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#IlSalotto - Padania Blues, la provincia disperata raccontata da Nadia Busato

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L'ironia crudele, la commedia tragica di una letteratura ispirata a fatti realmente accaduti: esce oggi in libreria Padani Blues, l'ultimo romanzo di Nadia Busato, scrittrice e giornalista nota al pubblico per il suo impegno nel raccontare discriminazioni di genere, stereotipi e tossicità di un certo ambiente sociale e culturale. Tematiche care all'autrice che tornano quindi anche in questo romanzo, ambientato in una bigotta comunità immaginaria nel cuore della pianura padana in cui, ancora una volta, sono le donne le vittime sacrificali di una società corrotta e maschilista. Nadia Busato racconta i sogni fragili e vacui di una Barbie di provincia, la provincia soffocante, le miserie quotidiane in un'escalation di crudeltà e violenza che sorprende.
Debora Lambruschini ha intervistato l'autrice, in uno scambio ricco di spunti e suggestioni: dialogheranno insieme anche questa sera, in diretta sull'account Instagram di Critica Letteraria. 


Nella nota introduttiva al libro, sottolinei che i fatti narrati traggono spunto dalla realtà, da eventi accaduti: puoi raccontarci un po’ della genesi di questa storia, come si sia trasformata – e quanto – in narrazione, in fiction?
Alla fine del libro, anche per ringraziare i lettori di aver fatto il mio gioco, spiego un po' più approfonditamente la nota introduttiva a cui fai riferimento. La storia catalizzatrice è l'escalation di violenza tra i due parrucchieri, ex compagni di vita e di lavoro, in cui la procace sciampista si è ritrovata suo malgrado invischiata. Non solo: è stata anche nella realtà la chiave di tutto il mistero e, da subito, la principale accusata. Insieme a lei, c'era davvero il suo migliore amico e collega; e un'altra complice pasticciona che ho tagliato per esigenze di costruzione letteraria. In questa storia, le vicende dei personaggi secondari (l'amica della protagonista, i suoi genitori) e terziari (i personaggi del paese, il fotografo) sono anch'esse raccolte da fatti di cronaca che ho collezionato negli ultimi vent'anni, da quando ho iniziato a cercare di mettere a fuoco più dettagliatamente i cortocircuiti culturali del posto in cui vivo: la Val Padana. Ma la cronaca è rigorosamente piegata alla letteratura: il libro è costruito con un'ironia crudele, che molto deve a una tradizione della satira socio-politica, che potremmo far risalire ad Aristofane, passando per Brecht fino ai fratelli Coen.

Il romanzo si apre a moltissimi spunti di riflessione e chiavi di lettura, a partire anche dalla riflessione sul corpo delle donne e la sua mercificazione e, in generale, di piccole grandi discriminazioni quotidiane con cui noi donne siamo chiamate a fare i conti: quanto è importante, secondo te, il ruolo di uno scrittore, di una scrittrice, non solo nel delineare criticità e soprusi, ma anche se possibile in qualche modo combattere contro gli stereotipi di genere?
L'effetto che volevo ottenere è quello di un "after image". Hai presente quelle immagini da illusione ottica in cui fissi un punto per qualche secondo e poi improvvisamente riesci a vedere qualcosa che, a prima vista, non notavi? Ecco: qui il gioco è precipitare il lettore dentro le giornate della protagonista, conoscere i suoi sogni, stare ostinatamente dalla sua parte pur senza amarla. E fissando solo il suo punto di vista, smarrirsi completamente. Mettendo a fuoco il complesso, infatti, è facile restare interdetti: in un contesto ultra conservatore e bigotto, i peccati inconfessabili dei protagonisti sono affermazioni disperate di identità. Che passano soprattutto per il corpo: lo usano, lo esibiscono, lo feriscono, progettano di modificarlo. Sulle donne tutto questo è ritenuto normale. Di più: alla protagonista viene più volte con insistenza suggerita la chirurgia estetica per correggere un petto poco adeguato alle forme procaci richieste dai modelli mediatici della televisione e, diciamolo, della pornografia. Ma anche gli uomini qui guardano alla chirurgia come il fattore chiave per il riscatto dal fallimento. Credo che gli scrittori abbiano una grande responsabilità nell'analizzare i temi che attraversano il nostro presente, come la guerra ai corpi (da leggere in chiave ecologica come componente essenziale del distacco dell'uomo dagli ecosistemi naturali) o il complesso modello socio-culturale intriso di nostalgismo e moralità che è la base molto salda e pervasiva del consenso sovranista.

