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Qualcosa che risplende: ciò che ci fa umani nel manga di Aoi Ikebe "Come voi, tra di voi"

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Come voi, tra di voi
di Aoi Ikebe
Collana Aiken,
Bao Publishing, 2025


Traduzione di Christine Minutoli
Lettering e impaginazione di Sara Bottaini

pp. 190
€ 9,90 (cartaceo)
€ 5.99 (ebook)

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Il mondo immaginato da Aoi Ikebe non appare così dissimile da quello che abitiamo. Lo immaginiamo quindi collocato in un futuro ancora prossimo, ravvicinato. Le persone sono impegnate in attività consuete, famigliari, ciascuna alle prese con i propri drammi grandi o piccoli: la signora Imori, che combatte battaglie accanite con il servizio reclami del centro di acquisto e smistamento merci Grees; la signora Tone che legge la sua sfera di cristallo; Hayashida, che custodisce i cancelli di Grees e nasconde dietro un sorriso la sua grave malattia… Eppure, come suggerisce il titolo, fra loro si muovono robot umanoidi del tutto indistinguibili a una prima occhiata. Il lettore stesso li smaschera solo quando li vede, a fine aggiornata, attaccarsi a una batteria per la ricarica energetica.

I robot sono intelligenti, pratici, efficienti. Grandi solutori di problemi, affabili con chi li circonda. Il loro scopo inizialmente non è chiaro, dipende però dalla funzione per cui sono stati concepiti e prodotti. La dolce Waon, per esempio, assiste la signora Tone nella sua caffetteria e la sera invia rapporti su quanto ha osservato. Le interazioni tra gli esseri umani, le relazioni, le affezioni, le risultano strane, difficili da inquadrare e comprendere fino in fondo («quando si arrabbiano, ridono, o piangono, brillano sempre di luce propria», p. 23-24). Anche Toaka, caporeparto alla Grees, cerca di capire meglio i dipendenti, soprattutto Lily: ne nota le qualità umane, l’empatia, la spontaneità, il coinvolgimento, ma li descrive come qualcosa di estraneo, astratto. È soprattutto l’aspetto dei sentimenti, del lavorio psichico, che nessuno degli androidi riesce a concepire. Laddove gli umani contemplano la luna, o i tramonti infuocati, i robot leggono solo il tempo che passa nel mutare della luce. Eppure qualcosa poco alla volta inizia ad agire anche in loro – un tarlo sottile, un dubbio che qualcosa di importante sia appena al di là della loro portata: i ricordi, per esempio, che si accumulano, portando con sé qualcosa di difficile da definire, una sorta di nostalgia, o di rimpianto, o quella luce che sembra emanare da qualsiasi essere vivente, che li attrae inspiegabilmente.

Nel frattempo, in città, sorge il problema non indifferente dello smaltimento delle AI umanoidi. Anche alla Grees, accumulati in una montagna, gli androidi difettosi vengono dismessi e abbandonati. Da qui è stata recuperata anche Waon, nata come «telecamera di sorveglianza», e rottamata per un malfunzionamento. I responsabili dell’Istituto di Ricerca per il Recupero delle Risorse stanno progettando nuovi sistemi di riciclaggio. Non li disturba l’aspetto etico della questione, la facilità con cui gli uomini decidono della sorte degli androidi, con cui spesso vivono e interagiscono («Poco male. In fondo si tratta comunque di materiali di consumo”, p. 102). Il direttore, anzi, vede di buon occhio la completa sostituzione delle AI umanoidi, accusate di creare «confusione emotiva» e un insano affezionamento: «la cosa migliore è l’AI amorfa, altamente performante e a risparmio energetico» (p. 125), spiega. Il manga di Aoi Ikebe introduce però il tema problematico, disturbante, dell’esistenza di creature a loro modo senzienti che vivono in uno stato di completo assoggettamento a un altro essere, che può decidere della loro vita e della loro estinzione. Poco importa allora la loro consapevolezza di essere figure dedite al servizio («non deve preoccuparsi per noi. Non importa se ci fondono o ci rompono. Ci basta essere di aiuto, in qualche modo», 139): nella realtà quotidiana immaginata e rappresentata, gli androidi creano relazioni e legami con i loro umani di riferimento, diventano parte di piccoli nuclei famigliari, insostituibili compagni delle giornate. Non sono semplici «apparecchiature domestiche», ma esseri la cui principale funzione è seguire e accudire l’uomo.

Il manga non si interroga mai sulla liceità o meno di integrare nella vita umana gli androidi, che viene data per assodata come parte di un progresso inarrestabile, né introduce il dubbio che le AI possano essere una minaccia per gli umani. Il decentramento, inusuale e prezioso, del punto di vista ci spinge a riflettere sul nostro ruolo in questo processo di cambiamento, su come ci possiamo e doppiamo porre rispetto ad esso in un’ottica individuale e sociale. Nella visione proposta da Ikebe, le AI umanoidi sono in grado di integrarsi nella comunità umana, e di costituirne una parte rilevante, purché si offra loro una missione compatibile con la vita umana. Il problema, semmai, sono proprio gli uomini, che continuano a ragionare per lo più in una logica di produzione e consumo, in cui tutto – anche i rapporti di affezione e accudimento – può essere ridotto a merce e quindi considerato sostituibile. Un romanzo che sembra parlare di intelligenza artificiale finisce dunque per parlare dell'umano: osservarlo attraverso uno sguardo esterno è l'occasione di chiedersi cosa ci caratterizza, cosa ci fa, in ogni occasione, brillare e a cosa non dobbiamo rinunciare per continuare a farlo.

Nel susseguirsi dei capitoli, il manga intreccia le storie dei personaggi, rivelando trame nascoste e creando una fitta serie di rimandi interni. La narrazione si dipana grazie al tratto sottile e minuzioso dell’autrice, abile tanto nella cura del dettaglio quanto nella creazione di paesaggi che riportano le vicende dei singoli a un quadro più ampio, quasi universale. E la generosità e la gratuità di cui appaiono capaci gli androidi, comparate con la grettezza calcolatrice di alcuni dei personaggi umani, finiscono per lasciare nel lettore alla conclusione del volume un senso di commozione associato a una sottile malinconia

Carolina Pernigo