di Carlo Lei
Revolver, giugno 2025
Fissando gli scomparti vuoti mi sono chiesto quanti giorni erano che non mi capitava di pensare a lei, e come chiamare questo tornado che mi è entrato in casa come un fantasma, se è qualcosa che ancora esiste o no. Se la normalità della mia vita è con Carmela dentro, o con l'assenza di lei. (p. 39)
Nella foto non si vede, ma a quest'età ha i lineamenti acerbi, non si sa se diventerà bella, nemmeno io lo so. (p. 11)
I suoi quadri rappresentano animali, sempre appostati in attesa di qualcosa. (p. 12)
Non capisco cosa sia questo amore, come funzioni, non è attrazione, non è stima, non è desiderio, assomiglia a un senso d'invidia, di autodifesa. (p. 101)
"È finito il tempo di guardarsi dentro, devi guardarti fuori. Dico davvero, è matematico. Sennò ti manca proprio la materia prima da interiorizzare. La diamo un po' un'occhiata a quest'aria nuova che c'è attorno?" (p. 30)
La ricerca di Carlo è quindi duplice: mentre affronta Carmela, affronta se stesso, il suo rapporto col fallimento, la mediocrità, la scrittura come mezzo espressivo raramente appagante e quasi sempre frustrante.
Perché solo con lei mi sento così impotente, così indecentemente smascherato da ricominciare ad avere paura di tutti gli altri? Nemmeno troppo ai suoi occhi: smascherato ai miei. (p. 65)
Per Carlo infatti la scrittura non è mai galvanizzante, ma rappresenta una fuga sottaciuta, spesso castrata e sconclusionata. Ne comprendiamo il modo in cui si imbatte in lei, nel processo creativo, nel dramma del compromesso a cui quasi ogni artista ormai tende - quello di mettere insieme ambizione artistica e vita di tutti i giorni, fatta di lavori che non restituiscono niente.
Se non scrivi, non solo quando muori sei morto, ma quando vivi non vivi. (p. 58)
Guarda che mica è un film, che uno cova il grande genio mentre vive sereno il quotidiano, e poi scoppia come una cosa naturale, un fiore. T'hai a scuntrà giorno per giorno con la mediocrità. (p. 79)
"Vuoi leggerlo? Ti prego, non è troppo lungo, sono novanta cartelle corpo undici. Ho bisogno di condividere con qualcuno questo figlio che aggio fatt' e parturit' i' da sola, mi sento che tutti dovrebbero amarlo come lo amo io. (p. 62)
Carlo e Carmela si lasceranno, torneranno insieme, avranno altre relazioni, ameranno molto.
Ma cosa resta tra queste due persone? Ed è Carmela a chiederselo, finché pone l'interrogativo proprio a Carlo: che ne ricava da quel rapporto, cos'è che sta cercando lui da lei, se un'approvazione, magari una legittimazione a far parte di un mondo artistico riconosciuto e rispettato, distante dal dimenticatoio degli artisti misconosciuti.
Ma tu ch' vvuo da mme? (p. 75)
Felliniano nella ricerca di significati esistenziali connessi alla professione dell'artista e Starnoniano nelle descrizioni meticolose e ossessive di Carmela, verace, orgogliosa, incontenibile, Leggermente mossa è in definitiva un testo intenso, travolgente, doloroso, che si concede passaggi ironici ferocissimi e momenti di tenerezza rivelatoria, fino a un grande e inaspettato finale.
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