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Meridione, razzismo e disinformazione: "Lombroso e il brigante" di Maria Teresa Milicia

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Lombroso e il brigante. Storia di un cranio conteso.
di Maria Teresa Milicia
Salerno Editore, 2014


12.00




Maria Teresa Milicia è una professoressa di Antropologia culturale dell'Università di Padova, ma è anche una calabrese che non ha mai perso il contatto con la propria terra. Il suo ultimo lavoro, un buon compromesso tra la divulgazione e la ricerca, prende spunto da un dibattito ormai quinquennale, nato su carta stampata e poi proseguito sul web. A partire dal 2009 la riapertura del museo "Cesare Lombroso" a Torino ha infatti sollevato una selva di polemiche da parte di movimenti meridionalisti e neoborbonici, scatenati contro la scelta di dedicare uno spazio pubblico alla figura di uno scienziato da sempre additato come "nemico del Sud". Al centro delle polemiche la decisione di esporre il cranio di Giuseppe Villella, calabrese di Motta Santa Lucia morto in carcere e sospettato di brigantaggio, lo studio del quale fornì a Lombroso l'idea che lo avrebbe portato a fondare l'antropologia criminale, e a diffondere in tutta Europa le celebri tesi sull'Uomo Delinquente come tipo umano biologicamente determinato.
Il libro della Milicia offre al lettore uno sguardo documentato e imparziale sulla questione. Unico obiettivo polemico è la disinformazione dei detrattori di Lombroso, colpevoli di ripetere notizie non verificate e di diffondere sul web ricostruzioni erronee e unilaterali del pensiero del celebre antropologo, alimentando così facili (ma inutili) moti di indignazione. Il testo si apre con una lunga e dettagliata ricostruzione della vita di Villella, frutto di una ricerca originale e accurata, e prosegue con una efficace contestualizzazione del pensiero lombrosiano. Ne emerge l'immagine di uno scienziato colpevole di ambizione e di alcune incongruenze teoriche, ma mai dominato da intenti discriminatori nei confronti dei popoli meridionali.

Il testo della Milicia è utilissimo per prendere confidenza con alcuni termini ricorrenti nel dibattito antropologico ottocentesco, e che sono fondamentali per comprendere il tempo in cui Lombroso discuteva le proprie ricerche. Dispute come quella sull'atavismo rappresentano icasticamente un'epoca in cui la scienza e la società correvano su binari decisamente diversi da quelli odierni; la Milicia conduce così il lettore in un affascinante viaggio attraverso un entusiasmante capitolo della storia della scienza, mostrandogli quanto l'errore sia necessario alla verità e proteggendolo dall'anacronistica faciloneria degli indignati a tutti i costi.