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#PLPL2021 - La libertà, il diritto all'informazione e la bellezza delle parole

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A soli due mesi di distanza da quel Salone Internazionale del libro di Torino che tanto ci ha emozionati dopo la pausa del 2020, ecco che ci ritroviamo come in un sogno davanti alla Nuvola progettata da Fuksas e inaugurata al pubblico nel 2016 – en passant viene da pensare: solo cinque anni fa, eppure sembra un altro mondo!

Ma bando alla nostalgia. Questo martedì 7 dicembre è pieno di eventi, ci sono decine di stand da visitare e nuove uscite da acquistare. Senza l’ingombro dei grandi marchi presenti al Salone, la fiera della piccola e media editoria è da sempre sinonimo di editoria indipendente, di nomi a volte poco conosciuti ma spesso latori di qualità, trampolini di lancio per vette più blasonate. Scarichiamo l’app Plpl – che, c’è da dirlo, a differenza di quella del Salone funziona alla perfezione, consentendo una rapida organizzazione e una immediata localizzazione degli eventi e degli stand sparsi nei tre piani della Nuvola – e ci dirigiamo immediatamente verso la prima conferenza.

Lo Spazio Rai è già gremito. Stupisce (in positivo) la presenza massiccia di scolaresche e studenti a questo evento intitolato Cronaca e vita quotidiana, l’altro volto della disinformazione. A moderare è Claudia Mazzola, mentre presenti sono i giornalisti Monica Giandotti, Gianni Riotta e Giorgio Zanchini e il responsabile delle Institutional Communication di TIM Simone Cantagallo. Subito vengono introdotti il tema e i primi dati, purtroppo non positivi: il 5,8% degli italiani è convinto che la Terra sia piatta, il 5,9% che il Covid non esista. Il tema è spinoso: da un lato abbiamo la necessità di preservare la libertà di espressione, dall’altro quella di garantire la corretta informazione. A dirimere la questione interviene Riotta, il quale afferma che la Costituzione garantisce sì la libertà di espressione, e però «non garantisce il diritto sui vostri fatti: i fatti sono fatti, questa è la realtà. La difficoltà del nostro tempo è trovare le idee giuste per guidare la realtà». Il problema, non nuovo come fa notare Zanchini ma acutizzato dalla facilità di accesso alle informazioni, è che «molte persone acquisiscono informazioni attraverso Facebook e i social network», luoghi in cui le fake news spopolano a un ritmo difficilmente controllabile. Bisogna dunque «fare debunking» afferma Giandotti, «rispondendo punto dopo punto per demolire la disinformazione». Compito del giornalista e del divulgatore scientifico è proprio coprire le falle del sistema informativo, perché molte persone «si informano poco e male»: pur avendo accesso alla information literacy tendono a perdersi e a finire «preda dell’atomizzazione delle informazioni». La conferenza si conclude con un invito ai giovani studenti presenti in sala a informarsi al meglio, anche partendo dai social, e a interrogare i giornalisti e gli esperti quando nascono dubbi di qualsiasi genere in qualsivoglia settore.

