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#CriticaNera. L'ossessione della verità: "Per tutto l'oro del mondo" di Massimo Carlotto

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Per tutto l'oro del mondo
di Massimo Carlotto
Edizioni E/O

Donna di jazz. Quando avvicinava le labbra rosse al microfono per attaccare Good Morning Kiss trattenevo il fiato per godermi ogni singolo istante. (6)
L'incipit di Per tutto l'oro del mondo proietta il lettore dentro le note che lo accompagneranno nella lettura del centinaio di pagine che seguono. Una donna e il jazz. In realtà Massimo Carlotto confonde le acque: la scena fa riferimento a un classico caso di corna, solo che l'amante finirà con l'essere proprio l'Alligatore. Questa pagina è infatti isolata dal resto del romanzo con l'artificio del prologo e avverte il lettore: tutto quello che succederà da qui in poi ha una colonna sonora che tu lettore devi avere bene in testa, una colonna sonora che ha il volto di una donna che canta blues in un locale della provincia veneta, il Pico's Club. Una donna che Marco Buratti deve sorvegliare e di cui finirà per innamorarsi, inevitabilmente come un fiume che sfocia nel mare.

Verso la fine del prologo, ecco che l'autore inizia a dare i primi segni della nuova indagine dell'Alligatore. Siro Ballan, un criminale che affitta la sua proprietà ad altri criminali che hanno bisogno di riunirsi in un luogo sicuro e arrotonda facendo il liutaio, vuole vedere Buratti. In realtà non è lui a voler conferire con l'Alligatore, ma Nicola Spezzafumo, meglio conosciuto come Nick l'orafo, attivo nel settore del contrabbando di preziosi, in particolare oro.
Il caso per Buratti è semplice solo a parole: trovare mandante e assassini della strage in cui due anni prima persero la vita Gastone Oddo e la sua governante, mentre la moglie e la figlia dell'uomo si salvarono perché erano a una recita della parrocchia. L'Alligatore non coglie il nesso tra Oddo e Spezzafumo, il quale non perde tempo a spiegarglielo: erano partner commerciali, anzi, Oddo era il datore di lavoro di Nick l'orafo e della sua banda.
L'Alligatore, inizialmente riluttante, accetta il caso. Non è tanto interessato a riportare giustizia, la morte di Oddo, un piccolo boss di provincia, è anche qualcosa che rientra nelle regole del gioco. No. La sua ossessione è la vittima innocente, la governante, che è madre di un bambino ora in affido agli zii. E andrà dal piccolo, Buratti, per farsi formalmente assumere proprio dal figlio della vittima e quindi lavorare sul caso con la coscienza a posto.
L'Alligatore non si risparmia e onorerà l'impegno preso con il piccolo bambino fino a trovare l'assassino di sua madre. Che non solo l'ha uccisa, ma prima l'ha pure violentata. Il cuore criminale dell'Alligatore non può tollerare la barbarie e la violenza gratuita. Non può sopportare l'ingiustizia e deve assolutamente arrivare alla verità. Questa la vera e definitiva ossessione di Marco Buratti e dei numerosi investigatori che popolano le pagine del noir contemporaneo. Perché anche un criminale come l'Alligatore ha un suo codice etico che forse viaggia su binari diversi da quelli su cui viaggia la coscienza morale di un commissario alla Montalbano, ma alla fine persegue lo stesso obiettivo: inondare di luce la parte più oscura dell'animo umano.
Per concludere questa breve recensione e rimandare il lettore all'intervista a Massimo Carlotto pubblicata pochi giorni fa su queste pagine [LINK], non resta che andare all'ultima pagina di Per tutto l'oro del mondo, quando, a caso ormai risolto, Giorgio Pellegrini si mette in contatto con l'Alligatore per assumerlo in una nuova impresa: trovare gli assassini di Martina e Gemma, i due personaggi femminili che hanno solcato le pagine de La banda degli amanti. L'Alligatore è a un bivio e ben presto capisce che quella di Pellegrini è una trappola, che ancora una volta quell'uomo «è il perno di un oscuro meccanismo criminale» (120). E che è giunto il momento di mettere fine alla sua meschina parabola vitale una volta per tutte.