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Un gioco di sottrazione e di difesa per il rinnovamento di Jalna: "Il padrone di Jalna" di Mazo de la Roche

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Il padrone di jalna Mazo de la Roche

Il padrone di Jalna
di Mazo de la Roche
Fazi editore, marzo 2022

Traduzione di Sabina Terziani

pp. 414 
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Possedere un sentiero era qualcosa di diverso dal coltivare un campo. Il primo si distendeva e si concedeva permettendoti di percorrerlo ma indirizzando i tuoi passi, il secondo si arrendeva all'aratro. Gli alberi del bosco erano i guardiani del sentiero, e se sceglievi di abbandonarlo lui continuava senza di te nel percorso tracciato dalle impronte dei tuoi avi. (p. 10)
Jalna deve continuare a difendersi. La minaccia più pressante è il taglio di alcune querce decennali che crescono sui suoi terreni per permettere la costruzione di una nuova strada carrozzabile, ma questo è il meno. A dispetto della loro forza, i Whiteoak non sono finanziariamente stabili: la famiglia ha sempre vissuto con questo problema – basta ricordare i litigi per l'eredità della nonna – ma mai come in questo periodo è stata in ristrettezze. Non può più contenere tutti i Whiteoak, ogni famiglia è destinata a una piccola diaspora quando anche i giovani crescono, ma non è una cosa che né Renny né Jalna accettano a cuor leggero e sono pronti a qualunque cosa pur di fermare questa dispersione: anche a mettere a rischio i rapporti di affetto che, per quanto forti, potrebbero non resistere alle continue pressioni. 
Attorno a lei si accalcarono i fantasmi degli ottanta natali festeggiati dai Whiteoak tra quelle quattro mura: in quella casa si sentiva pulsare lo spirito del Natale. Ottanta Babbi Natali canuti la fissarono dalle pareti; ottanta tacchini le sfilarono davanti gloglottando disperati; ottanta Christmas pudding sfrigolanti si incendiarono e si spensero come vulcani davanti ai suoi occhi. (p. 240)
Quarto volume della saga di Mazo de la Roche, Il padrone di Jalna è quello che più strettamente si ricollega al primo capitolo Jalna (trovate qui la recensione): perché è in questo romanzo, dopo aver passato la scomparsa di Adeline e i travagli di Finch, che si ritorna al nucleo e a ciò che è veramente importante per i Whiteoak, in particolare, e, in generale, per i romanzi familiari: la difesa della casa, delle mura che distinguono la famiglia dal resto del mondo. 
Il taglio delle querce è il primo dei tanti piccoli attacchi che l'esterno sferra a Jalna. Meg e Maurice a Vaughlands si vedono costretti a lottizzare i terreni per poter sopravvivere, Renny deve fare i conti con Alayne che non è disposta a investire tutto il suo patrimonio in Jalna perché, e lei ben lo sa, i Whiteoak non sono buoni amministratori e il suo denaro finirebbe per andare sprecato. Ma se da una parte c'è il conservatorismo di Renny che è un tutt'uno con la tenuta e incarna bene il pensiero gattopardiano del cambiamento, c'è chi scende a patti con questi nuovi tempi.
Piers lanciò un'occhiata curiosa al fratello, chiedendosi fin dove l'avrebbe condotto l'offesa patita per via delle querce; fin dove sarebbe arrivato se i suoi sforzi per convincere le autorità a desistere non avessero funzionato. Anche lui era dispiaciuto per la sorte di quegli alberi, gli rincresceva perdere quella curva così pittoresca, ma il progresso era inarrestabile, e le auto erano il futuro. (p. 29)
Se nel primo volume Jalna non permetteva a nessuno di uscire dai suoi confini, in questo nuovo capitolo assistiamo a un gioco di eliminazione progressiva. Sta passando il tempo delle grandi famiglie che vivono tutte sotto lo stesso tetto – e nessuno potrebbe essere più felice di Alayne di liberarsi di tutti quei parenti con i quali continua a mescolarsi a fatica – e l'allontanamento dei vari membri si svolge come un domino. Ci sono allontanamenti dettati dai normali eventi della vita: c'è chi si innamora e decide di sposarsi, chi cede al passare al tempo, chi rientra in patria. C'è lo scontro tra vecchia e nuova mentalità e la nuova, dentro Jalna, non trova posto. Non si arriva a un "and then there were none" ma la tenuta ha bisogno di un ricambio generazionale. Un ricambio che però non sembra mostrare chissà quali novità perché la nuova Adeline in carica, la figlia di Renny e Alayne, è la copia esatta della nonna.
Una vera Court, dicono tutti: testarda, dalle passioni violente, in contrasto costante e guerresco con la madre, ha una smaccata preferenza per Renny che ritiene quasi un dovere incoraggiare gli aspetti meno lodevoli del carattere della figlia. Perché tutto deve essere sempre uguale e, se non proprio uguale, almeno circolare. Una Adeline li ha lasciati, che un'altra prenda il suo posto. Renny non fatica a vedersi come nuovo capostipite di un rinnovamento di Jalna con Alayne, che oscilla tra il fastidio, l'odio e l'amore più sconfinato, al suo fianco. Una Jalna che assume a volte i contorni di una casa stregata per affermare la propria volontà.
«Non è colpa mia!» esclamò Alayne. «Non è colpa mia se il soffitto crolla, le persiane sbattono e la carta da parati si stacca e non c'è carbone in cantina! Se volete lamentarvi, andate da Renny!». (p. 298)
Viene da chiedersi chi sia il padrone di Jalna. Chiunque vorrebbe arrogarsene il titolo, o viene usato come accusa quando qualcuno oltrepassa il segno e decide di fare riparazioni o migliorie senza avere l'approvazione del consesso plenario della famiglia. Ma la verità è che tenute di questo tipo non hanno un vero padrone: hanno dei custodi – come saggiamente diceva anche il conte di Grantham in Downton Abbey – che hanno il dovere di preservare al meglio ciò che hanno ricevuto in eredità. Tutto sta nel bilanciamento tra la giusta conservazione per il bene della famiglia e la comprensione di quando la lotta  diventa una crociata contro i mulini a vento nel tentativo di fermare il progresso.

Giulia Pretta