did Dada Die? Dopo più di quindici anni dalla prima edizione, Laterza @editorilaterza ripubblica oggi una nuova versione del "Profilo del dada" di Valerio Magrelli: un bel ripasso, tra storia, cronaca e teoria. La recensione di Cecilia Mariani, che lo sta leggendo per noi, presto sul sito! E voi non vi sentite un po' "dada" in questo lunedì di metà settembre? Vi auguriamo un buon inizio settimana! 🍬🍭🍬🍭 #libro #book #instalibro #instabook #leggere #reading #igreads #bookstagram #bookworm #booklover #bookaddict #bookaholic #libridaleggere #librichepassione #libricheamo #criticaletteraria #recensione #review #recensire #recensireèmegliochecurare #valeriomagrelli #profilodeldada #dadaismo #laterza #arte #art
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