in

#CritiComics - Costruire il futuro sulle orme del proprio passato

- -
La generazione
di Flavia Biondi
Bao Publishing, 2015

pp. 144 
15,00€ 

Ingozzarsi non è mai la soluzione per godere di un buon piatto. Prenderne un cucchiaio alla volta, masticando lentamente e lasciando che le papille gustative assaporino tutti gli aromi, permettendo agli ingredienti di rilasciare tutte le loro essenze e di penetrare nell’organismo. Questo il vero godimento. La vita è un po’ come un fenomenale piatto di spaghetti ai ricci, va gustato poco alla volta. La degustazione della vita, tuttavia, è più accidentata di quella di un primo piatto. Può capitare ciò che è successo a Matteo: ingozzarsi di nuove esperienze, lontano da una paesino provinciale e in una città bella e stimolante come Milano, per seguire l’amore della propria vita di cui papà Danilo non capisce l’importanza, è di gran lunga più piacevole che fare un passo alla volta. 


Tre anni dopo, però, tocca fare i conti con questa abbuffata di sentimenti e correre ai ripari. Tornare a casa, ammettere di aver sbagliato a gettarsi anima a e corpo per riunire i cocci della propria esistenza. Chissà, magari riempiendo con l’oro i vuoti tra le crepe così come fanno i giapponesi. Ma Matteo non si illude di certo. Come tornare da un padre che per tre anni non ti ha cercato e che tu in prima persona non hai sentito il bisogno di incontrare? Ripiegare sulla zie e la nonna sembra la soluzione più semplice. Lì, in una quotidianità nuova ma al tempo stesso vecchia, il giovane ritroverà l’appetito della vita.
Alle volte è necessario stringere i denti e strozzarsi il cuore per gustarsi un pezzo di vita.
Flavia Biondi ci restituisce nelle tavole de La generazione la familiarità di quelle cose semplici che spesso vengono dimenticate; la lettura del suo graphic novel riesce con delicatezza e gioia a far entrare nella dimensione intima di una famiglia come tante, eppure preziosa e unica come lo sono tutte in fondo. Le tavole sono ordinate, il tratto nitido ma al tempo stesso dotato di un bel realismo variegato: immancabili delle bellissime splash page, evocative e suggestive più di quanto non lo siano mille vignette di dialoghi.  


Una storia ben scritta, con un linguaggio vicino al parlato fiorentino che avvicina il contenuto al suo protagonista e ai suoi lettori. Ben scritta è anche la sceneggiatura, attorcigliata in un vortice che partendo dal singolo, il giovane Matteo deluso dalla vita, insicuro e insoddisfatto delle proprie scelte, vergognato dalla propria condizione e intimidito dal futuro, si evolve pagina dopo pagina verso una coralità di protagonisti che lentamente si svelano nella loro storia individuale, trattata con levità e ironia. La giovane cugina Sara in attesa di un bimbo che non conoscerà mai il padre, la zia C, mamma di Sara, ragazza madre illusa da un ricco uomo che aveva promesso di cambiarle la vita, la dura zia B, brutale nella corazza ma dal cuore tenero, la nonna che non parla con la scellerata figlia e che si rivolge a lei per mezzo di altri pur sedendo sullo stesso divano, la dolce Zia Antonia, tenera vedova di un marito modello di rettitudine.  

Dalle loro storie si torna a Matteo: proprio grazie alla consapevolezza che ogni generazione ha avuto le sue difficoltà ma la capacità di risorgere dalle ceneri di sogni infranti, riesce a fare pace con se stesso e, quindi, anche col padre tanto odiato (la figura di papà Danilo è quella che avrebbe meritato, forse, una trattazione più approfondita; ma va bene così, perché affascina tanto la figura di un giovane che acquisisce consapevolezza di sé in mezzo a tre matrone). 

Come dice Alden Albert Nowlan “Il giorno in cui il bambino si rende conto che tutti gli adulti sono imperfetti, diventa un adolescente; il giorno in cui li perdona, diventa un adulto; il giorno in cui perdona se stesso, diventa un saggio”: il futuro di Matteo parte proprio dall’accettazione di sé.

Solo in questo modo ogni mela che cade dall’albero sarà in grado di vivere in maniere piena la propria esistenza. Nessuno ha detto che sia semplice. Nessuno ha detto che ci si riuscirà per forza. Perché, allora, non assaggiare un boccone alla volta?


Federica Privitera