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"Le balene mangiano da sole": lasciatevi conquistare dalla lieve e profonda commedia di Rosario Pellecchia

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Le balene mangiano da sole
di Rosario Pellecchia
Feltrinelli, 4 marzo 2021

pp. 272
€ 15,20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Fuori, intanto, la città se ne frega di loro, delle loro ferite e dei loro desideri, indaffarata com'è a far ululare le ambulanze, a muovere avanti e indietro le metropolitane, a far funzionare ossessivamente i semafori. 
Sì, Milano non sa niente di Luca e Genny e della loro amicizia appena nata. Assurda e imprevedibile come una rovesciata di Cavani al novantacinquesimo minuto. (p. 51)

Chi ha detto che l'amicizia risente della differenza d'età? Trovate innaturale che un ultraventenne si trovi benissimo a guardare una partita e a chiacchierare con un dodicenne? Allora leggete Le balene mangiano da sole, il romanzo di Rosario Pellecchia appena uscito per Feltrinelli, e vi ricrederete. Era tanto che non trovavo una commedia così piacevole, lieve e al tempo stesso profonda, fantasiosa ma non inverosimile, che mette in scena un'amicizia insolita tra due persone qualunque, accomunate, semmai, dalla grande passione per il Napoli, da un ottimismo non ingenuo e da una straordinaria curiosità verso la gente. 

Gennaro (detto "Genny") è uno studente del Politecnico, ma da un po' di tempo ha sospeso gli esami, completamente assorbito com'è dal suo lavoro di rider. Il suo coinquilino Kalidou ha provato a metterlo in guardia sulle difficoltà e sullo scarso guadagno, ma Genny fa il suo lavoro con dedizione, soprattutto perché, parafrasando una sua frase, quando incontra qualcuno è curioso di conoscerlo. Poco importa se un rider abbia solo pochi secondi per consegnare il cibo e andarsene; quel tempo basta per scoprire qualcosa dell'altro, per sbirciare dentro la sua casa, sentire il profumo e i rumori che vengono dalla stanza, e immaginare. Certo, il freddo o il caldo di Milano non aiutano a pedalare al giusto ritmo, ma per Genny quella non è solo una professione, è un'occasione per conoscere altre persone, per provare a figurarsi le loro vite, e anzi si meraviglia che molti suoi colleghi non facciano altrettanto («Quello che proprio non capisce è perché alla maggior parte della gente non importa della gente», p. 56). Bisogna poi dirlo: pedalare è anche un'ottima cura contro i cattivi pensieri e soprattutto aiuta a cacciar via almeno per un po' i ricordi che fanno male a Genny, gli stessi ricordi che lo hanno portato a lasciare Napoli. 

C'è poi un'altra inaspettata cura alle sue sofferenze: Luca, un dodicenne a cui una sera come tante altre Genny ha consegnato un pollo super fritto. Bastano pochi dettagli - la maglietta di Cavani, l'ansia di farsi un nuovo amico - perché Genny capisca di avere molto in comune con il ragazzino e in men che non si dica tra i due si stringe un'autentica e dolcissima amicizia. Giulia, la madre di Luca, abituata a cavarsela da sola, guarda con sospetto a questo strano legame, ma poi è costretta a ricredersi: Genny è per Luca «una bizzarra forma di compagno di classe ultraripetente, qualcuno che, se da un lato si prende cura di lui, dall'altro impara a sua volta da quel ragazzino cose che aveva perso per strada» (p. 110). Dietro la loro apparente giovialità c'è un'ombra, un segreto che faticano a tenere a bada: Gennaro deve svoltare dopo una pesante perdita; Luca deve fare i conti con l'idea che forse suo padre non è morto, ma semplicemente non lo ha voluto. 

Tra partite del Napoli, delivery food, pizzate con i colleghi rider, incontri-scontri inattesi e tanta voglia di ricominciare, accompagniamo Gennaro in un suo percorso di ricostruzione, anche e soprattutto accelerato dall'amicizia con Luca. Tante volte ci troviamo a sorridere con Genny o con gli altri rider, che raccontano di consegne a personaggi assolutamente improbabili; altre volte - quando si affacciano episodi di razzismo, maleducazione o annichilente indifferenza verso il prossimo - ci si arrabbia con loro e non si può evitare una riflessione sulla realtà tutt'altro che semplice dei rider. Affiorano anche altri sentimenti durante la lettura, come una sorta di nostalgia per chi prenota da sola una pizza Bismarck solo per ricordare il marito defunto; o divertimento per una buffa coppia, colta un momento dopo il sesso, per dire solo due delle tante consegne che restano nella memoria. 

Non ultimo, Le balene mangiano da sole (di cui non svelo il significato del titolo, perché non voglio togliere la sorpresa) ci porta in bici per Milano, attraverso le sue tante contraddizioni sociali e architettoniche, cogliendo talvolta anche il fascino di certi singolari accostamenti. Solitudine e famiglia, razzismo e integrazione, amicizia e amore, nostalgia di casa e piacere di girare per Milano, ironia nel guardare al mondo e momenti di malinconia: questo romanzo è una piacevole sorpresa, che può essere ampiamente apprezzata da adulti tanto quanto da giovani lettori. 

GMGhioni