in

Ammirando il Giappone dalle grate di un trasportino

- -
Cronache di un gatto viaggiatore,
di Hiro Arikawa
Garzanti, 2017

Traduzione di Daniela Guarino

pp. 304
€ 16,90 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Gli amanti dei manga sanno che una loro peculiarità è la serialità, che gli autori dei fumetti giapponesi sfruttano al meglio prediligendo storie che possiedono, sì, un filo unico che tiene uniti i pezzi e spinge ad aspettare con ansia l’uscita del volume successivo, ma che in ogni capitolo contengono spesso vicende autoconclusive, piccoli racconti che si esauriscono nel tempo di un haiku e come questo possiedono forza e autonomia pur nella loro brevità.
Hiro Arikawa sceglie per il suo romanzo quest’abitudine tutta giapponese di raccontare storie e se è vero che il protagonista indiscusso delle sue Cronache di un gatto viaggiatore è Nana, il gatto di Satoru Miyawaki, che a p. 9 esordisce dicendo che:
Le creature chiamate essere umani, pur essendo nient’altro che grosse scimmie capaci di camminare dritte, sono terribilmente arroganti
in linea con il dilagante luogo comune che vuole i felini in combutta per la distruzione del genere umano dalla faccia della terra, d’altro canto il delizioso romanzo compie un viaggio insieme a tutte le persone importanti della vita di Satoru, raccontate da un doppio punto di vista: il passato viene raccontato dal narratore, il presente proprio dal gatto, mai parco di giudizi e opinioni su tutto ciò che lo circonda. Così le cronache prendono le mosse dall’incontro tra Nana (nome femminile affibbiato a un esemplare maschio, inorridito per tale battesimo, per un uncino a forma di sette, nana appunto in giapponese, sulla sua coda) e Satoru, e di come un gatto nato fieramente randagio si trovi ad apprezzare gli agi della vita in casa al fianco di un umano che misteriosamente decide di intraprendere un viaggio attraverso il Giappone.

Il viaggio continua poi con Kosuke, amico delle scuole elementari che ha accompagnato Satoru nel momento più doloroso della vita, ma che lo ha aiutato a forgiare ampie porzioni del suo carattere buono e affabile. Alla sua partenza Satoru gli regala la speranza e gli ricorda il valore della parole. Vicino allo costa del Pacifico si giunge a casa di Yoshimine, amico conosciuto alle scuole medie che con la sua dedizione e l’amore per la terra e la natura gli ha insegato il valore della fatica e dell’aiuto reciproco come base dei rapporti interpersonali. Sul Monte Fuji, lì dove tutti vanno a osservare il profilo del vulcano più famoso del mondo, Satoru va a trovare Sugi e Chikoku, amici delle scuole superiori e dell’università, membri della loro comitiva a tre trasformatasi poi in una coppia di innamorati, che con la loro dolcezza e complicità hanno immerso Satoru in una dimensione affettiva in cui la sincerità è il valore più difficile da inseguire. Infine il viaggio si conclude a Sapporo, in Hokkaido, a casa della zia Noriko, guida costante della sua vita che gli ha mostrato i tanti modi di amare. In ogni tappa Nana ha osservato il mondo dalle grate del suo trasportino, conoscendo mille luoghi nuovi e altrettante sfaccettature del suo caro padrone, permettendo parimenti a noi lettori occidentali di conoscere un modo diverso di vivere la vita e gli ostacoli che questa frappone lungo il suo cammino.

Cronache di un gatto viaggiatore è un romanzo tenero e caratterizzato da una levità espressiva ravvisabile sia nei dialoghi semplici, ma incontaminati, sia nella naturalezza con cui molti colpi di scena vengono inseriti tra le vicende, giusto contrappeso ad alcuni spaccati più ovvi. Il romanzo si traduce in una lettura piacevole, a tratti intensa e commovente; un’ottima parentesi letteraria che sarebbe stato un giusto testo per avvicinare anche i meno appassionati alla lettura, se non fosse stato funestato da alcune banalità di traduzione (un palese "insegnare" viene tradotto con "imparare") che non rendono giustizia a un testo straniero, e da leggerezze nell’editing che spingono ancora una volta a chiedersi a quale dignità e valore vengano attribuiti alle professioni dell’editoria.

Federica Privitera