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#PagineCritiche - I Romani? Amanti predatori

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Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell'Antica Roma
di Eva Cantarella
Economica Feltrinelli, 2015

Prima edizione: 2009

pp. 188
€ 9 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)


La storia cambia tutto tranne i sentimenti e le pulsioni: una convinzione ancora diffusa, che smentirete leggendo Dammi mille baci di Eva Cantarella, dedicato alla sessualità e ai rapporti amorosi-erotici nell'Antica Roma. Fino alla linea di demarcazione senza ritorno della diffusione del cristianesimo, i rapporti con il sesso sono sempre stati all'insegna della prevaricazione, per affermare la propria forza e la propria virilità, assecondando una sessualità predatoria, arrogante e prepotente: l'uomo romano è sempre "amante" e mai "amato", ovvero non ha mai un ruolo passivo nel rapporto, parimenti con donne o con uomini. 
Si tratta di ciò che Paul Veyne ha definito «virilità di stupro», ben riscontrabile nell'uso romano di sottomettere anche fisicamente un nemico, mai un concittadino. A questa affermazione della propria sessualità con la forza, si aggiunge quel che Cantarella definisce «etica del vanto»: i Romani amavano decantare le proprie imprese erotiche, come possiamo leggere nei Carmina Priapea del I secolo d.C. o sui muri di Pompei, in graffiti quantomeno pittoreschi. 
Anche le divinità non si sottraggono a questa logica e, anzi, la loro sessualità è ancor più aggressiva, perché il desiderio va soddisfatto a qualunque costo, anche se le donne sono contrarie (basti pensare a Marte e Rea Silvia; a Giove con Tacita Muta; al Ratto delle Sabine,...).

Ma quali sono i principali amori durante l'età romana? Innanzitutto ci sono gli amori dovuti: per la donna romana l'amore è sempre imposto, non vi sono altre forme di sentimento. C'è innanzitutto quello coniugale, perché gli uomini si devono sposare per un dovere civile e sociale, non per amore o per passione. Anche nei rapporti coniugali con mogli eccezionali che vengono raccontati da Cantarella (che riprende molti capitoli già presenti in Passato prossimo, come i casi di Lucrezia, Porzia, Arria e Turria, considerate mogli esemplari), il rapporto non è all'insegna dell'attrazione, ma della solidarietà, dell'affetto e dell'intesa. Altro amore dovuto è quello tra genitori e figli: fino ai cambiamenti del I secolo d.C., la famiglia era il luogo in cui il pater familias esercitava il potere, con pratiche che generavano spesso l'odio da parte dei figli, scatenando nevrosi e pensieri (più o meno realizzati) di parricidio (per chi volesse approfondire il tema, si veda il più recente Come uccidere il padre.

Gli amori possibili sono tali sempre e solo per gli uomini e riguardano il mondo della prostituzione, realtà diffusa e legalizzata, addirittura sottoposta a un sistema di tassazione dal IV secolo d.C. Diverso è il rapporto degli uomini adulti con i giovani, ancora rigidamente imberbi: potevano essere anche "concubini" e dividere il letto col padrone fino al matrimonio di questo; ma certamente non potevano essere di origine romana. Spesso, i prostituti erano molto ricchi e viziati, ma anche gelosi del loro padrone, come testimoniano i casi citati da Lucio Flaminino e da Valerio Massimo. Lentamente, si passa dalla convinzione lucreziana di una sessualità solo come "liberazione" di un bisogno fisico, lontana dal sentimento, al credo oraziano che l'innamoramento è possibile, e che soprattutto si può scriverne liberamente. Bisogna aspettare Ovidio per leggere una concezione piuttosto moderna di piacere, che non deve essere mai unilaterale, ma ricambiato e condiviso. 

Cosa, d'altra parte, genera una crepa nel sistema piuttosto radicato della sessualità romana? L'emancipazione femminile, a partire dal III secolo a.C., quando, durante la Seconda Guerra Punica, le donne si trovano sole a gestire i patrimoni ricevuti in eredità e, complice la loro buona istruzione, sanno cavarsela da sole e ostentano la nuova libertà. Insomma, tutte condizioni difficilmente accettabili dagli uomini di casa, che temono di essere comandati. Nell'emancipazione femminile, il terrore che le donne si sottraggano ai loro doveri, alla fedeltà e, ancor di più, alla maternità: accanto a metodi di contraccezione, sono numerosi gli aborti (anche se pare inverosimile che fossero presi con leggerezza, come testimoniato da alcune fonti).

Per cercare di regolamentare la vita sessuale e arginare quelle che i romani avvertivano come minacce sociali, arriva la legge.
Contro l'adulterio imperante si schiera Augusto, che nel 18 a.C. va contro le adultere: una legge impone l'esilio permanente su un'isola per le donne che si sono macchiate di questo crimine sociale; eppure qualcosa non va: la legge viene applicata pochissimo, sono escluse ovviamente le prostitute e le ruffiane e, per il gusto della provocazione, molte matrone romane vanno a registrarsi proprio come meretrici, beffandosi dell'imperatore. D'altra parte, Augusto aveva una figlia, Giulia, tanto famosa quanto chiacchierata per i suoi costumi decisamente liberi, o meglio libertini.
Per esporsi contro l'aborto occorre aspettare Settimio Severo e Caracalla, che tra il 198 e il 211 d.C. lo dichiarano un crimine, non per questioni morali, ma per la violazione di un diritto maschile.
Il problema di base? Molte di queste leggi, compresa la Legge Scatinia che vietava di avere rapporti omosessuali con giovani liberi, non vengono poi davvero applicate. È solo tra il I e II secolo d.C. che qualcosa cambia: la realtà circostante trasforma la famiglia in un rifugio, mentre i Romani vengono invitati alla limitazione delle pratiche sessuali e a non cadere nella prostituzione maschile (fino a giungere al caso estremo della dura Costituzione emanata da Giustiniano nel 599 contro tutti gli atti contro natura). Per quanto riguarda le donne, l'amore omosessuale è sempre stato ritenuto criminale, fin dai tempi del paganesimo.

Al termine di questa lunga carrellata di diversi amori dovuti, possibili e proibiti, Eva Cantarella propone in breve dieci celebri storie d'amore dell'antichità. Non mancano i casi di ingiustizia che, ancora una volta, confermano il trattamento totalmente impari tra donne e uomini.
Appassionante come un romanzo e accessibile a tutti, curioso e a tratti irriverente, Dammi mille baci è un viaggio licenzioso nella sessualità del mondo antico. Consigliatissimo per tirare su di morale (con un po' di pepe) chi pensa che la sessualità di oggi sia totalmente discutibile.

GMGhioni