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Marías, Berta Isla e lo sconosciuto che ci dorme accanto

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Berta Isla
di Javier Marías
Einaudi, 2018


pp. 488
€ 22 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Berta Isla è un romanzo senza tempo e senza spazio, pur essendo la vicenda ben inquadrata in un periodo storico e in due città europee, con uno sfondo storico non indifferente (la Guerra Fredda, le Faulkland, l’Ulster e l’Ira). Ma il tempo, per gli scrittori come Marías, è un continuum, un vortice che apre spiragli per gettarci dentro gli insondabili interrogativi dell’uomo sulla vita, sulla morte e sull’amore, in ogni sua forma. Anche le forme di amore più addomesticate, come quelle legate al contratto matrimoniale, possono nascondere abissi, anche le certezze possono procurarci dubbi, anche chi pensa di sapere o capire, alla fine si troverà suo malgrado all’oscuro della vicenda, ma lacerato da dubbi e interrogativi.
Perché in questo, come in molti dei suoi romanzi, Marías, pone a se stesso e al lettore degli interrogativi su quelle che sono le sue paure, e lo fa con delle parabole esistenziali, che partono da una lunga sequenza narrativa, come in un film, che ci prende fino a intrappolarci, per portarci infine alla questione fondamentale, al nucleo della vicenda, e di nuovo sfiorarla senza centrarla, per poi ricondurci a ritroso negli eventi, da un altro punto di vista. 
E lo fa anche con il solito magistrale debito di riconoscenza nei confronti dei suoi modelli, Shakespeare, in primo luogo, ma anche Dickens e T.S. Eliot. Così pensiamo di imbatterci nei misteri di una relazione e finiamo per mettere in discussione la lealtà degli Stati nei confronti dei cittadini, pensiamo di seguire la vicenda avventurosa di una spia della Corona e restiamo totalmente  all’oscuro, come la protagonista, su quale sia la vera natura dell’uomo che abbiamo accanto, pensiamo di trovarci a tu per tu con il nemico e ci mimetizziamo nei tormenti dell’abitudine, come fa il re nell’Enrico V shakesperiano, prima della battaglia. Conviviamo anche noi con Tomás Nevinson, voltando le spalle alla passione e alla certezza e accontentandoci di vivere nell’attesa.
Berta Isla è una donna tenace , che resta attaccata all’idea che si è costruita della sua vita e del suo rapporto di coppia, nonostante tutto, incurante del baratro in cui questo sentimento la condurrà. Quello che per alcune storie d’amore è l’ingrediente fondamentale per tenerle in vita, in questa  storia di vita e di finzione, è proprio il motivo che rivoluzionerà la routine di un’apparente coppia di borghesi tra gli anni Sessanta e i Novanta, a cavallo tra Spagna e Inghilterra, tra Madrid e Oxford: Il mistero.  
“Di colpo sembrava che fosse uno sconosciuto a parlarmi, un estraneo venuto da lontano, un’altra persona. Io lo vedevo ed era lui, malgrado i mutamenti nell’aspetto con cui tornava dopo ognuna delle sue assenze prolungate”. (p. 242)
Un’altra inquietante domanda che si pone e ci pone questo romanzo è fino a che punto dobbiamo spingerci nella conoscenza dell’altro. Quanto è dato sapere e quanto invece bisogna tenere segreto? Entriamo nella vita di Berta e Tomás come in una qualsiasi storia d’amore tra due giovani alto-borghesi, impariamo a conoscere il legame strano che hanno concepito già nel periodo giovanile, quando con quasi razionale volontà Berta decide che quel ragazzo sarebbe stato suo marito. Apprendiamo il punto di vista di Berta sulla loro relazione, di Tomás conosciamo in parte i tormenti, che alla moglie sono preclusi. Da studente spagnolo che frequenta Oxford, subito al centro dell’attenzione per la sua spiccata predisposizione per le lingue, con una vocazione quasi per la dualità. Nel momento in cui la sua vita sembra quasi averci raccontato tutto ecco che uno stupido tradimento la stravolgerà, una relazione insignificante segnerà il resto della sua esistenza e nella sua vita entreranno i servizi segreti. Da quel momento, che Berta ignora, pensando di essere lei a nascondere delle cose al marito, il libro ci condurrà nell’unica certezza possibile, tutti viviamo nell’attesa
“Era come ritrovare quello stato di attesa e di incertezza che fa bene a tutti noi, che ci aiuta ad andare da un giorno all’altro, non c’è niente di peggio della sensazione che tutto è a posto e inamovibile, o saldamente avviato; che tutto quello che doveva  succedere è già successo o sta progressivamente succedendo, che non ci saranno ansie né sorprese fino alla fine, o solo quelle che in realtà non sono tali, quelle prevedibili, per quanto ciò possa sembrare contraddittorio”. (p. 463)
E così, in questo fluire che ci porta tutti sullo stesso piano, scrittore, personaggi e lettori, ci ritroviamo complici, riconosciamo come il nostro essere legati a qualcuno spesso si alimenti della sua assenza, la nostra certezza è un’àncora per non annegare nelle poche verità che ci è dato conoscere di chi amiamo e che noi stessi concediamo agli altri, padroni delle nostre verità e delle nostre menzogne, in attesa di un sentimento salvifico che possa assolverci o incastrarci; profondamente in cerca dell’altro e continuamente soli con le nostre debolezze, che sono la parte più vera di noi e anche quella con cui dovremmo imparare a convivere.
Samantha Viva