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L'origine della poesia delle poesie "The Waste Land" nel saggio biografico di Tuena per Il Saggiatore

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La voce della Sibilla
di Filippo Tuena
Il Saggiatore, giugno 2022

pp. 272
€ 19 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)


Filippo Tuena, prolifico autore per diverse case editrici quali Giunti, Fazi e Rizzoli, da lungo tempo ha in corso un sodalizio letterario con Il Saggiatore, con il quale ha pubblicato anche una bellissima rivisitazione di "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare intitolata "Com'è trascorsa la notte. Il sogno." (2017)
Questo nuovo titolo uscito a giugno si colloca tra la biografia e il saggio, pur non aderendo strettamente ad alcuna etichetta: Tuena ci descrive, senza fronzoli o abbellimenti inutili, la nascita dell'amicizia tra Thomas Stearns Eliot ed Ezra Pound e, di conseguenza, di quel capolavoro declamato che sarà The Waste Land.
Se vi aspettate un romanzo scorrevole, resterete delusi: l'autore riporta con rigore quasi scientifico le fasi, le date, le foto, gli stralci poetici ed epistolari, le memorie di Eliot, in un crescendo che si concentra verso il punto di creazione delle sue poesie, del suo stile e del legame con Pound (ma non solo, anche con Conrad Aiken e John Quinn, che aiuterà Eliot a pubblicare The Waste Land sulla rivista "The Dial" nel 1922).
Il merito però di averlo inserito nella Londra letteraria e di aver cesellato, tagliato, forse deturpato? la poesia più importante del secolo scorso è tutta di Ezra Pound, il "fabbro" come soleva definirlo Eliot.
Non da meno sarà l'influenza fatale che Parigi avrà su di lui, sulla formazione di alcuni ricordi legati ad amici scomparsi e a luoghi modificati dal tempo.
[...] perché ricordati anche che questo è un libro su quel che Parigi fa alle persone che la visitano e ci si fermano in una certa epoca della loro vita e con una certa specifica particolare e irripetibile condizione d'animo. (p. 29)
Tuena allora ripercorre le origini della formazione di Eliot, ci illustra il suo matrimonio disastroso con Vivienne Haigh-Wood, perennemente malata e, a detta delle fonti, mentalmente instabile, i suoi primi timidi passi nel panorama letterario e poetico della Londra d'inizio Novecento e di tutto ciò che lo porterà (compresa la sua strana conversione al cristianesimo, già evidente in alcuni passi della poesia) al parto faticoso di The Waste Land.

Dalle pagine del libro emerge una vivida irrequietezza, sia in Eliot che in Pound, in una sorta di malessere diffuso che contagiava quasi tutti i poeti e gli autori di quel periodo, complice anche la guerra e il degrado che ne risultarono. Si percepisce una sensibilità inusuale nei due amici, il primo nella figura di "figlioccio", il secondo in quella di "padre putativo". 
Il che, per come interpreto io la cosa, significa: osserva il poema attraverso il duplice sguardo di chi è scomparso e di chi è sopravvissuto rinunciando agli entusiasmi, adattandosi all'esistenza dopo aver vissuto un periodo, pur anche breve, di fiducia nel futuro. Ora è questa l'atmosfera, l'ambientazione, l'incrocio delle coordinate per leggere i 435 versi di The Waste Land; è questa la disposizione d'animo - nient'altro che affettiva - per cogliere la stilla che scaturisce da quelle pagine. (p. 102-103)
Quei 435 versi saranno il risultato della cesoia di Pound, ché, in origine, il poema ne contava circa mille. Pensata, sognata e maturata nel corso di anni, terminata in una clinica di salute mentale a Losanna, The Waste Land non può che essere un caposaldo della poesia in senso generale, oltrepassando le questioni temporali e spaziali.

Consiglio il libro a chi studia Eliot, Pound e tutta la generazione di poeti "maledetti" di quel tempo, e a chi è curioso di sapere come nasce e si forma la poesia delle poesie. Non il mio genere, a dire il vero, pur essendo amante della produzione poetica del 1900, ma per i fan di T.S.Eliot un saggio/biografia/finzione imperdibile.

Deborah D'Addetta