in

"Balcani", il felice esordio di Alessio Parretti

- -
Balcani
di Alessio Parretti

formato cartaceo 176 pp., 10 Euro
formato elettronico 89 pp., 3 Euro

acquistabile solo online




Mostar, Srebrenica, Tuzla, Sarajevo. Nomi di città che oggi dicono poco o niente, ma che nei primi anni Novanta risuonavano quotidianamente nei telegiornali al pari di Kabul, Herat o Aleppo ai giorni nostri. Come oggi, anche allora un'Italia indifferente e distratta ascoltava i racconti degli inviati, che descrivevano la carneficina che si consumava a poche centinaia di chilometri da casa nostra.

La guerra, anzi le guerre combattute nelle ex Repubbliche Jugoslave furono in realtà una serie infinita di massacri ai danni delle popolazioni civili soprattutto in Bosnia, dove maggiore era la convivenza (forzata) fra popoli di etnie e religioni diverse. Una sequela di stragi, torture e altri orrori perpetrati nel cuore di un'Europa le cui istituzioni rimasero a osservare passivamente - talvolta forse di proposito - nell'assoluta incapacità di fermare scontri violentissimi ed episodi di sconcertante ferocia (stupri di massa, uccisioni di bambini, deportazioni) in cui ebbero un ruolo preponderante le milizie irregolari appartenenti alle diverse fazioni in lotta, costituite da elementi reclutati nelle bande criminali o addirittura tra gli ultras delle tifoserie calcistiche organizzate.
Quello che né l'Europa né l'ONU riuscirono a impedire - ma non ci fu peraltro un impegno particolarmente degno di nota - fu lo smercio nei territori bellici di tonnellate di armi e di droga, vero e proprio business miliardario che permise il mantenimento ben oltre l'attivo dei bilanci delle industrie, legali o meno, di entrambi i settori.

E proprio nella Sarajevo bombardata dai Serbi si svolge "Balcani", opera prima di Alessio Parretti, romanzo che trae le origini da un racconto pubblicato sul blog dello scrittore.

"Balcani" è un romanzo corale, in cui si mischiano frammenti del diario di un giovane bosniaco arruolato nella resistenza e i ricordi e le riflessioni di tre ex soldati dell'Esercito Italiano, commilitoni ai tempi della missione UNPROFOR in Bosnia. Le storie dei protagonisti si sviluppano lentamente e mano a mano si collegano l'una con l'altra, al pari di un mulinello che conduce i diversi elementi narrativi verso un unico, triste punto di raccolta.

Amir Osmanović è uno studente di ingegneria che nella Sarajevo assediata dai Serbi del generale Mladić cerca di sopravvivere ai bombardamenti, ai cecchini e alla mancanza di cibo e di qualsiasi altra cosa. Sarà il suo diario a costituire il filo conduttore della storia, dando un senso profondo e definitivo agli eventi che affioreranno successivamente dalla memoria dei tre militari italiani.

Gli ex caporali Parisi, D'Amato e Capasso sono invece alle prese con il fardello dei ricordi, diversi ma angoscianti in tutti e tre i casi. La guerra, infatti, non ha sporcato solo Amir che l'ha vissuta direttamente, ma subdolamente si è insinuata anche nelle menti e nei corpi di chi non ha partecipato al conflitto ma è intervenuto successivamente con il compito di stabilizzare la situazione e garantire la tregua fra le parti in lotta. Cosa difficile,sia detto per inciso, quando la guerra è, in realtà, un "tutti contro tutti" e vi sono in gioco interessi politici ed economici incalcolabili.

Ottantanove pagine - nella versione digitale - da leggere in un fiato: forse non sono moltissime, ma Parretti è davvero bravo a condensare in esse tutto ciò che può essere raccontato. Una narrazione amara, dolente, che non lascia spazio alle illusioni ma che non cade mai nei luoghi comuni o nell'autocompiacimento. I personaggi non sono stereotipati, nulla vi è di banale e la violenza terrificante di quel conflitto viene rappresentata, benché realisticamente, senza la minima insistenza morbosa.

Un esordio eccellente quindi, un autore che scrive dopo essersi documentato puntualmente negli archivi storici e che evita i tranelli dell'interpretazione degli eventi. In "Balcani" non vi è divisione tra buoni e cattivi, nessuno è esente da colpe e la cattiveria umana è ubiqua e onnipresente, persino in coloro che dovrebbero costituirne l'argine. L'umanità devastata descritta così bene in questo romanzo è specchio del reale, icona spietata ma proprio per questo ancora più vera.

Stefano Crivelli