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Dentro l’orizzonte degli eventi: «Le isole di Norman» di Veronica Galletta

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Le isole di Norman
di Veronica Galletta
ItaloSvevo, 2020

pp. 304
€ 18,00 (cartaceo)

Questa è l’Isola, che sorprende e poi abbandona, che provoca e blandisce, che conquista e poi scompare, nella perfezione di una colonna, nello scintillio dell’alluminio degli infissi, nell’eternità di un gatto che dorme, nel tanfo del sacchetto di rifiuti che ha appena sventrato. Solo abitandola quotidianamente, accettandone le contraddizioni e affidandoti a lei, Ortigia si rivela, come una cura. (p. 36)
Se c’è un romanzo, fra quelli letti di recente, in cui protagonista non è soltanto una persona bensì un luogo, questo è Le isole di Norman: Ortigia, un minuscolo appezzamento di terra collegato alla città di Siracusa tramite due ponti, con il suo tempio di Apollo, le sue strette stradine adatte alla piccolezza dei luoghi, la sua costa foriera di altre realtà – di altre isole e penisole – è in effetti un comprimario di Elena, ragazza che il mare, il sale e le isole ha impressi sul proprio corpo.
Nelle circa trecento pagine del romanzo d’esordio di Veronica Galletta – già finalista della XXVIII edizione del Premio Calvino e vincitrice, quest’anno, del Premio Campiello Opera Prima – seguiamo Elena nei suoi pellegrinaggi isolani, attraverso luoghi d’infanzia, fra piazze e calette, dentro il forno locale, sulla baia solitaria, e insieme a lei scopriamo un microcosmo fatto di abitudini e rituali quotidiani. Il viaggio dell’eroe è insomma anche il viaggio in una terra e in un tempo che paiono lontani alla vista: è la lentezza a scandire le giornate, il ciclico andare e tornare della luce e delle ombre, come in una sorta di primevo giardino dell’Eden.
Quei due ponti, che rappresentano una sorta di finis terrae fisico e mentale, appaiono dunque come le colonne d’Ercole, il non plus ultra oltre il quale nulla sembra consentito; ma se al di là di quei ponti non sembra esserci nulla, al di qua tutto appare come bloccato in un eterno ritorno, in un andare e venire che ha il suono della risacca delle onde. Ortigia, per Elena e per gli altri abitanti, è l’alfa e l’omega, l’orizzonte di tutti gli eventi possibili. E proprio come all’interno di un mito, la vita stessa all’interno della cornice isolana appare una sorta di continua variazione sul tema, come se esistesse un nucleo vitale, un motore immobile intorno al quale tutto il resto ruota.
Non solo Elena appare statica nei suoi spostamenti giornalieri alla ricerca di una madre la cui scomparsa è preannunciata già dalla bandella: la staticità colpisce anche il padre, ex militante del Partito comunista, che dalla parmigiana di melanzane intende creare una panacea in grado di risolvere tutti i mali; e colpisce anche Pietro, il cui incontro fortuito con Elena segna una svolta per lei e per lui, e così via tutti gli altri personaggi e le altre comparse, che come su un palcoscenico sembrano recitare la propria parte in attesa di qualcosa di là da venire.
Ma persino nell’Ortigia di Veronica Galletta la storia e la realtà arrivano a contaminare l’utopia e il sogno: è questo forse il senso dei due macroeventi che scandiscono il prima e il dopo della vita di Elena, al di là della finzione narrativa. Il rapimento di Aldo Moro prima e la strage di Capaci poi hanno non solo la funzione di cornice temporale per indicare al lettore il periodo in cui Le isole è ambientato, bensì sembrano voler comunicare a tutti – a noi che leggiamo e a Elena che nella finzione vive e prospera – che anche in quella che appare essere una sorta di Isola che non c’è all’italiana le cose accadono; che il tempo scorre inesorabile, e con lui fuggono via le opportunità; che se non compiano le nostre scelte, altri le compiranno per noi. E allora bisogna vivere, perché altra soluzione non c’è.
Nel romanzo non accade molto, c’è da dire. Alcuni passi sono forse discutibili, così come certi passaggi hanno il sapore di déjà vu. Le isole di Norman non è un romanzo perfetto. Tuttavia, la scrittura di Veronica Galletta, ancorché forse non ancora esplosa nel suo pieno potenziale, si rivela viscerale, folgorante, magnetica. È una scrittura poetica eppure terragna, che sa narrare dei sogni e delle paure di un’adolescente ma anche portare alla mente l’odore del sale e la luce che s’incaglia nei vicoli. È, insomma, una scrittura da tenere sotto osservazione.

David Valentini





Ha da poco vinto il Premio Campiello Opera Prima, il romanzo di esordio di @gallettaveronica per @italosvevoedizioni. E in effetti la sua prosa è notevole e stupefacente, sa agganciare ed entrare in profondità. Il suo è un romanzo fatto di attese, e di eterni ritorni di giorni sempre uguali, di ciclicità e rituali quotidiani. L'isola di Ortigia, vera protagonista della narrazione, è un luogo che non sembra reale eppure è immerso nel magma ribollente della nostra storia italiana. "Le isole di Norman" è un gran bel testo, ma da seguire da vicino è la sua autrice, che si è imposta con un esordio fulminante. Ce ne parlerà a breve il nostro @darvax. . #libri #books #instabooks #bookstagram #lettura #inlettura #reading #nowreading #bookshelf #bookporn #bookreading #booksofinstagram #igersitalia #iger #igersitalia #snapseed #libridaleggere #librichepassione #booklover #bookreader #criticaletteraria #romanzo #novel
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