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Il sublime peso di tutte le cose, le persone, gli eventi nel "Ponte d'argilla" di Markus Zusak

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Il ponte d’argilla
di Markus Zusak
traduzione di Chiara Brovelli
Frassinelli, 2018

pp. 504
€ 20 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Quasi tutte le mattine, l’Assassino andava in riva al fiume e si fermava lì.
Poteva restarci per ore.
Poi rientrava in casa e leggeva, o scriveva su dei fogli.
E Clay usciva per conto suo.
A volte risaliva il letto del fiume, e andava ai grandi blocchi di pietra.
Si sedeva su uno di quei massi, e pensava a tutti. Gli mancavano. (p. 162)

Il mondo di Markus Zusak è fatto di pochi ingredienti ma essenziali: eventi irripetibili e distacchi insuperabili, legami strettissimi e indissolubili, oggetti di poco conto ma dal valore inestimabile. E così, una persona che volta le spalle e si allontana diventa un traditore, qualcuno con cui prima o poi bisognerà fare i conti, un rapporto sfaldato e da recuperare, solo dopo che entrambe le parti hanno compiuto il proprio percorso. E poiché la storia viene narrata in retrospettiva, quando tutto ormai è avvenuto e i protagonisti possono guardare al già-dato dalla giusta distanza, il passato assume connotati netti e sfumati al contempo: netti perché i fatti sono avvenuti in quel preciso momento, in quel luogo, in quel modo; sfumati perché tutto sembra avvolto nella nebbia dell’eternità, come se le cose fossero avvenute in un’epoca precedente la storia stessa.
Allo stesso modo, non importa che il protagonista abbia dieci o quarant’anni: il legame con la persona è qualcosa di straordinario, qualcosa che merita di essere ricordato e narrato anche a distanza di decenni; anzi, è proprio in quest’ottica di rapporti fondamentali che il tradimento assume il senso di ineluttabile bisogno di redenzione a cui ho accennato. Un amore adolescenziale, importante per quanto possibile, assume qui i connotati di un viaggio omerico, di un’epica della formazione individuale che rasenta la narrazione universale di ognuno di noi. Di fatto è quel che accade, ad esempio, quando dopo circa vent’anni noi lettori ci ritroviamo al cospetto di Abbey, la prima moglie di Michael Dunbar, padre dei cinque ragazzi Dunbar protagonisti del Ponte d’argilla. Abbey, un amore rimosso dalla quotidianità ma mai dimenticato dall’uomo che è padre e Assassino al contempo, il quale conserva ancora un libro vecchio anch’esso di vent’anni, una biografia di Michelangelo che viene tramandato di mano in mano come la reliquia di un santo.

E arriviamo così al terzo aspetto: gli oggetti. Se Il cavatore è «uno dei tre libri fondamentali, in questa storia» (p. 27), non meno rilevanti sono gli altri oggetti che rinveniamo lungo il percorso, tutti elevati al rango di simboli. Così una macchina da scrivere (quella usata dal narratore/protagonista Matthew per raccontare, metaletterariamente, questa storia; in fin dei conti un artificio letterario sempre valido) diviene simbolo di un rapporto recuperato, una molletta da bucato tenuta in tasca sembra quasi diventare essa stessa una madre scomparsa da tempo. Anche in questo caso gli ingredienti sono pochi ma fondamentali: «L’accendino, la scatola e la lettera» (p. 394), simboli di un legame fra due adolescenti che si amano prima ancora di toccarsi. E badiamo bene: non sono mai “un” accendino, “una” scatola, “una” lettera, “un” libro, bensì sempre “quel” libro, “quella” scatola”, o meglio ancora “la” lettera. Gli oggetti, come i luoghi e le persone nel mondo di Zusak hanno una gravità infinita.

È questo a rendere i suoi libri degni di nota: il fatto che riesca a restituire alle cose il giusto peso e con qualcosa in più. Sembra quasi che l’autore voglia indicarci un diverso modo di vivere: noi, immersi nella quotidianità in cui tutto scorre fluidamente e con leggerezza, dovremmo ricordarci che ciò che accade ha la sua importanza e per questo non va dimenticato. Così quell’amore vissuto anni fa è ancora oggi presente a scaldare; allo stesso modo quel libro che abbiamo letto in un’estate lontana è ancora oggi presente a influenzare la nostra vita.
Le storie di Zusak non sono originali né i suoi personaggi risultano straordinari: è l’occhio con cui ci costringe a guardare il mondo a renderle uniche.
In chiusa, è necessario segnalare quello che, a mio avviso, è invece un punto di debolezza dell’autore Zusak: l’uso costante, che rasenta l’abuso, delle anticipazioni. Proprio perché tutto ciò che avviene ha una forte rilevanza storica, è importante narrare gli eventi nel giusto momento. Chiaro. Però possiamo contare almeno venti ricorrenze di frasi anticipatorie come «una notte, in quel luogo, avrebbe trovato la bellezza più pura. / E avrebbe commesso il suo errore più grande» (p. 66), «era successo durante una delle nostre corse» (p. 321) e «avrebbe dovuto dire qualcosa di Phar Lap. / (Non ci siamo ancora arrivati, presto ve ne parlerò)» (p. 394).
Vero, l’anticipazione ha una sua funzione specifica, ossia creare aspettativa nel lettore; tuttavia l’uso costante ne svilisce la forza narrativa.

David Valentini




"In principio c'erano un assassino, un mulo e un ragazzo, ma questo non è il principio. È prima. Qui ci sono io, Matthew, in cucina di notte - la vecchia fonte di luce - che batto sui tasti, ancora e ancora. Nel resto della casa regna il silenzio. Perché gli altri dormono tutti." Questo è l'incipit del nuovo libro di Markus Zusak, l'autore di" Storia di una ladra di libri". Stavolta, lontano da guerre e rivoluzioni storiche, l'autore ci porta in una tranquilla cittadina australiana, dove cinque fratelli crescono fra rituali, risse e amori. La loro è una famiglia spezzata da un evento così doloroso da rendere ogni gesto e ogni oggetto, persino una molletta da bucato, circondato da un'aura di religioso rispetto. Ce ne parlerà a breve il nostro @darvax. . #darvax #libri #books #instabooks #bookstagram #lettura #inlettura #reading #nowreading #novel #romanzo #love #amore #bookshelf #bookporn #bookreading #booksofinstagram #igersitalia #iger #snapseed #incipit #libridaleggere #librichepassione #criticaletteraria #frassinelli
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