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"La vita dei reali non è mica tutta 'sta pacchia". La regina Elisabetta alle prese con un intricato omicidio a Buckingham Palace - "Un problema da tre cani" di S. J. Bennett

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un problema da tre cani giallo mondadori



Un problema da tre cani
di S.J. Bennett
Mondadori, 2022

traduzione di Monica Pavani

pp. 456
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

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L’avevamo vista nel 2012 con James Bond (Daniel Craig) alla cerimonia d’apertura dei Giochi di Londra. Qualche giorno fa, l’abbiamo spiata prendere il tè con il British orso Paddington in occasione dei settant'anni di Regno. E perché non immaginarla anche alle prese con un intricato omicidio a Buckingham Palace? Per i più appassionati alle vicende della monarchia britannica, l’idea risulta entusiasmante e verosimile, soprattutto se si è ancora affezionati ai quaranta episodi di The Crown, serie tv Netflix, che dà l’impressione di formare e informare nei dettagli il pubblico su chi è stata e chi è la Regina Elisabetta II, agitando continuamente gli stati d’animo del parterre, che comunque conserva una certa stima verso Sua Maestà. Forse, si tratta dello stesso sentimento che ha coinvolto Sophia Bennett, scrittrice inglese di “Il nodo Windsor” (2021), e di “Un problema da tre cani”, serie di romanzi raccolti e pubblicati in Italia per la collana Il giallo Mondadori, che hanno per protagonista proprio la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna (ricordiamo che è anche la regina dell’Irlanda del Nord e dei Reami del Commonwealth).
Già ne “Il nodo Windsor” i lettori avevano potuto apprezzare la penna della Bennett, imbevuta di quel sense of humour tutto inglese, appropriato per creare un tipo di letteratura di genere, a tratti esilarante seppur pieno di sospiri regi preoccupati. In “Un problema da tre cani”, la scrittrice aggiunge altri elementi a dir poco stimolanti, producendo di fatto un romanzo brillante e coinvolgente quanto basta. Difatti, la regina detective, con l’aiuto fidato della giovane assistente privata Rozie Oshodi - assunta dopo una breve carriera come bancaria e tre anni trascorsi nella reale artiglieria - si imbatte in questioni amministrative e burocratiche complesse, riguardanti i suoi quadri, quelli della Royal Collection. Ciò che il lettore scopre insieme alla sovrana senza bifocali e con la stilografica giocherellante tra le dita è uno scenario raccapricciante, il Breakages Business, il racket di doni reali indesiderati, e la vendita illegale di opere d’arte dal valore inestimabile, come i quadri di Artemisia Gentileschi, pittrice italiana di scuola caravaggesca (1593-1656), oltre alla produzione di falsi d’autore.

Non solo. Sophia Bennett è stata in grado, seppur in modo marginale, di abbozzare il contesto geopolitico in cui il Regno Unito è appena uscito dall’Unione Europea (Brexit), con le dimissioni di David Cameron e l’ascesa del Prime Minister Theresa May, oltre a un accenno alle elezioni americane tra il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton, viste alla tv dall’occhio neutrale della “Boss” (tutti elementi che rendono ancor più godibile la lettura, data l’onniscienza dei lettori su fatti ormai passati, o almeno si spera). Ma a rendere “Un problema da tre cani” delizioso è la matassa di passaparola tra i ficcanaso a corte, il centralinista che riferisce gossip al valletto più anziano, il quale a sua volta spiffera tutto alla governante; i bigliettini minacciosi lasciati qua e là tra le donne più scomode e odiate del palazzo; la sovrana che per sbaglio si chiude in un enorme armadio rivestito di cedro, e origlia una conversazione che lascia presagire il peggio; i registri di corte regolarmente ritoccati e le dimissioni indotte. Ma le lettrici e i lettori tra i più romantici non si scoraggino, poiché la Bennett non ha di certo dimenticato di raccontare la complicità del principe Filippo e Sua Maestà, la descrizione accurata del dedalo di corridoi e delle sontuose stanze reali (tra cui la White Drawing Room, la Picture Gallery e la Ball Supper Room), la cerimonia di investitura, e la passione della sovrana per i diademi:
«Lì vicino, in una scatola rivestita di velluto era esposta la tiara delle ragazze di Gran Bretagna e Irlanda, pronta affinché la sua sarta personale la aiutasse a indossarla. Aveva scelto quel pezzo in particolare per il ritratto perché in quel modo risultava sia delicato che affascinante. Era la “Granny’s tiara”. La sua amata nonna, la regina Maria, gliel’aveva regalata come dono di nozze e lei l’aveva indossata così spesso che ormai ci era affezionata. Non aveva mancato di notare che lei pensava ai diademi un po’ come altre donne pensavano ai cappellini o … a cos’altro, di questi tempi?, magari alle borse preferite» (pp. 241-241).
Insomma, in “Un problema da tre cani” c’è proprio tutto ciò che un giallo dovrebbe avere per essere plausibile, compresi i dialoghi (certamente, anche merito della scorrevole traduzione di Monica Pavani), dato il verosimigliante aplomb della sovrana, che nonostante i sospiri angosciati, non esterna mai le sue opinioni, qualunque fossero, se non con mirabile saggezza e controllo. Certo, lor signori non si aspettino una sovrana tutta azione, ma nemmeno che Sua Maestà pensi e parli «come una principessa medievale in una torre d’avorio» (p. 179). Dopotutto, la novantenne tenacia della “Boss” è funzionale alla risoluzione di un caso di omicidio.


Olga Brandonisio