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#PagineCritiche - La virgola? Non ha certo un solo carattere...!

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Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto.
di Leonardo G. Luccone
Editori Laterza, 2018

pp. 244
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)




«Ho lavorato a un poema tutto il giorno. La mattina ho aggiunto una virgola, nel pomeriggio l'ho tolta». Queste parole di Oscar Wilde sono citate a pag. 52 del testo di Luccone, ma è proprio dalla verve e dall'apparente paradosso di Wilde che voglio cominciare, perché mi sembra un'ottima via d'accesso allo stile e allo spirito di Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto. È un'ottima via d'accesso perché mette subito al centro del discorso l'importanza capitale della punteggiatura e il fatto che - come l'autore non si stanca mai di ripetere - bisogna liberarsi della convinzione che le virgole servano solo per segnalare una pausa o "per far respirare chi legge".
La punteggiatura, argomenta Luccone, ha due caratteri: uno logico e uno espressivo. Il carattere logico è quello che potremmo definire l'aspetto normativo della punteggiatura, quello che ci viene fatto studiare con solerzia - talora pedanteria - nella scuola secondaria di primo grado e che poi, purtroppo, viene lasciato pressappoco abbandonato nei nostri ricordi scolastici. Quello espressivo, invece, «ha a che fare con la creatività e con le sfumature ritmiche e musicali» (p. 19) e Luccone ci mostra senza infingimenti che è un carattere assolutamente soggettivo, che quindi sfugge a prescrizioni accademiche. «L'interpunzione è la scienza del fluire del discorso» (p. 29) e dunque è il respiro dello scrittore, ciò che rende una pagina di Hemingway differente da una pagina di Proust. Luccone la chiama infatti la funzione autoriale e metalinguistica della punteggiatura ed è 
quella che permette allo stile personale di sgorgare. Le regole si allentano, vengono flesse dall'intenzione, dall'effetto che si vuole conferire al testo. La punteggiatura, pur sempre al servizio del testo, imprime personalità ed espressività. L'autore può entrare con la propria voce nel testo (si pensi alle parentesi nei Promessi sposi) oppure prendere le distanze da esso (si pensi a certe virgolette su parole o espressioni non condivise) o mettere in evidenza qualcosa (si pensi ai corsivi). (p. 37)
Il carattere soggettivo e quindi autoriale della punteggiatura viene riccamente documentato con molti esempi scelti da Luccone, che rendono particolarmente piacevole la lettura di Questione di virgole, perché ci fa assaporare brani antologici di vari scrittori, in modo da rendere più comprensibile e piacevole la spiegazione. Particolarmente amabile, per la sottoscritta, è stata la lunga citazione alle pp. 13/14 del periodo proustiano di quasi tremila battute con un solo punto. Siamo in Dalla parte di Swann e Marcel descrive lungamente le diverse camere da letto che hanno accolto la sua insonnia, regalandoci un capoverso di 471 parole con 6 punti e virgola, un due punti e una cinquantina di virgole. Un esempio da imitare? Probabilmente per studenti e scrittori neofiti no, ma senza dubbio un  «capolavoro di stile, un meccanismo sintattico sbalorditivo» (p. 15). 
Il testo abbonda anche di esempi di cattiva punteggiatura; non sfuggono alla "penna rossa" di Luccone anche illustri scrittori quali Silone e Pavese, oltre a divertenti esempi tratti da titoli giornalistici: 
Addio a Ciampi, Mattarella e Napolitano alla camera ardente del Senato. (Titolo di prima pagina, «Il Sole 24 Ore», 17 settembre 2016).
L'assenza di un punto dopo il nome di Ciampi fa presupporre una strage! 
A questo punto, Luccone enumera le regole basilari della punteggiatura, ricordando i casi in cui la virgola non deve mai stare. Questa parte rende Questione di virgole  molto interessante e fruibile anche per un uso didattico, anche grazie ad approfondimenti ed esercizi disponibili all'indirizzo web www.laterza.it/questionedivirgole. Riflettere sulla punteggiatura diventa un avventurosa riscoperta della grammatica tout court della nostra lingua, infatti nel volume si trovano interessanti focus sulle varie subordinate e quindi sulla necessità di utilizzare coscienziosamente - e quindi in uno stile non solo logico ma anche bello - l'analisi del periodo. 
Riflettere sulla natura e la storia della punteggiatura - perché scoprirete leggendo il testo che i romani non usavano la punteggiatura e che la scriptio continua venne abbandonata solo con l'avvento della minuscola carolina - significa ritrovare l'amore per la lingua, per la sua funzione espressiva, per le sue sfumature cromatiche. 
Ogni tanto ci penso: perché non coccoliamo il nostro linguaggio (se avessi scritto lingua avrei generato risate) quanto il corpo? Perché non lo sottoponiamo a cure di bellezza o a una manutenzione periodica? Avete mai sentito uno che dica: «Sto rifacendo il mio linguaggio», così come ci capita una o due volte nella vita con le case? A tutti è capitato di fare i lavori in casa, no? E noi per una manciata d'anni ci godiamo un ambiente tutto nuovo. Oppure di fare il tagliando alla macchina. La lingua va coltivata, giorno dopo giorno. È un atto di amore organico. È un atto di passione. È un atto civile.
Questo accorato appello permea lo spirito dell'intero libro e ciò lo rende assai differente dai testi di grammatica meramente normativi, che spesso rasentano l'aridità. 
Ma, in definitiva, quando possiamo definire una punteggiatura perfetta o, senza esagerare, corretta? «La punteggiatura corretta è invisibile. Non ci si accorge nemmeno che tutto sta filando liscio» (p. 10). Aveva quindi perfettamente ragione Valery quando sosteneva che un testo è chiaro quando non percepiamo il linguaggio di cui è fatto e la punteggiatura - come la bellezza - funziona proprio nella sua apparente invisibilità, nel suo essere talmente naturale da non sovrapporsi ai pensieri ma nel farli sgorgare con chiarezza. Qualsiasi insegnante di lettere sa per esperienza che se è costretto a rileggere due o tre volte una pagina di tema di un suo alunno, perché non ha capito bene il senso, allora vi sarà sicuramente una pessima punteggiatura che ha reso la sua lettura un viaggio accidentato. Citando Sergio Claudio Peroni, Luccone parla di «effetto Maiorca» cioè una scrittura in apnea, nella quale o l'assenza di punteggiatura o una presenza ossessiva di pause rendono il nostro respiro di lettori corto, in affanno.

