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#LectorInFabula - "Pony" di R.J. Palacio: dall'autrice di "Wonder", una storia di crescita e amicizia nell'America di fine Ottocento

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Pony
di R.J. Palacio
Giunti, 2022

Traduzione di Mario Sala Gallini

pp. 336
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 
È così che ogni cosa nel mondo ha inizio. Lo zampillare di un’idea nella mente. Un filo di pioggia su una ghianda. “Soltanto l’amore e il fulmine arrivano tutti in una volta” (ricordo che papà pronunciò questa frase, ma ho dimenticato quando e perché lo disse).
 
Rispetto a Wonder e ai romanzi collaterali che vi sono nati intorno, Pony si presenta come un prodotto del tutto diverso. Difficile da inquadrare, in bilico com’è tra il romanzo di formazione, il western e la storia di spiriti, l’opera si rivela ambiziosa non solo per la molteplicità e la complessità degli spunti, ma anche per la lunga gestazione e il lavoro di ricerca soggiacente, dettagliati dall’autrice in una lunga appendice conclusiva.
Corre l’anno 1860. Protagonista è il dodicenne Silas Bird, orfano di madre, che cresce in una fattoria isolata insieme al padre Martin, uomo geniale, dalle mille storie e le mille invenzioni. Una notte, tre uomini a cavallo, scagnozzi di un famoso malavitoso, si presentano alla loro porta e per portare via l’uomo. Lo chiamano con un altro nome, che non gli appartiene, quello di un falsario latitante da anni. Lo vogliono coinvolgere in un progetto criminoso, e il loro capo ha insistito perché, insieme al padre, sequestrino anche il figlio. Per proteggere Silas, Martin accetta dunque di andare volontariamente con loro, intimando al ragazzo di aspettare il suo ritorno.
Il giovane non riesce a però restare fermo e decide, come il Telemaco del poema di Fénelon che conosce bene, di partire alla ricerca del padre. Lo guiderà un pony, in realtà un piccolo cavallo arabo, che apparteneva al gruppo dei rapitori e per qualche motivo è rimasto indietro, ma conosce bene la strada del ritorno. Silas, che è sempre stato un ragazzino solitario, riesce a entrare in un’immediata sintonia con l’animale, che sembra cogliere il suo sentire e agire di conseguenza, quasi prevenendo i suoi bisogni. A opporsi in maniera decisa all’idea della sua partenza è Mittenwool, creatura senza tempo, spirito o fantasma, che Silas vede accanto a sé sin dall’infanzia e che è il migliore dei compagni, ma anche la prova di una sensibilità che porta il ragazzo a riconoscere ciò che la gente comune non può vedere. Questa capacità di scorgere intorno a sé le anime irrisolte, che non hanno ancora trovato la via della pace e del riposo, è alla base di alcune scene molto forti, di cui è bene tener conto nel momento in cui si proponga il romanzo a un giovane lettore, ma anche di molte svolte narrative dell’opera. C’è qualcosa in comune, del resto, tra queste figure fantasmatiche e ciò che sta facendo Silas: un viaggio dall’esito incerto, per raggiungere chi si ama.
Anche quando non ricordavano i loro stessi nomi, non c’era possibilità che avessero dimenticato chi amavano. Questo, ho imparato, è ciò a cui restiamo aggrappati per sempre. L’amore. Trascende. Guida. Non se ne va. L’amore è un viaggio senza fine. (p. 290)
È proprio l’amore a muovere il ragazzino, a spingerlo a conquistare la fiducia di uomini disposti ad aiutarlo nonostante la difficoltà dell’impresa – dapprima il rude sceriffo federale Enoch Farmer, e poi il giovane sceriffo di Rosasharon, Desimonde Chalfont, e il suo vice, Beautyman, inizialmente scettici, ma generosi e pronti a lanciarsi nell’impresa. Ad allettarli non è solo la possibilità di sventare un’attività di contraffazione di denaro su larga scala, ma anche l’impulso a rispondere a un profondo bisogno di giustizia, che da sempre anima il loro agire.
L’assalto alla caverna dove si nascondono Roscoe Ollerenshaw e i suoi, con la cifra di tensione che riesce a creare, vale l’intero romanzo che, del resto, non si conclude immediatamente dopo l’attacco ai cattivi, e probabilmente ha uno sviluppo che non ci si sarebbe aspettati inizialmente.
R.J. Palacio, in Pony, riesce a intessere una narrazione avvincente, a tratti fin troppo ricca di elementi. Non si può non pensare che molti dei riferimenti storici non possano essere colti dal lettore reale del volume, che si immagina dodicenne come il protagonista. L’autrice stessa, del resto, asserisce che “il [suo] obiettivo non era quello di rappresentare reali eventi storici, ma piuttosto quello di raccontare una piccola storia che si trova necessariamente essere ambientata in una certa epoca” (p. 314). Ci si chiede allora se non si potesse lavorare ulteriormente di sottrazione, per rendere l’opera ancora più accessibile senza mediazioni a lettori preadolescenti.
Resta però universale, e universalmente accessibile, il messaggio di fondo, che riesce a dar senso e a fungere da collante per l’intera trama:
I legami che ci uniscono gli uni agli altri sono davvero stupefacenti, è una cosa che ho osservato spesso. Esistono fili invisibili che si intrecciano dentro e attorno a noi e ci conducono in luoghi e tempi che forse non abbiamo visto e non vedremo mai, o che acquisteranno un senso per noi solo molto più in là nel corso degli anni. Questo è ciò che ho imparato. (p. 277)
La maggiore abilità di R.J. Palacio risiede proprio nella capacità di tenere saldamente tutti questi fili e di portarci alla fine a vedere il disegno completo che vanno a creare.
 
Carolina Pernigo