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Rinchiudere il predatore tra le pagine di un libro: il memoir di Vanessa Springora sull'abuso, il consenso e il pericoloso confine dei sentimenti umani

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Il consenso
di Vanessa Springora
La nave di Teseo, 2021

Traduzione di Gaia Cangioli

pp. 192
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Un padre scomparso nel nulla che ha lasciato un vuoto immenso nella mia vita. Una spiccata passione per la lettura. Una certa precocità sessuale. E, soprattutto, un immenso bisogno di essere guardata.
Ora le premesse ci sono tutte.
(pp. 30-31)

Le premesse di cui parla questo passo de Il consenso di Vanessa Springora, editrice, scrittrice e regista francese, sono quelle della dissoluzione della sua persona, cominciata quando aveva soltanto tredici anni. 
Ancora bambina, intraprese una relazione con quello che nel libro viene siglato come "G.M." (n.d.r: Gabriel Matzneff), noto scrittore - oggi ottantaquattrenne - che soprattutto nel periodo di questa relazione occupava un posto di assoluto rilievo nel pantheon culturale francese.
Lui aveva cinquant'anni, lei trentasette di meno, un divario che non solo sarebbe dovuto essere punito dalla legge, ma che costituiva un pericolosissimo terreno per lo sviluppo di una dinamica di prevaricazione che si è effettivamente generata. Per troppi anni Vanessa è finita dentro una trappola.
Attorno a V. e G. c'era un intero mondo di intellettuali compiacenti che non mosse nessuna obiezione concreta a questo rapporto insano. La famiglia di Vanessa e tutti coloro che la circondavano, sulle prime stupiti e segretamente inorriditi, preferirono voltare la testa dall'altro lato e trincerarsi dietro un'illusoria idea di consenso. La ragazzina non sapeva forse a cosa andava incontro e stava comunque scegliendo di farlo?
Ci pensa ora, a distanza di anni e di immenso dolore provato, il memoir di Springora a problematizzare il tema del consenso nelle relazioni sessuali tra minori e adulti, un tema che ha avuto una grande eco nel corso degli ultimi cinquant'anni con famose pubblicazioni e petizioni che hanno visto in prima linea anche personaggi di rilievo come Roland Barthes, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Louis Aragon. 
Ma Il consenso non intende certo riportare il dibattito esterno: vuole al contrario riportarci all'interno dell'anima dell'autrice che ha vissuto in prima persona questa storia. Ecco che la tredicenne di allora prende forma nelle parole dell'adulta di oggi per dire che in un momento storico in cui il mantra era "Vietato vietare", qualcuno avrebbe dovuto evitare che la vita di un'adolescente vulnerabile fosse distrutta da un predatore sessuale narcisista. 

Il memoir di Vanessa Springora è stato definito, in Francia e non solo, "un libro scandalo". Al di là delle mere etichette editoriali, collocare lo scandalo nell'oggi, nel momento in cui il testo vede la luce, sposta le coordinate di questa storia incredibilmente straziante in un perimetro temporale problematico come erano problematici i confini delle scelte della (troppo) giovane V., amante che si è inconsapevolmente diretta dentro la tana di un lupo.
Il vero scandalo è quello di ieri, ma oggi si ricorre alla letteratura per riscrivere una storia per troppo tempo manipolata, al fine di rivendicare uno spazio di espressione negato.
Con una prosa affilata come lama di coltello, acuminata tanto nelle parole che l'autrice rivolge al suo aguzzino (forse dovremmo parlare di più aguzzini) quanto nelle considerazioni che fa su di sé, Springora racconta senza ambiguità tutto quello che le è accaduto. E lo rilegge con gli occhi di una donna oggi capace di amare di nuovo se stessa e gli uomini grazie all'analisi e al lavoro che ha compiuto su di sé:

...se volevo placare la mia rabbia una volta per tutte e riappropriarmi di quel capitolo della mia esistenza, scrivere era forse il rimedio più adatto. Diverse persone me l'avevano già suggerito nel corso degli anni. Altre invece avevano cercato di dissuadermi, per il mio bene [...] Perché scrivere significava tornare a essere la protagonista della mia storia. Una storia che mi era stata confiscata per troppo tempo. (p. 176)
Si comincia dalla separazione dei genitori e dall'assenza di un padre che più che un muro fortificato era una flebile corrente d'aria.
Si descrive poi il rapporto ambivalente con una madre con cui V. cercava di fondersi totalmente per rispondere a un totale bisogno di amore ("la mancanza d'amore è come una sete che beve tutto"), la stessa madre che la lascerà sola per anni tra le braccia di un uomo efebofilo e subdolo.
Cerchiamo di comprendere come possa essersi sentita questa bambina, finalmente guardata, compresa e corteggiata, tra le braccia di qualcuno che avrebbe dovuto essere un padre e non un violento iniziatore. Springora ci porta dentro i suoi sogni abitati per molto tempo dall'omicidio e dalla vendetta, istinti poi rielaborati in scrittura.

Uno degli aspetti più interessanti del libro è la concettualizzazione della letteratura come parte di questa equazione dialettica tra prevaricazione e consenso: G. imprigiona V. come fosse un animale in gabbia, ma la gabbia in cui la rinchiude sono i libri e le lettere. Lui solo può scrivere di lei, lui solo può raccontarla bloccandola in un eterno presente di bambina, proprio come la desidera e la vuole ricordare. 
Se l'uomo scrive, la donna è scritta e impazzisce arrivando a dubitare di esistere davvero se non nel perimetro di quelle pagine. Questo non è altro che il dilemma che prende corpo tutte le volte in cui il potere maschile si arroga il diritto di silenziare le voci femminili in una narrazione a senso unico fatta di strumentalizzazione, colpevolizzazione riflessa e di amore illusorio. 
"Esistono molti modi per rapire una persona a sé stessa", dice a un certo punto la scrittrice: questa è la storia di una spoliazione della coscienza. Le persone vittime di abuso spesso si sentono come pagine bianche, vuote, senza consistenza. 

Sarebbe riduttivo inserire strettamente Il consenso in quel mondo di pubblicazioni che sono venute alla luce dopo il #metoo. Non è solamente una denuncia, è una testimonianza letteraria sui pericolosi confini dei sentimenti e sul bisogno di protezione. Nondimeno, una eco dei grandi dibattiti del nostro tempo risuona.
La proiezione dell'abuso su uno specchio letterario, i temi della colpa, della responsabilità e del potere richiamano quello che anche Kate Elizabeth Russel ha fatto nel suo romanzo d'esordio, Mia inquieta Vanessa. Anche lì le domande affioravano potenti: se una ragazzina di quindici anni accetta di avere un rapporto con un uomo molto più grande possiamo definirlo "consenso"? Se si fa ritrarre in delle polaroid con la gonna un po’ alzata e lo sguardo all’obiettivo, è davvero consapevole di cosa vuole in quel momento?
Ma c'è anche il tema della riappropriazione del corpo come terreno della storia personale femminile, espresso - per citarne una su tutte - da Emily Ratajkowski nel suo articolo Buying Myself Back (e a breve anche in un libro). 

È la conferma che le parole delle vittime non riescono spesso a liberarsi dall'ambivalenza ma stanno trovando delle loro strade per librarsi in alto sul mondo, consapevoli e fiere.


Claudia Consoli