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La Storia che ci riguarda: "Questa sera è già domani" di Lia Levi

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Questa sera è già domani
di Lia Levi
edizioni e/o, 2018

pp. 224
€ 16,50 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Uno degli aspetti che sarei più curioso di approfondire sul ventennio fascista è la relazione tra i cittadini ebrei e il regime. Lo dico consapevole di poter sorprendere il lettore, ma convinto che la curiosità ha un suo fondamento. Già Giorgio Bassani ne Il giardino dei Finzi Contini ci presentava l’alta società ebraica ferrarese perfettamente integrata nell’Italia fascista. E l’antisemitismo, in realtà, è stato qualcosa che arriva tardi nel fascismo e si concretizza per emulazione della Germania nazista con la promulgazione delle infami Leggi Razziali del 1938, di cui quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario.

Tuttavia, fino a quel momento, l’ebreo era per il regime un italiano qualsiasi; e l’ebreo, a sua volta, sentiva nei confronti del regime fascinazione o repulsione esattamente come un cittadino italiano di altra confessione. Di fatto, fino al 1938, vi furono ebrei fascisti e vi furono ebrei antifascisti. Tra quest’ultimi ricordiamo Renato Treves, torinese professore di filosofia del diritto, esiliato in Argentina alla fine del 1938.
Ebbene, parecchi anni dopo Il giardino dei Finzi Contini di Bassani, arriva in libreria un altro romanzo che perlustra, con l’abile arte della finzione letteraria, la relazione degli ebrei con il regime fascista: Questa sera è già domani, di Lia Levi. Pubblicato per i tipi delle Edizioni e/o, che confermano di essere una delle più vivaci, interessanti e colte realtà editoriali in Italia, il romanzo della Levi è oggi proposto al Premio Strega. Non sono poche le suggestioni che avvolgono questa candidatura: il cognome Levi associato al riconoscimento della Fondazione Bellonci rimanda ai tempi in cui l’Italia poteva vantare penne come quelle di Primo Levi, vincitore nel 1979 con La chiave a stella.

Questa sera è già domani narra la storia di una famiglia ebrea genovese a cavallo tra gli anni ‘30 e gli anni ‘40 del secolo scorso. Se ne osservano la vita e le abitudini sullo sfondo storico dell’Italia dell’epoca che, lentamente, si avvicina alle politiche razziste tedesche fino ad abbracciarle completamente. La Genova in cui si muovono i componenti della famiglia Rimon è la città portuale del regime, il motore pulsante della cantieristica navale fascista, il vertice marittimo del triangolo industriale del Nord Italia. Ma è anche una città aperta, a dispetto del carattere dei suoi abitanti, e Marc Rimon, il capofamiglia, è un ebreo olandese con passaporto britannico, poliglotta e cittadino del mondo che in quella Genova si sente a casa.

Ma non è solo il capoluogo ligure, e con esso l’Italia, a fare da scenario alla narrazione della Levi: è l’intero Vecchio Continente ad essere messo sotto la lente d’ingrandimento. La deriva nazista, l’indifferenza delle potenze democratiche, la Guerra di Spagna, l’annessione dell’Austria e l’intervento successivo all’invasione della Polonia, colpevolmente in ritardo, sono i principali fatti della Storia europea che si intervallano a quelli della Storia italiana, tra i quali assume un ruolo di primaria importanza la promulgazione delle Leggi Razziali nel 1938. La valanga razzista, nazionalpopolare, fascista in ultima analisi, che travolge l’intera Europa non può che far trovare al lettore più d’un preoccupante parallelismo con l’attuale situazione continentale. Non che all’orizzonte s’intraveda un nuovo Hitler, ma i rigurgiti razzisti e nazionalisti che caratterizzano questa fase della nostra vita comune sono sotto gli occhi di tutti. Per questa ragione, anche, Questa sera è già domani nutre la nostra memoria storica collettiva (fatto suffragato nell’ultima pagina da un documento storico che ribalta il rapporto tra realtà e finzione consono al romanzo). Sarà vecchio l’adagio che diceva “il popolo che non guarda la sua Storia è condannato a ripeterla”, ma è di pressante attualità.

Attraverso un narratore onnisciente che mantiene un punto di vista costante, quello del piccolo Alessandro Rimon, Lia Levi racconta al lettore le storie dei piccoli individui comuni, uomini e donne come possiamo essere noi che leggiamo e scriviamo questi appunti, i cui destini sono determinati dalla grande Storia che come una valanga ci travolge e sbatte da una parte all’altra dell’Italia e dell’Europa. Guardiamo questo passato che ci riguarda tutti con gli occhi di un bambino che conosciamo nella prima metà degli anni ‘30 in età da prima elementare e lo vediamo crescere fino all’adolescenza, a guerra ormai iniziata e in fuga verso una salvezza che ha un nome preciso: Svizzera. Seguiamo il percorso di maturazione di Alessandro ed è un po’ come se Lia Levi ci obbligasse a tenerlo per mano e maturare con lui. Un’intelligenza precoce, quella del protagonista, ma frustrata in parte dalla Storia. Con lui vediamo come il regime stringe il cerchio sulla comunità ebraica, approva le infami Leggi Razziali a cui nessuno crede; viviamo la paura della madre che non vuole trasferirsi in Inghilterra quando ancora non è troppo tardi; condividiamo le inquietudini di Alessandro che lo spingono a trovare le risposte fuori dal ristretto cerchio della comunità ebraica e abbracciare l’uguaglianza comunista (all’epoca, in piena guerra di Spagna, una speranza suggestiva). È il romanzo come lo spiegava Hegel: non vi sono eroi che determinano il corso della Storia, ma piccoli, comuni, individui che la subiscono e che tra le sue trame lottano per sopravvivere e salvarsi.

Alessio Piras