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Una novella che ha per protagonisti l'Oceano e i fantasmi: Antonio Potenza e Cammamoro raccontano un sogno

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Fantasmagoria
di Antonio Potenza
Moscabianca Edizioni, dicembre 2022

pp. 112
€ 9,90 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)


Antonio Potenza, autore col quale condivido la terra natale e l'amore per la forma breve, è un nome noto all'interno del cerchio della litweb: co-founder e editor di Salmace, rivista che si occupa di racconti, ha pubblicato lui stesso su Micorrize, Rivista Blam, Nazione Indiana, Spaghetti Writers e molte altre.
Già seguito da tempo, ho avuto modo proprio con quest'ultima rivista di lavorare all'editing di una sua short story che tanto aderisce al tema di Fantasmagoria, novella edita da Moscabianca Edizioni lo scorso dicembre e arricchita dalle bellissime illustrazioni di Antonio Cammareri in arte Cammamoro, artista siciliano.
Antonio la definisce "una storia di mare", ma se volessimo essere più tecnici rubo le sue stesse parole per definirla una storia "frattale", geometrica e spiraleggiante che torna e ritorna all'infinito sulle sue stesse spoglie per cercare di uscire da un loop. La domanda però è: vuole davvero l'autore - e il protagonista di Fantasmagoria - uscirne?
La trama, se di trama si può parlare: Al è un ragazzo che vive a Marina, un paesino semi abbandonato e flagellato, nel vero senso della parola, dal mare (e che tanto mi ha ricordato la Puglia). Le persone scompaiono, richiamate dalla sua malìa, per ricomparire poi in forma di fantasmi con cui dialogare, la cui condizione di vuoto viene ripresa dalle descrizioni delle esuvie, gli esoscheletri di insetti come le cicale.
Così Al rivede sua madre, uno spettro di tentacoli fumosi che si prende la briga di scrivere al posto suo: da quando infatti Al ha ricevuto la chiamata dell'Oceano, una fine annunciata e forse attesa, non riesce più a farlo. A parlarci è lui stesso, scegliendo una sorta di forma epistolare/diaristica.
Trabocca di una rassegnazione placida: il timore che una semplice nuotata stia diventando il momento della sua morte, una consegna volontaria al boia. (p. 48)
Nel mezzo di questa accettazione forzata accade qualcosa ed è qui che comincia ad aprirsi un altro tema forte dell'autore, ovvero quello del doppio: Al comincia ad avere il sospetto che ci sia un altro sé, un ectoplasma che è guscio e massa, e che vive al posto suo. Chi è quell'altro Al? Potrebbe trattarsi di una incarnazione fisica del rifiuto del mare, perché dopotutto ha provato ad accettare il suo destino per annegamento, ma l'Oceano - chissà perché - lo ha rifiutato? O potrebbe essere un prolungamento di una prima e poi una seconda fantasmagoria, il modo che usa l'autore di definire questa sorta di chiamata "marina" che sottrare le persone al mondo.
Sai che sto cedendo all’Oceano, colui che mi ha chiamato attraverso te; sai anche che sta per succedere ciò che è successo quindici anni fa, durante la prima fantasmagoria, quando ti ho persa, quando papà è andato via, quando Marina è rimasta chiusa tra le colline. (p. 64)

Fantasmagoria dunque: un sostantivo femminile che viene spiegato come "rapido alternarsi o susseguirsi di immagini stranamente vivide e attraenti; estens., serie di supposizioni infondate che colpiscono esageratamente l'immaginazione". E, in un'accezione arcaica, come "successione d'illusioni ottiche prodotte specificamente dalla lanterna magica". 
In greco, il suffisso a
goreuein si traduce con "manifestarsi", ma anche "annunziare", "far sapere" (da qui, la parola agorà): la storia di Antonio annuncia cosa? Palesa i fantasmi che crediamo siano frutto della fantasia? Oppure è tutto vero e Al davvero vede sua madre e s'innamora di qualcuno che può toccare, o forse no?
La novella si gioca tutta sul filo dell'onirico, intorno a pochissimi personaggi - Al, Peppe - il pazzo che cerca di prosciugare il mare - Luciana - la bambina che vede le stesse cose che vede Al - il padre, in attesa, anche lui, ma del ritorno dei treni. Tutti sembrano non essere fatti da un unico corpo e un unico spirito, ma frattali, per l'appunto, raccontati in quella struttura narrativa che gira intorno a una tendenza tanto cara all'autore, la coazione a ripetere.
Nella psichiatria, la coazione a ripetere è una condizione d'azione e di pensiero circolare (ma non costante) che di fatto reitera un comportamento già tenuto in passato, spesso doloroso e che si è causato con le proprie mani. Al, e tutti gli altri personaggi del racconto, non fanno altro che ripercorrere gli stessi passi, con l'unica eccezione che l'Oceano, nel caso del protagonista, sceglie di non assorbirlo subito. Si può dire che il più grande personaggio sia proprio l'Oceano, il mare: ammaliatore, rabbioso, silente, fa da fondale e al tempo stesso da faro per ogni altro personaggio.
La scrittura di Antonio è fortemente lirica, ricca di aggettivazione, elegante, tanto perfetta quasi da disturbare. Anche a livello di proiezione d'immagini, riesce a evocare attraverso la descrizione di luoghi, corpi, insetti, sensazioni intime, le scene in modo altrettanto preciso.
Il racconto è breve, si legge in un paio d'ore, ma resta per qualche tempo in più.
Lo consiglio agli amanti della forma breve, a chi ha letto il poemetto incompiuto di Coleridge Kubla Kahn e il suo La ballata del vecchio marinaio o anche ai fan dei romanzi di Murakami, definito il maestro del romanzo onirico, che sempre sono sospesi tra realtà e sogno.

Deborah D'Addetta