di Bothayna Al-Essa
Astoria, aprile 2025
Traduzione di Serena Daniele
pp. 320
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Bothayna Al-Essa è un’autrice nata in Kuwait, dove vive e lavora come libraia, editrice e insegnante. Impegnata nella difesa della libertà d’espressione, ci regala con il suo romanzo La biblioteca del censore di libri una critica lucida e feroce alla censura.
Il romanzo è ambientato in una società anonima, dove case uguali, burocrazia capillare e assenza di elettricità dopo il coprifuoco trasformano la vita in una parodia dell’esistenza. Il protagonista senza lavoro accetta, seppur controvoglia, l’incarico di Censore: all’inizio l’uomo soccombe alla retorica ufficiale del potere ed è convinto di svolgere un compito necessario, ovvero difendere lo Stato e il sistema dalla pericolosità dei libri, che a suo dire risultano organismi minacciosi, capaci di “ascoltare, mordere, moltiplicarsi” e avvelenare il mondo.
I primi libri che gli avevano dato erano molto semplici. Avevano titoli del tipo: Le lacrime di una donna, Il tuo cuore è mio, Perché ti amo, e tutti gli davano l’acidità di stomaco. Si chiedeva se invece non sarebbe stato meglio proteggere l’umanità dalla noia e arginare quell’ondata di sentimentalismo che travolgeva il mondo, all’insaputa di tutti. Ultimamente, ogni volta che leggeva la parola “confessione” o “anima gemella” o “scintilla”, sentiva un prurito e iniziava a grattarsi dappertutto. (p. 35)
Questo fino a quando, leggendo e
rileggendo i testi per poterli bandire, il Censore scopre la forza dirompente
delle storie e si trasforma da fedele esecutore di censura a lettore
appassionato. Da Zorba il greco ad Alice nel paese delle meraviglie,
da Pinocchio a Fahrenheit 451, ogni romanzo diventa una crepa nel
muro della sua obbedienza e un invito a guardare oltre la superficie delle
parole per abbracciare la complessità del linguaggio e la pluralità delle idee.
Quando la figlia viene internata in un “centro di riabilitazione”, il Censore
si scontra definitivamente con la brutalità del regime e una grande
trasformazione lo investe sia nell’animo che nelle azioni: entra in contatto con
i Cancri il nome in codice della resistenza. La biblioteca segreta dei
Cancri, custode dei libri proibiti, diventa così il rifugio per la memoria e il
luogo della dignità.
Siamo Cancri. Hackerare i sistemi è il nostro pane quotidiano. Non ti preoccupare, il tuo grugno sarà cancellato dalle registrazioni. Te la fai addosso, eh? Ecco perché li chiamavano Cancri! Perché si diffondono ovunque, penetrando nei gangli del Sistema, ciascuno dalla propria postazione e senza bisogno di conoscersi l’uno l’altro. Era un bel pensiero sapere di non essere completamente solo né sopra il mondo, né sotto. (p. 170)
L’autrice adotta nel narrare gli avvenimenti un sottile umorismo nero che alleggerisce l’atmosfera senza sminuire la gravità del tema, rendendo il romanzo accessibile e al tempo stesso profondamente riflessivo. Al-Essa ci mostra che la lettura non è mai un atto passivo, ma resistenza, lotta e vita. Ci invita a considerarla non solo come piacere individuale, ma come gesto di libertà contro ogni oppressione. Non a caso ambienta la sua storia in un contesto universale, denunciando come la censura minacci le fondamenta della libertà di pensiero. In apertura del primo capitolo scrive difatti: «gli eventi di questa storia accadono in un periodo futuro, in un luogo che sarebbe inutile nominare, poiché assomiglia a qualunque altro luogo».
La scrittura di Al-Essa è fluida, ironica e densa di rimandi letterari, ma mai ostica. L’uso di metafore e immagini allegoriche dona al testo una dimensione quasi fiabesca, creando un cortocircuito tra realtà e immaginazione, perché smettere di immaginare significherebbe smettere di essere liberi. La biblioteca del censore di libri ha una trama che scava nella coscienza, è un tributo al potere della parola e un atto d’accusa contro ogni forma di controllo. È un atto di ribellione e un inno alla resistenza contro l’oppressione.
Silvia Papa
Social Network