La prima conferenza, iniziata con un poco di ritardo e terminata oltre l’orario previsto, ci lascia giusto il tempo di mangiare un boccone e infilarci fra la folla del mezzanino, là dove spicca la sala Polaris. Qui Luca Balestrieri e il membro dell’Agcm Andrea Minuto Rizzo affrontano il tema del delicato rapporto fra le piattaforme digitali come Netflix e Amazon, il loro ruolo nell’industria tecnologica e l’uso dei dati personali. «Il consumo dei dati è uno dei luoghi in cui si mettono a nudo gli interessi delle persone» afferma l’autore del libro Le piattaforme del mondo. Per affrontare al meglio la quarta rivoluzione tecnologica, attualmente in corso, è necessario riconoscere che i sistemi sono intelligenti ed è possibile interagire e "ragionare" con loro, altrimenti si rischia di divenire spettatori passivi i cui dati sono facile preda di manipolazione e sfruttamento. A tal proposito, continua, «gli americani più che gli europei cominciano a realizzare che alcune piattaforme e alcuni sistemi non statali sono troppo grandi». Gli esempi si sprecano: Twitter, Amazon, Microsoft. La domanda è spontanea: come ci si deve regolare con loro, dal momento che parliamo di libero mercato? «Noi europei», prosegue, «abbiamo inoltre il problema che questi colossi non solo sono troppo grandi ma soprattutto non sono europei, bensì americani». L’Europa ha una base industriale debole per poter competere nel grande mercato mondiale dell’informazione. C’è uno spiraglio di luce, afferma tuttavia Balestrieri. Nonostante Amazon e Google irretiscano gli utenti attraverso servizi spesso gratuiti o poco costosi, la nostra è una fase di oligopoli delle piattaforme che però non soffocano l’innovazione, al contrario, la favoriscono. E visto che non si può tornare indietro a prima dell’avvento del capitalismo delle tecnologie, si può però provare a migliorare la situazione creando strumenti di politica industriale che favoriscano gli utenti e i consumatori.

Abbiamo finalmente tempo di farci un giro per la fiera, di stringere mani e fare due chiacchiere fra gli stand per scoprire qualche chicca nascosta. Spendiamo più di quanto previsto – come sempre – ma sono soldi ben spesi. Con l’occasione, facciamo anche qualche regalo di Natale con un po’ di anticipo. Fuori intanto si sta facendo sera, i nuvoloni non la smettono di accumularsi sopra il centro congressi e ovunque è un continuo chiacchiericcio. Fa piacere, ancora una volta, vedere gruppi di ragazzi con le teste infilate dentro qualche volume.

Poi, senza sapere bene come, si sono già fatte le cinque e mezza. Torniamo di nuovo nello Spazio Rai, dove Gianrico Carofiglio discute con Francesco Bei di un argomento capitale: dietro al titolo Fare cose con le parole, infatti, si nasconde la voglia di parlare delle parole stesse, di come il loro uso e soprattutto il loro abuso possa creare danni incalcolabili: «Le parole cambiano il mondo anche quando sembrano solo strumenti per raccontarci, in quanto costruiscono costitutivamente il nostro posto nel mondo» afferma infatti l’ex magistrato. Le parole «sono uno strumento di libertà», «sono uno strumento per muoverci nel mondo evitando che il mondo si impadronisca di noi». Il dialogo si sposta rapidamente dal campo letterario a quello politico, settore di cui – per propria costituzione – Carofiglio è a proprio agio. Quando personaggi pubblici stravolgono il senso delle parole, «quello che si può fare è smontare la manomissione delle parole», prendendo atto di tale stravolgimento e ridando ai termini e alla conversazione i significati che gli sono propri. Questa conferenza, per i temi che affronta, sembra l’ideale prosecuzione di quella della mattinata e, a ben vedere, anche di quella tenutasi dopo pranzo: anche qui infatti temi centrali tornano a essere i diritti umani, soprattutto quello legato alla giusta informazione, al non essere presi per i fondelli quando si parla della cosa pubblica. D’altronde la libertà – elemento fondante delle nostre democrazie – è il tema della fiera di quest’anno. E, a proposito di questo, Carofiglio ci tiene a ribadire – ponendosi su una linea che, passando per Martin Luther King, arriva fino a Kant – che «la mia libertà finisce dove inizia la tua, ma soprattutto quella della comunità». Può sembrare una frase ormai scontata, ma soprattutto in un periodo come questo, in cui si parla a sproposito di dittatura sanitaria, bisogna sempre tenerla a mente.

La conferenza termina intorno alle sette di sera. Passando per l’ultima volta fra gli stand vediamo le facce esauste degli editori e degli uffici stampa, stremati ma felici dopo quattro giorni di fiera. Ci avviamo all’uscita e, una volta fuori, restiamo a guardare da lontano quella strana struttura illuminata di rosa, attorno alla quale fremono e si agitano centinaia di persone che, ancora una volta, ci ricordano quanto bello sia emozionarsi per una buona lettura.

 

David Valentini