Padania Blues
di Nadia Busato
SEM, 2020

€ 16,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

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Il ritratto che fai di Ogno, piccola comunità nel cuore della pianura padana è quello di una provincia soffocante, malsana – tanto nell’ambiente quanto nei rapporti personali – da cui si può solo scappare o restarne schiacciati. Cosa rende quella provincia così “negativa”, rispetto ad altri luoghi decentrati e, al contrario però, scelti per uno stile di vita più umano, semplice, felice direi?
Mio figlio adora “Mad Max: Fury Road”; e anche io: l'avremo visto insieme dieci volte. A un certo punto, mentre la regina progetta di viaggiare verso un luogo paradisiaco di cui si parla in modo leggendario ma senza indicazioni precise, Max “il pazzo” (che ovviamente non lo è affatto) le convince a tornare a casa e combattere con una frase semplice quanto vera: “se non puoi cambiare quello che è rotto, diventi matto”. Io non lo so se esiste un posto migliore in cui vivere: sono nata in Lombardia, ho studiato in Veneto, mi sono specializzata in Emilia Romagna e ho lavorato in Piemonte. I miei libri di scuola descrivevano la Val Padana come il rigoglioso e fertile ecosistema benedetto dalle acque del fiume Po; ma la realtà di questi luoghi è ben diversa. E la mia vita è segnata dall'ascesa di un unico progetto politico continuativo, che proprio qui si radica: non un grande piano di risanamento ambientale della pianura più fertile d'Italia, bensì l'unione secessionista della Macroregione, i cui pilastri (anche mediatici) sono il cemento e Miss Padania. Io credo che le persone che abitano questo pezzo d'Italia semplicemente siano ormai assuefatte alle sue contraddizioni, all'ossessione per i soldi, allo smog, ai veleni di un'imprenditoria che ha depredato l'ambiente e all'idea che la vita felice stia altrove. Io invece la penso come Max il matto: dovremmo guardare in faccia la realtà e impegnarci seriamente per aggiustare le cose che non vanno, prendendoci cura della casa che abbiamo.

I personaggi del tuo racconto sono quasi tutti esseri umani fragili, imperfetti, in conflitto con sé stessi e il piccolo mondo in cui si muovono. Non ci sono buoni o cattivi in senso letterario, ma proprio per questo, per le sfumature e le zone grigie, risultano verosimili anche nella loro resa letteraria. Sei d’accordo? Quale tra loro è stato il più difficile da tratteggiare?
Voglio bene a ognuno di loro e li detesto profondamente perché mi hanno costretta a non giudicarli mentre precipitavano verso l'irreparabile. Al contrario: ho cercato di tutelare la loro dignità anche nelle situazioni più patetiche e mortificanti. Ho riscritto molte volte i dialoghi dei due parrucchieri perché volevo che fossero l'alternativa alle coppie rispettabilmente ipocrite unite dal matrimonio: nonostante esista un legame minato da paternalismo e opportunismo, in qualche modo c'è un tentativo, goffo, di aprire un dialogo più profondo. E c'è anche un fattore completamente escluso dalle altre relazioni: la gratitudine. Ognuno di loro deve qualcosa all'altro ed è proprio il tradimento di questo debito che fa esplodere la violenza fino alla tragedia. Nonostante questo, tutti loro sono schiacciati da un contesto opprimente, dove il fallimento non è un fatto della vita, ma un marchio infamante che solo la fuga o la morte possono cancellare. Quando i loro errori e le loro responsabilità si fanno troppo evidenti per essere giustificate, chiamo in causa la grande storia, per ribadire che in un contesto così tossico e privo di alternative, l'impotenza di questi personaggi è pressoché totale.

Intervista a cura di Debora Lambruschini