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Quei pixel umani troppo umani: Ready Player One di Ernest Cline

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Ready Player One
di Ernest Cline
DeA Planeta Libri, novembre 2017

Traduzione di Laura Spini

pp. 441 
€ 17


Hidetaka Miyazaki è uno dei game-designer contemporanei più importanti e famosi senza ombra di dubbio. Creatore di videgiochi come la serie di Demon's Souls, Dark Souls e Blooborne ha, con la sua casa di produzione FromSoftware, letteralmente marchiato a fuoco l'immaginario videoludico di questi ultimi anni. Ma una sua teoria, alla base della narrativa (o, per meglio dire, della lore) di Dark Souls pare essere perfettamente aderente alla nuova edizione di Ready Player One, il libro culto di Ernest Cline oggi ripubblicato da DeA Planeta per la traduzione di Laura Spini. Ma qual è questa teoria di Miyazaki? Semplice, quella del collasso dei mondi, dei cicli di tempo che si ripetono fino a che tutto, nel vero senso della parola, tracima entro se stesso. Questa, grosso modo, non è (solo) la trama di Dark Souls 3, ultimo capitolo dell'omonima trilogia, ma è l'esatto punto di partenza, filosofico e d'immaginario, di Ready Player One.
In attesa infatti del film di Steven Spielberg che arriverà nella sale italiane a marzo 2018, Cline descrive un mondo futuristico in cui la società è collassata.



Guerre, carestie, penuria di risorse hanno fatto sì che l'America come l'Europa per non parlare di Asia, Africa e Oceania siano piombate in una sorta di nuova età oscura. Ogni paesaggio descritto nel libro, e qui è giusto puntualizzare "ogni paesaggio reale" del libro, è infatti una specie di ininterrotta landa di carcasse di automobili, detriti di palazzi e pompe di benzina ormai non funzionanti. Qui si muove, in una città a caso dell'orbe terracqueo, il protagonista, Wade, un giovane ragazzo sovrappeso che passa, come del resto gran parte della popolazione mondiale, la sua vita connettendosi al server OASIS. 

Questo server consente, attraverso speciali visori ottici e tattili di immergersi in un mondo, anzi in svariati mondi, dove tutto è possibile e dove la simulazione del reale e il suo contrario, ovvero l'esplosione di ogni possibile fantasia, è realizzabile. Wade è ossessionato dal creatore di OASIS, James Halliday, un geniale inventore un po' à la Steve Jobs che, dopo aver costruito passo dopo passo questo universo virtuale, prima di morire lancia un testamento-sfida.
Egli infatti ha disseminato, come nel più perfetto e immersivo gioco di ruolo mai concepito, una serie di indizi, strumenti magici e chiavi segrete per raggiungere il proprio tesoro, ovvero, non soltanto i danari che in tutta una vita i proventi di OASIS gli hanno fatto guadagnare, ma anche e soprattutto il codice sorgente della piattaforma, ovvero la matrice originaria per la creazione (ed anche la distruzione) di quel mondo. In altre parole la possibilità di divenire il figlio del dio creatore di OASIS. 

Cline scrive in modo serrato, con tantissimi riferimenti alla cultura videoludica, cinematografica e televisiva consentendo al lettore di immergersi in una realtà al tempo stesso così famigliare e così aliena. 

Già perché la teoria che abbiamo espresso all'inizio, ovvero quella del collasso dei mondi, qui è come se fosse stata realizzata. Infatti Wade, come del resto i suoi coetanei, è un patito degli anni Ottanta. Ma questa passione non si limita a essere coltivarla riguardando vecchi film o ascoltando canzoni di quella decade. No, egli letteralmente rivive quel periodo storico grazie alle infinite possibilità di OASIS, guarda caso costruito da un ragazzo nato e cresciuto negli '80. Quindi, nonostante siamo in un tempo futuro, anzi futuristico, il passato è sempre presente, in un continuo ed appassionate scambio tra l'oggi e lo ieri.

Ovviamente, come nel più classico dei videgiochi, vi sono nemici temibili, mostri colossali e armi potentissime con le quali il nostro protagonista avrà a che fare. Ma Ready Player One, che prende il titolo dalla scritta iniziale dei videogame da "cabinato" anni '80, è un romanzo bello tout-court, al di là dell'effeto-nostalgia che a molti potrebbe far provare. La traduzione è eccellente, la trama ricca di plot-twist e l'azione non così banale. Per questo anche se non avete mai giocato a Super Mario potete leggere e appassionarvi alle vicende di Wade e dei suoi compagni/paladini di ventura. Perché la voglia di avventura, che sia in carne ed ossa o in codici e pixel fa poca differenza, è uno dei tratti caratteristici dell'essere umano. Se poi questo stesso essere umano si trasforma in un "razzo missile con i circuiti di mille valvole" tanto meglio no?

Mattia Nesto