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Nell'America del Ku Klux Klan con Marco Missiroli

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Bianco
di Marco Missiroli
Guanda, 2009

pp. 225
€  14.50 (cartaceo)



Quale dio crea una pelle scura? Quale dio unisce il bianco e il nero nella carne e nell'amore? Il Verbo di quel dio è Verbo? Non può essere che demonio. Moses fissò la finestrella, l'acqua era un ragno che colava sul vetro. O Signore dammi la forza.
Siamo in un'America del Sud lontana, dove non ci si meraviglia di essere razzisti ma, anzi, ci si meraviglia del contrario. In un paesino sperduto, il signor Moses e il suo canarino William osservano l'arrivo dei nuovi ospiti della casa di fronte: per prima, una donna bianca, del Nord, affascinante e sottilmente seducente. Moses, solo dal momento della morte della moglie Judith, spera che quella donna, Gladys, sia l'unica erede della casa. Invece, la raggiungono il figlio e il marito che, con sgomento di Moses e dei vicini, sono di colore. Il "nero" in quella zona dell'America è stato sempre scacciato e, anzi, cacciato: sì, Bianco ha al centro il conflitto razziale con il Ku Klux Klan, di cui Moses è un insospettabile capo. 

Qualcosa, tuttavia, entra in conflitto con il desiderio di liberare il paese dagli "infedeli": Moses è terribilmente solo, e quel bambino di sei anni ha tutta la sfacciataggine di chi è amato e vuole essere amato anche dagli altri. E in quella famiglia si amano tutti, di un amore che Moses ha provato sulla sua pelle, finché Judith gli è stata accanto. E poi c'è Miss Betty, la suocera di Gladys, donnone di colore che ha sperimentato il Sud anni prima e conosce bene il trattamento riservato ai neri. Lei ha vissuto come schiava, e ora il cancro la sta spegnendo, ma non spegne la sua voglia di danzare, di ascoltare ottima musica. Di vivere, insomma. 
Dunque, cosa fare? Moses si trova a rivivere una vicenda di quando era ragazzino, la storia che lo legava a doppio filo a un "insolente" di colore, che inseguiva incuriosito dalla sua corsa rapidissima e leggera, dalla sinuosità del suo corpo e dall'abilità nella pesca. Moses lo osservava di nascosto, sia ben chiaro, perché il padre non avrebbe mai approvato, lui che era uno dei capi del clan e che aveva disarticolato e straziato tanta gente di colore. 
Mentre queste storie riaffiorano nella memoria sofferente di Moses, perennemente accompagnato dal fantasma della moglie Judith, la famiglia di Gladys fa di tutto per stringere rapporti cordiali col vicinato. Anzi, il piccolo si intrufola di continuo in casa di Moses, nonostante la ruvidezza del vecchio. Riuscirà il vecchio a restare fermo nelle sue posizioni, quando Gladys con molta fiducia gli affida il bambino e le chiavi di casa, per sorvegliare la malata Miss Betty? Perché anche Miss Betty, che vede e conosce benissimo certe ronde sanguinarie nel corso della notte, ha la stessa determinazione di Moses e intende salvare la famiglia. 

Sulla scia di questi fatti, raccontati dal punto di vista di Moses, tra passato, presente e ricordo, si snoda uno dei migliori romanzi degli ultimi anni, in cui capacità narrativa e stile si intrecciano meravigliosamente. Accanto al tema razziale, l'incredibile fiotto di insicurezze e interrogativi, i rimpianti e le ipotesi, i ricordi e l'idea stessa di amore. Insomma, Bianco è un romanzo sulla vita, la indaga con toni quasi voyeuristici, pare una grande e commossa confessione di chi, anziano, si rimette in discussione, suo malgrado. 
La vecchiaia e la morte, poi, accompagnano il rumore del fiume che attraversa il paese, dove il cimitero è teatro degli orrori, ma anche memento perenne, consapevoli che «le tombe allungano la distanza, la fanno eterna e senza oblio».
Spiace non rivelare altro, ma è un romanzo che va assaporato in solitudine, con un blues di sottofondo o la voce del fiume, appunto, che ricorda come tutto scorre, anche la Storia. 

GMGhioni