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#taoyouth2015: Marco Missiroli, "Atti osceni in luogo privato"

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Atti osceni in luogo privato
di Marco Missiroli

Feltrinelli, 2015



Se è vero che il sesso è «l’ultimo mito dell’Occidente», Atti osceni in luogo privato sembrerebbe indubitabilmente al passo coi tempi. Peccato che il nuovo libro di Marco Missiroli non parli di sesso. Nonostante l’accattivante copertina (una fotografia di Erwin Blumenfeld, garbatamente erotica) e l’ancor più ammiccante calembour del titolo, il romanzo deluderà i catalogatori seriali di casi letterari, già pronti ad inventariarlo nel contenitore dell’autofiction italiana di indirizzo tardo-pasoliniano (la pornografia engagé di Siti o Nove). A Missiroli non interessa l’atto sessuale come metafora della standardizzazione capitalistica del corpo (la “magnifica merce” sitiana), ma l’idea un po’ naif dell’eros come spazio astorico di esercizio della propria sovranità (per parafrasare il titolo, gli atti osceni sono il luogo privato, il rifugio in cui l’uomo ricorda di essere libero). Il suo naturismo, però, è tutt’altro che ingenuo: il Bildungsroman del protagonista è un viaggio iper-letteraturizzato nella biografia (ma soprattutto nella bibliografia) del lettore medio cresciuto a pane, Sessantotto ed esistenzialismo francese. 


Con uno stile che abbandona Proust solo per qualche visita di cortesia a Zola, Missiroli realizza una ricognizione affettuosamente spietata che non trascura i cliché e le velleità pseudo-intellettuali di una generazione affetta da sartrismo (una nuova declinazione del bovarismo, con una svenevole passione per cinema fumosi, caffè letterari e trasgressioni squisitamente borghesi). Purtroppo, il cocktail di nostalgismi e autocritica, in letteratura, è rischioso, e Missiroli non riesce sempre ad esimersi da vistose sbronze sentimentalistiche e aforismi da cartolina patinata (Midnight in Paris di Woody Allen, per intenderci). 

A curare l’onanismo (scontatamente) edipico del piccolo Libero Marsell, intercederanno una serie di deliziose Beatrici radical chic (Marie, Lunette, Frida, Anna), in un circuito di legami interpersonali carburati da consigli libreschi e “alchimia della carne”(p. 51); un’educazione sentimentale tra copertine e coperte, insomma. Il microcosmo fiabesco di Missiroli si connota come un territorio rigidamente matriarcale, nel quale anche i personaggi maschili stabiliscono una comunicazione con Libero soltanto sulla base dei loro rapporti con il gentil sesso (fratelli, fidanzati, amici con cui confrontare progressivamente le tappe della rispettiva quête picaresca nel regno di Venere). Il difetto di questo stile soffuso, sempre in bilico sul ricciolo dei suoi arabeschi, è quello di rivestire la nudità dell’eros rifasciandola con la sottoveste della letteratura, in una sorta di compensazione freudiana (una scena di sesso in cambio di un dialogo cortese su Kundera) che ingentilisce l’osceno educando Sade al Galateo delle buone maniere. 

Un suggerimento a questa prosa elegantemente sbiadita? Seguire di più i consigli dei suoi stessi protagonisti, Libero e Lunette: «togliere energie alle parole per darle ai sensi» (p. 91). 

Chiara Portesine


Questa recensione di Chiara Portesine è vincitrice della prima edizione del contest letterario Taoyouth (sezione A), aperto agli allievi delle scuole di eccellenza italiane e nato da una collaborazione di CriticaLetteraria con la Scuola Superiore di Catania e la sua associazione Alumni, la Rete degli Allievi degli Rete Italiana degli Allievi delle Scuole e degli Istituti di Studi Superiori Universitari e il festival letterario Taobuk di Taormina. La ospitiamo con piacere sul nostro blog, felici di dare spazio a penne giovani che vogliono dar voce al loro senso critico e, soprattutto, al loro amore per la bella letteratura. - Laura Ingallinella