Questione di virgole ci aiuta a riflettere sui sentieri tortuosi che potremmo imboccare con una cattiva punteggiatura, ci insegna anche ad amare con costanza quanto scriviamo, a non abbandonarlo mai come un messaggio in una bottiglia: 
Il testo, la pagina vuota, stanno lì fermi, in attesa. Affrontatela, coraggio. Smettetela di annoiarvi con le vostre parole. Scrivete, rileggete, modificate, rileggete, rimodificate, abbattete se necessario. Considerate i dubbi come i vostri suggeritori, non trattateli come spie. Abbattete se necessario. Riscrivete. Tagliate. Il troppo stroppia. Rileggete. Lasciate riposare e rileggete ancora. A voce alta, facendo le facce - possibilmente. Metteteci voi stessi dentro, qualsiasi scritto sia, perché una cosa è certa: in qualunque testo, quando l'avete licenziato, non ci troverete nulla di più di ciò che siete stati in grado di metterci dentro. (pp. 235-236).

Deborah Donato



Può un libro che parla di punti e virgola, punti esclamativi e virgole essere avvincente e divertente? Leonardo G. Luccone lo rende possibile. Deborah Donato sta leggendo Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto, Editori Laterza, e presto lo recensirà su Critica letteraria. "La lingua va coltivata, giorno dopo giorno. È un atto d'amore organico. È un atto di passione. È un atto civile. Quando esce una nuova grammatica, io devo correre a comprarla. Proprio non riesco a farne a meno". #recensione #reading #leonardogluccone #leonardoluccone #editorilaterza #questionedivirgole #punteggiatura #linguaitaliana #instabooks #lettura #grammatica #Laterza #libro #criticaletteraria #recensireèmegliochecurare #librilaterza

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