in

Amore&co.

- -
David Herbert Lawrence

L'amante di Lady Chatterley


1928

380 p. ca.


Siamo all'inizio del Novecento, in una Inghilterra vittoriana e fortemente impostata, legata all'etichetta. L'argomento sesso è ancora un tabù imprescindibile e con esso qualsiasi effrazione del bon ton, a maggior ragione in mezzo ad una borghesia desiderosa di ascendere la scala della popolarità ed accarezzare la dea cagna del successo (definizione dell'autore). Una società descritta, contemporanea a Lawrence, che ha perso il suo più genuino istinto vitalistico per prostituirsi alla fama ed al denaro, rimanendo chiusa nell'ambito delle proprie vedute. Una intera Inghilterra, ed aggreghiamoci anche l'Europa, incapace di apprezzare ed accettare così com'è la profonda critica di Lawrence e del suo "Lady Chatterley's lover" al punto da proibirlo più o meno fino agli anni '60. In realtà, all'ombra del XXI sec., c'è ben poco da gridare allo scandalo nelle descrizioni dettagliate dei rapporti sessuali tra Connie, ovvero Lady Chatterley, ed il suo amante, il guardiacaccia Oliver Mellors. Tanto più che in essi non c'è niente di volgare, ma anzi riescono ad tratteggiare con una certa completezza ciò che è più di una mera funzione biologica, con una perfetta consapevolezza dello spirito di ciò che fa il corpo. In alcune note, pubblicate nelle migliori edizioni insieme al testo, intitolate "Apropos of Lady Chatterley's lover" Lawrence si scaglia contro due generazioni di uomini, ognuna convinta delle proprie ideologie, ossia la sua, quella nata a cavallo tra '800 e '900, e quella nuova degli anni '30 amante del jazz e della spregiudicatezza immotivata. La prima è figlia di secoli di una vita sessuale perseguita in maniera meccanica e meccanicistica, senza che lo spirito fosse realmente consapevole delle dinamiche del corpo in cui albergava. E da ciò ne deriva uno status di noioso dovere relegato all'atto sessuale privo di ogni comprensione e nella maggior parte dei casi deludente. E' il corpo, ricorda Lawrence, che prova sensazioni e le trasmette alla mente, essa non fa che riconoscerle. L'uomo contemporaneo è come se, in un gioco di specchi, dalla cintola in giù riflettesse ciò che ha dalla vita in su, cercando di surrogare i suoi istinti a lui incomprensibili con una razionalità triste e mortifera. Allora qualsiasi emozione, qualsiasi sentimento sarà semplicemente contraffatto e sintetizzato dalla mente, mutilati come si è del proprio ventre e della sua radicata fisicità. "E cadere su un ventre che si dà da fare, e pancia a pancia incollare cosce a cosce" disse il lirico giambico Archiloco (VII sec. a.C.) in un frammento, non disdegnando in altri una concezione considerata più elevata e meno volgare dai critici contemporanei. Ma non sono altro che due facce della stessa medaglia, in cui l'amore carnale non può prescindere dalla "corrispondenza d'amorosi sensi". E' da bigotti, ribadisce lo scrittore inglese, associare il sesso al peccato ed alle infedeltà, facendo finta che esso sia semplicemente assente dall'ambito del matrimonio. Da qui la genuina mentalità popolare ha coniato il detto "il matrimonio è la tomba dell'amore" e qualche anno fa' Caparezza ha scritto la canzone "Felici ma trimoni" (ndr: "trimone" è un termine dialettale dell'hinterland barese che indica sia una persona non particolarmente intelligente che l'atto della masturbazione). Attenzione che, seppure con sensibili differenze, tutto questo accade ancora nella società contemporanea. Nella realtà letteraria, questa prima categoria di dolce stil bigotto è simboleggiata da Sir Clifford Chatterley, paraplegico e cosiddetto cornuto ai fini della narrazione. La seconda generazione a cui Lawrence allude, portata letteralmente alla ribalta da Bertha Coutts, prima moglie di Oliver Mellors, è turbinosa ed impulsiva e pensa il sesso in termini di biancheria intima e di piacere fine a se stesso, dal nome autoreferenziale, incapace di sintetizzare con la mente ciò che sente con il ventre. Da qui nasce una ricerca esagerata dell'altro sesso, che paradossalmente mette in risalto l'asessualità dell'individuo indotto a spogliarsi (Lawrence parla in un'epoca in cui gli abiti corti erano malvisti) perché inabile ad esprimere una propria sessualità che esuli dalla nudità del corpo. E qui siamo già molto più vicini alla spregiudicatezza della generazione del 2000. Il risultato? Un guazzabuglio di emozioni vere e contraffatte che impediscono la naturale armonia tra corpo e spirito, con la prevalenza di uno o dell'altro. Nel mezzo però di queste due concezioni ed anche della narrazione l'autore ricama la relazione adulterina tra Connie ed Oliver, enumerandone le dolcezze, senza banalità e volgarità di alcun tipo, avvicinando le parole alla vera sostanza delle cose. Il testo quindi si presenta abbastanza monotono e statico per le prime cento pagine, per poi ravvivarsi e chiudersi vorticosamente non con un lieto fine (a Lawrence interessa il dibattito, non una sua improbabile conclusione), ma con la speranza di esso e la rivelazione del vero amore al mondo esterno. Tutto ciò impreziosito da frequenti excursus di carattere etico e morale, messi in bocca ai personaggi quando non espressi direttamente dall'autore. Stupende, infine, le parole dell'ultima lettera di Mellors, che fa uso a distanza, dei nomignoli della loro intimità: "John Thomas augura buonanotte a Lady Jane, un po' a capo chino ma col cuore pieno di speranze".

Adriano Morea