«Mentre gettavo il mio penny nel pozzo, espressi il desiderio di essere io la persona che avrebbe catturato lo Squartatore dello Yorkshire» (p. 31)
A dodici anni non si capisce fino in fondo dove finisce un gioco e inizia qualcosa di ben più rischioso: nel 1979, Miv, la protagonista di La lista delle cose sospette, quando vede il suo mondo minacciato dallo Squartatore dello Yorkshire, pensa di intervenire. Come? Individuando il serial killer tra le persone del suo quartiere. Certo, lo Yorkshire è enorme rispetto al quartiere di Miv, ma lei pensa davvero che su quel quaderno la sua lista di cose e persone sospette potrà aiutare a fare chiarezza. Così coinvolge nel suo piano l'amica Sharon, che partecipa suo malgrado, perché a tratti gli obiettivi di Miv le sembrano impossibili da realizzare. Se all'inizio Sharon si lascia prendere da un entusiasmo un po' infantile simile a quello di Miv, poi affiorano dubbi etici:
«Mi preoccupo solo di cosa stiamo facendo qui e perché» disse. «Mi sembra, non so, un gioco. E non è un gioco quello che è successo a queste donne. Non lo è». (p. 202)
Le vittime crescono, e sono solitamente prostitute, sgozzate per strada, dopo essere state tramortite da un colpo di martello. Tante sono le persone che, spaventate, meditano se lasciare lo Yorkshire, ma Miv non vuole farlo – lì ci sono i suoi amici, la sua scuola, le sue abitudini –, e dunque pensa di poter dare una mano alla polizia. Anche solo per evitare che tutto il suo mondo, già messo a dura prova, deflagri.
Sharon non capisce fino in fondo, infatti non si trova a lottare ogni giorno per la serenità, come invece fa Miv, che convive con una madre che da tempo non parla più e vive trascinandosi qualche volta sulla poltrona, ma perlopiù sta in camera da letto: cosa le è successo? Lo capiremo insieme alla stessa Miv verso la fine del romanzo; prima vige la semplice presa di coscienza che la madre è così e poco si può fare. Il padre e la zia provano a compensare l'assenza della madre, ma il peso emotivo della situazione è ben annidato in Miv e affiora di tanto in tanto.
Intanto, meglio indagare, con una speranza duplice: «Niente più invisibilità. Niente più sguardi addolorati da parte delle madri degli altri» (p. 36). Allora lo sguardo di Miv si posa sui vari membri della sua comunità: c'è chi è isolato come Omar, commerciante pachistano oggetto di pregiudizi razziali e di pesanti atti vandalici; suo figlio Ishtiaq, ragazzino di grande talento, coetaneo di Miv, è emarginato a scuola per le sue origini; la bibliotecaria Helen spesso porta lividi e segni di violenza domestica tenuta il più possibile celata, persino a suo padre; il camionista Jim, cacciato dalla moglie, è costretto a vivere sul suo camion; i bulli della scuola Reece e Neil non lesinano parole né gesti da gradassi,...
Mentre Miv indaga sul mondo circostante, il suo sguardo si fa sempre più affilato, e qualche volta l'ansia di portare giustizia avrà conseguenze negative, perché alla protagonista manca il buon senso dettato dall'esperienza per capire fino in fondo le conseguenze di un'ipotesi a voce alta o di un'accusa pronunciata nel momento sbagliato. Quello a cui assistiamo è infatti un cammino di formazione ricco di colpi di scena, ma anche pieno di una critica sociale acuminata, perché filtrata dallo sguardo innocente di Miv. Pregiudizi razziali, solitudine ed emarginazione sociale, bullismo, violenza di genere sono solo alcuni dei macrotemi che Jennie Godfrey intreccia alla domanda centrale: chi è lo Squartatore dello Yorkshire? Qualcuno che si nasconde molto bene, e lo fa mescolandosi con la gente comune.
Il punto di vista ribassato sulla protagonista consente a Jennie Godfrey di stemperare di tanto in tanto la tragicità di episodi decisamente forti con la comprensione ancora parziale del mondo da parte di Miv. È la sua illusione di poter portare un po' di ordine al mondo – o perlomeno al suo microcosmo familiare e amicale – che ci fa seguire con tenerezza ed empatia il racconto. E mentre Miv cresce, gli omicidi aumentano.
Ispirato a un fatto di cronaca che sconvolse lo Yorkshire e che toccò direttamente la stessa Jennie Gofrey (l'omicida Peter Sutcliffe era noto al padre dell'autrice), La lista delle cose sospette è stato scritto in omaggio alle vittime, ma è anche una storia di formazione potente: uscire dall'infanzia significa prendere atto delle brutture del mondo e provare, almeno in parte, a partecipare per risolverle, con l'idealismo e la determinazione di Miv.
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