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Un tempo non lontano in cui Il Cairo era l'El Dorado: l'autobiografia di Denise Pardo per Neri Pozza Editore

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La casa sul Nilo
di Denise Pardo
Neri Pozza Editore, ottobre 2022

pp. 288
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Romanzo autobiografico dell'autrice Denise Pardo, "La casa sul Nilo" edito da Neri Pozza ci parla di un periodo di tempo che va dal 1948 al 1961. Nata in una famiglia benestante di ebrei sefarditi, racconta di un Egitto non solo noto per le sue piramidi e il suo deserto, ma popolare per essere luogo di incontri, di condivisione, di tolleranza, un crocevia in cui inglesi, francesi, arabi, russi e italiani potevano convivere in pace e armonia. Si tratta quindi di un romanzo nostalgico, perché ci lascia immergere in un mondo che, forse, non c'è più.
Il libro si apre con un flashforward, vediamo la famiglia di Denise a Roma, proprio nel 1961, alle prese con nuove abitudini, con tutte le difficoltà che si affrontano quando si cambia vita e paese, quindi capiamo che a un certo punto tutti hanno dovuto fare i bagagli e lasciare l'Egitto. 
Dopo questa premessa, il romanzo si addentra subito nello splendore e nella ricchezza: l'autrice comincia a raccontare la vita di sua madre, di suo padre, dei nonni e delle amicizie della famiglia, un caleidoscopio di affascinanti esistenze divise tra gli orrori del passato e la brillantezza di un presente tra feste, cafè, hotel, balli, golf club e case da Mille e una Notte, in pacifica unione con persone di religione, lingua e tradizioni all'apparenza opposte tra loro.
Pur essendo caratterialmente opposti e frutti di due culture diverse, la sefardita e l'askenazita, papà e Bobe e quindi la mamma che era stata educata allo stesso modo, trovarono un'affinità perfetta sull'argomento. Nessuno era bigotto e davvero praticante [...] Ma la via di mezzo indispensabile, il punto d'incontro per tutti inattaccabile era che bisognava credere in Dio ed essere buoni, onesti e altruisti, questo era sufficiente a chiudere la questione. La mentalità della nostra famiglia non esprimeva qualcosa di speciale, incarnava lo spirito e la libertà di quei tempo in quel Paese, in quella città, o meglio, in quella fetta di città e comunità. Era abituale che la vigilia di Natale Fanny, Leila, Vicky e tute le compagne di scuola ebree e musulmane aspettassero le amiche cattoliche fuori dalla chiesa per festeggiare insieme. (p. 59)
L'atmosfera in quegli anni a Il Cairo era incantata: feste di fidanzamento, aperitivi nelle hall internazionali degli hotel, banchetti sul Nilo, lo sfarzo di amicizie potenti, interrotte bruscamente dal primo punto di rottura del romanzo: la bomba ai Grandi Magazzini Cicurel ordita dal movimento dei Fratelli Musulmani, un ordine di estremisti che non vedevano di buon occhio il colonialismo inglese in Egitto e la ricchezza delle sue famiglie che "spadroneggiavano" e ostentavano in un paese sempre più povero e in difficoltà, ignorato dal suo stesso re Faruq. 
"I suoi pessimi consiglieri gli hanno suggerito che doveva distogliere l'attenzione del Paese dai suoi vizi. Così ha dato spazio alla questione palestinese alimentando un sentimento di antisemitismo sconosciuto in Egitto che ha portato alle manifestazioni feroci contro gli stranieri e ai campi di internamento. Uno sbaglio enorme". (p. 121) 
Il filo dorato che lega la famiglia di Denise alla questione politica è un personaggio affascinante: Hafez. L'uomo, estremamente ambizioso, si innamorerà di una carissima amica di Fanny, la madre di Denise, e questo amore tormentato sarà una della cause del disastro imminente. Hafez si unirà infatti a un nastro nascente della politica egiziana, nient'altro che Nasser. Sappiamo tutti ciò che questo ha significato per il paese, il lento ma inesorabile cambiamento di rotta che lo trasformerà da luogo magico e sicuro in territorio pericolosissimo per gli "stranieri".
Il nome della farmacia era stato prudentemente trasformato e tutto quello che era britannico e che fino a poco tempo prima rappresentava la quintessenza dei privilegi e delle benedizioni crollò di colpo in un ghetto di diffidenza. (p. 167)
Il libro ci racconta del sabato nero a Il Cairo nel 1952, il punto di svolta definitivo. La famiglia di Denise, dapprima forte della sua potenza economica, delle sue amicizie e della vita vissuta sotto una campana di vetro, inizia a temere per la propria incolumità. Spariscono le feste, spariscono le altezzosità, gli egiziani vogliono riprendersi il paese. Il capitolo finale poi ci riporta a Roma, chiudendo il cerchio aperto nel primo.
Ciò che ho amato del libro sono state le descrizioni minuziose e fatate della vita prima che tutto cambiasse: l'autrice ci trasporta in quelle atmosfere, nel benessere, nell'incantesimo fragile di una capitale che ha posto per tutti. I personaggi sono tutti estremamente affascinanti, dai caratteri ben delineati, grazie all'attenzione posta sul loro passato, sui loro modi di vivere, di pensare e di agire.
"La casa sul Nilo" è una testimonianza diretta di un tempo in cui a Il Cairo si poteva essere chiunque (certo, con una certa disponibilità economica) e si poteva andare ovunque, in cui musulmani convivevano con i cattolici e gli ebrei, in cui le amicizie andavano oltre l'appartenenza religiosa o di nascita. Sicuramente man forte alla storia è data dal fatto che la famiglia di Denise Pardo sia stata sostanzialmente ricca e dunque detentrice di mezzi che permettevano di condurre una certa vita: proprio per questo, lo strappo e la separazione da una terra così ammaliante sono stati ancora più terribili.
Consigliato agli appassionati dell'Egitto degli anni '50 e a chi ha voglia di leggere una racconto di prima mano sull'ascesa di Nasser.

Deborah D'Addetta