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Nell'intimo macabro di "Frana": 23 racconti di Laura Scaramozzino per Revolver

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Frana
di Laura Scaramozzino
Revolver, ottobre 2025

pp. 168
€ 14 (cartaceo)

Mi piace l'ossessione di Paolo Sorrentino per le case degli sconosciuti e quel prurito che porta a scivolare verso le vite degli altri. La verità è che non si sa mai cosa succede nelle case degli altri, avverte la Baronessa in È stata la mano di Dio (Sorrentino, 2021), invitandoci alla cautela: guardare dentro le case altrui significa esporsi al rischio di ciò che potremmo trovare.  

La gente ha cose strane in casa. Cose vive e pericolose. (p. 152) 

È partendo da questo monito che dobbiamo approcciare Frana, raccolta di racconti di Laura Scaramozzino, pubblicata da Revolver, che ci trascina in un piano intimo macabro, di territori emotivi decomposti. Scopriamo infatti personaggi nell’attimo in cui l’argine si rompe o nei giorni immediatamente successivi, quando il trauma ha già scavato un solco impossibile da colmare. Frana quindi è da intendersi non come sostantivo, ma come verbo: vite che franano, identità che cedono, relazioni che scivolano fuori controllo

L’atmosfera ferale attraversa queste ventitré narrazioni – sedici in prima persona, sette in terza – intessute di promiscuità sessuale, incertezza affettiva, sadismi più o meno espliciti, madri asettiche, uomini-lupo, figure in bilico tra tenerezza e violenza. Al nucleo tematico della “casa degli altri” come luogo a cui ci si introduce a proprio rischio, si accompagna quello della morte come abbandono, come peso lasciato ai vivi: chi muore libera spazio; chi resta si muove tra rovine emotive, rimpianti e colpe. Frana è quindi un testo sulle perdite e sul desiderio deformato, sull’intimità che si sfalda come intonaco umido, e mette il lettore di fronte alle crepe dell’umano, alle sue parti più vulnerabili. 

È una raccolta perturbante, quindi, ma attraversata da sprazzi di humour nerissimo, favorito da una prima persona, in particolare, affilata e tortuosa: un filo di lama che incide l’interiorità dei personaggi. La terza persona, impiegata soprattutto nei racconti conclusivi, allarga il respiro ma mantiene un fondo di cupo fatalismo. Laura Scaramozzino lavora la lingua con precisione geometrica: ogni frase è calibrata per restituire angoscia, malinconia, presagio di pericolo; non cerca lo shock gratuito, ma una persistenza emotiva che rimane addosso come un odore difficile da lavare via.

I racconti sono variegati ma ciclici nelle loro ricorrenze tematiche. Il testo d’apertura introduce un gioco bizzarro – l’apocalisse – che mette in moto un meccanismo di evaporazione sociale, come se i partecipanti scivolassero fuori dal mondo.  

La moglie del mio amico sorrise e ci disse: "Questa è la settimana del baffi. Vogliamo capire cosa si provi, portandoli". (p. 9) 

"Finché le cose non si saranno messe a posto, giocheremo tutti all'apocalisse per un po'" (p. 11) 

Il secondo testo avvicina una donna e un uomo intrappolati in una dolcezza malinconica: emerge il desiderio, ma come forma di consolazione, forse resa.

Nel terzo racconto, il lutto si intreccia a una mancata gravidanza. Il tema dell’abbandono traumatico emerge con spietatezza; la vasca – elemento chiave del racconto – trova eco nella copertina.

Mia madre mi ha lasciato una ruga in mezzo alla fronte. E altre cose che non contano più niente. (p. 24) 

Ho trovato molto interessante il quarto titolo, che riguarda la bizzarra gestione della salma di un animale domestico. Anche qui torna il desiderio: in questo caso, quello di portarlo al mare. Si tratta di un testo che tocca picchi di grottesco e disperazione. 

Senza dà il titolo al quinto racconto, che restituisce con chiarezza il senso di assenza e mancanza della raccolta. 

Mi è piaciuta la strategia narrativa del settimo titolo, in cui l'autrice gioca col lettore, depistandolo, facendogli credere ciò che non è. Se la scrittura narrativa è atto di seduzione di chi scrive nei confronti di chi legge, possiamo affermare che questo racconto sa come intrappolare.

La seduzione torna nel racconto numero otto, che riguarda una ragazza che si prostituisce con una donna più adulta. Il racconto traccia un rapporto repellente con abilità, lasciandoci avvicinare a sensazioni disturbanti. 

Anche io sono schifosa. Perché qualche volta mi piace. (p. 49) 

Si torna poi al senso di abbandono: questa volta, si sfocia in deriva omicida (nono racconto). L'undicesimo racconto è quello che dà il titolo alla raccolta e tratta i teneri ricordi di un incontro amoroso con un serial killer chiamato Il mostro. Il quindicesimo invece rievoca Bones and All (Guadagnino, 2022) e la logica cannibale per cui si mangia la vittima per possederla del tutto.

"Se ti mangio, non mi lascerai mai. Starai sempre dentro di me". (p. 101)

In conclusione, Frana è una raccolta che inquieta senza compiacersi, scava senza distrarre, e lascia il lettore con la sensazione sottile che la frana, prima o poi, possa riguardare anche lui. Ogni racconto è un punto di cedimento dove l’intimità diventa terreno instabile. Il valore del testo sta nella capacità di trasformare il quotidiano in zona di pericolo, mostrando come le case, i corpi e le relazioni possano diventare luoghi di collasso emotivo. 

Daniele Scalese