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Il tempo aiuta a prendere distanza dalle persone o a sentirne di più la mancanza? Ritorna Dola de Jong con il suo "L'albero e la vite"

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L'albero e la vite
di Dola de Jong
La nuova frontiera, Febbraio 2023

Traduzione di Laura Pignatti

pp. 144
€ 16,90 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Il romanzo di Dola de Jong è una riscoperta. Fu pubblicato nel 1954 da Querido dopo essere stato considerato "scandaloso, impubblicabile" dalla stessa direttrice editoriale che decise poi di farlo uscire. Il libro ha avuto un difficile percorso editoriale, ma è riuscita poi a colpire editori e giornalisti per la sensibilità con cui racconta l'amore tra due donne: è soprattutto la sua scrittura delicata, che ben si adatta a un tema considerato tabù e soprattutto la scelta di non mostrare il lato sessuale ma di concentrare l'attenzione sulla psicologia dei personaggi ad aver conquistato i lettori. Un fatto interessante, che ci viene raccontato alla fine del libro, riguarda proprio l'accoglienza dei lettori: Dola de Jong iniziò a ricevere tantissime lettere di fan, soprattutto di donne, sposate e nubili, che si rivedevano in Erica e Bea, le due protagonista, perché non avevano il coraggio di manifestare la loro preferenza sessuale o accettarla, ma specialmente credevano di poter essere capite dell'autrice perché la consideravano simbolo della loro lotta. In realtà l'autrice aveva appena contratto il suo secondo matrimonio con un uomo.

Dola de Jong aveva pubblicato un libro prima di L'albero e la vite, molto apprezzato perché "pacato e ponderato", come scrive il New York Times. Riprendo questo giudizio per applicarlo anche al secondo libro, quello oggetto della recensione. L'autrice riesce a trattare il tema controverso dell'amore tra donne senza mettere l'accento sui particolari, colpa probabilmente anche del tempo visto che in quegli anni era considerato una malattia, di alcun tipo, prediligendo l'interiorità dei personaggi, la loro storia e il rapporto complesso tra le due protagoniste. Questa assenza di particolari mi risulta però fredda, lontana: da una parte potrebbe esser dovuto al fatto che gli eventi sono distanti dal tempo della narrazione, e dal punto di vista unilaterale di Bea, una donna misurata, razionale, tranquilla, dall'aspetto un po' scialbo, che vuole elaborare finalmente quello che è stato il suo rapporto con Erica, una persona sempre in movimento, capace di sparire per giorni, volubile e insicura. Dall'altra non sono riuscita a immergermi nella storia, nei personaggi, non ho ritrovato nella narrazione e nella scelta di alcune immagini significative un testo così diverso da altri. Fatico a inserire questo libro nel suo tempo, se non nella parte unica della relazione tra donne, che pure in realtà mi sembra quasi sullo sfondo, molto più della guerra.

Andiamo però al testo. Erica e Bea si conoscono a una festa di una amica comune e dopo poco decidono di prendere in affitto una casa insieme.

Ciascuna di noi avrebbe fatto la propria vita. Era una condizione che ci eravamo poste, dettata dal desiderio infantile di conservare una parvenza di libertà che in realtà naturalmente non esigevamo l'una dall'altra. […] Ci attenevamo a quella condizione in un modo che ora mi sembra spasmodico, e di fatto mi impediva di concedere e accettare un'amicizia più profonda.

Una porta tra le loro stanze, sempre chiusa, permetteva di non immischiarsi nella vita dell'altra con la possibilità, però, di essere sempre raggiungibili nel momento del bisogno. Si fatica a capire che tra loro c'è attrazione, è un qualcosa di latente, strizza l'occhio ma senza essere mai messo nero su bianco. Danno l'idea di due amiche che, come i due poli opposti, non riescono a star l'una senza l'altra. Bea in qualche modo fa da madre a Erica, prendendo il posto della vera madre con la quale ha un pessimo rapporto ma da cui non riesce comunque ad allontanarsi. Sono l'albero e la vite: l'albero, Bea, copre la vite e le dà la possibilità di crescere, mentre Erica è la vite che si aggroviglia sull'albero soffocandolo.

Ci sono altri personaggi, soprattutto donne, che girano intorno a Erica e sono loro a far capire quali siano le sue preferenze sessuali. Ma neanche questo permette di soffermarsi sul tema, forse naturale o forse in secondo piano rispetto al fulcro di tutto, la psicologia delle due protagoniste. Conosciamo quindi la sofferenza di Erica per relazioni insoddisfacenti, dolorose, e quelle di Bea con degli uomini che ben presto finiscono senza lasciare strascichi, eppure ancora sembra che tra loro due ci sia un attaccamento inspiegabilmente morboso e che nulla ha a che vedere con l'attrazione.

Arriverà il momento della verità per entrambe, della presa di consapevolezza di quello che provano l'una per l'altra, della loro vera natura, delle difficoltà a vivere pienamente.

«Io sono fatta così!» mi strillò in faccia allora. «Sono fatta così!» Il suo viso bagnato di lacrime e contratto in una smorfia di dolore e trionfo al tempo stesso, era rivolto verso di me. «E anche tu sei così. Anche tu, Bea. Ammettilo, dai! Ammettilo!»

Erica parlerà per la prima volta di anormalità, di essere sbagliata ma riuscirà anche ad accettarsi e a godersi la vita, con una nuova leggerezza. Ma Bea no: darà un senso a tutte le donne passate, alle sue avventura ma non accetterà di aver ceduto per una sola notte.

Ciò che mi ha colpito del testo è l'assoluta abnegazione di Bea nei confronti di Erica. Sopportare ogni silenzio, ogni sbaglio, ogni cattiveria, esserci per aiutarla a risalire dal fondo, trasferirsi lontana dalla città per lei e rimanere sola per le continue sparizioni di Erica, godere i pochi momenti di complicità e la sua storia del momento anche in viaggio, lontane da casa, come un terzo elemento di disturbo. E non basta l'attrazione, l'amore, qui siamo in un luogo sconosciuto dell'anima e della mente umana, credo che ci sia anche una parte egoistica in Bea che rimane attaccata a Erica per un bisogno di condivisione, anche intermittente, che non può esserci se non con lei. Un bisogno anche di aiutare qualcuno, sentirsi indispensabile, la persona da cui tornare sempre in un modo o nell'altro.  E sicuramente c'è in Erica un senso di maternità che ritrova in Bea. Erica è giovane, confusa, alla costante ricerca di qualcosa, insoddisfatta ma soprattutto ribelle in risposta a una madre anaffettiva e giudicante e un padre assente, ed ebreo. Perché esplicitarlo? Perché in Olanda, durante la narrazione dei fatti, i nazisti invadono il paese. Erica, mezza ebrea, deciderà di non scappare per combattere contro l'invasore ma soprattutto contro la madre, strenue difensore della pulizia etnica che non ci penserà due volte a fare arrestare sua figlia. Sarà Bea a tentare in ogni modo di salvare Erica.

Viviana Calabria