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Ferite che non guariscono, dolore che non si attenua: Anna Francesca Vallone, "L'altra metà della colpa"

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L’altra metà della colpa
di Anna Francesca Vallone
Edizioni Ensemble, 2021

pp. 184
€ 15,00 (cartaceo)

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Anaffettività, sensi di colpa, aggressività, autolesionismo sono alcuni degli ingredienti di questa ottima seconda prova di Anna Francesca Vallone, già nota ai lettori di Critica per il suo esordio con Non lo saprà nessuno (qui la recensione). Come il precedente, anche in questo caso una storia tormentata, difficile, che si legge con fatica a causa di tutto il dolore che traspare dal narrato.

I ricordi di infanzia di Martha iniziano dai quattro anni, quando quella mamma così strana la vestiva frettolosamente e la portava con sé al lavoro. I ricordi della bambina sono sfumati e fatti di immagini e sensazioni particolari, come le strane boccette di vetro da cui la donna beveva prima di iniziare il lavoro, il trucco disfatto, i capelli spettinati e la puzza di sigaretta e di sudore a lavoro finito, le stanze d’albergo dove Martha veniva lasciata mentre la mamma incontrava i clienti.

Triste, vero? ma la parte che fa più male arriva dopo, verso i sette anni, quando Martha viene abbandonata. La mamma (non ha un nome, la mamma è la mamma e basta) sparisce senza dire nulla, e a Martha tocca crescere insieme a quel patrigno poco interessato, molto infastidito e per nulla in grado di occuparsi della bambina.

Passano anni faticosi, caratterizzati da improbabili baby sitter, amici immaginari, bullismo subìto, e poi depressione, assenza di autostima e varie forme di autodistruttività, insieme alla rabbia, coltivata dalla ragazza, non solo verso la madre che l’ha abbandonata ma soprattutto nei confronti di quel padre (quello naturale) che Martha non ha mai conosciuto e che considera responsabile per tutto il male sopportato, una volta scoperto che la madre se n’è andata perché aveva contratto l’AIDS durante un rapporto con un cliente avvenuto anni prima, Martha si convince che quel cliente e il padre naturale siano la stessa persona.

E allora Martha va a caccia, ma proprio in senso letterale, armata del fucile del patrigno e dell’agenda appartenuta alla madre e con nomi e indirizzi dei clienti, determinata a scovare e a uccidere l’uomo che aveva dato innesco a quella catena disastrosa di eventi.

Lo svelamento della trama finisce qui, in modo da non rovinare il piacere della lettura, ma posso dire che da questo momento la storia procede a ritmo sostenuto fino a raggiungere un epilogo inaspettato.

Lavoro notevole, questo L'altra metà della colpa, per la capacità dell’autrice di sondare l’animo e di restituire un personaggio complesso, sofferto, disperato ma che ha ancora la forza di lottare fino allo sfinimento per trovare pace in una vita senza affetto né attenzioni, la vita di un essere invisibile relegato nel degrado sociale di una periferia urbana squallida e respingente come solo una periferia del nord sa essere.

Anna Francesca Vallone è una scrittrice che gioca a carte scoperte, rifiutando ambiguità o perifrasi pudiche; le scene sono rappresentate con la fedeltà di una fotografia, intendendo però quelle polaroid sgranate e crude di tanti anni fa, impossibili da abbellire con filtri o artifici diversi. La scrittura della Vallone è volutamente tagliente e provocatoria eppure mai banale, realistica e carnale ma senza la minima traccia di volgarità; dalle pagine emergono le grida d’aiuto di Martha e non uno sgocciolìo gratuito di sangue e altri liquidi organici. Il dolore del narrato è poi abbellito qua e là da sprazzi di poesia, soprattutto nei dialoghi fra Martha e gli altri protagonisti (per meglio dire fra lei e le comparse, dato che Martha soverchia chiunque altro persino quando ha il ruolo di vittima), perché alla fine Martha la cacciatrice si rivela una persona ferita, sofferente e a tratti crudele perché incazzata a morte, ma moralmente pulita, molto più della varia umanità con cui ha la sfortuna di interagire.

Stefano Crivelli