Le storie del ghetto di Budapest e la vita nell'Ottavo distretto


Storie del ghetto di Budapest
di Giorgio e Nicola Pressburger
Marsilio, ottobre 2019

pp. 215
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Il mondo descritto dai fratelli Pressburger in questa raccolta di racconti è un mondo intriso di tradizioni, balli, personaggi memorabili e vite mai banali, che alimentano l'Ottavo Distretto nel Ghetto di Budapest, dove entrambi sono cresciuti. 
Giorgio Pressburger, narratore, saggista, autore e regista teatrale, è fuggito da Budapest nel 1956, rifugiandosi prima a Vienna e poi in Italia, dove è diventato una delle figure preminenti del panorama culturale; si è spento nel 2017; il fratello Nicola è stato un giornalista economico, morto nel 1985. 
Marsilio riunisce qui una serie di racconti, che parlano della loro infanzia e che contribuiscono a darci uno spaccato umanamente incredibile di uno dei ghetti di cui la Storia ci ha tramandato meno. L'idea di ebraismo presente nel libro è un'idea gioiosa, vivace, variopinta, dove c'è poco spazio per la tragedia, e c'è tantissima vita, nonostante tutto, anche nel momento del dolore e della perdita. C'è un senso di identità e di coesione, e c'è un sottile senso di nostalgia; c'è la città di Budapest e la vita che i suoi abitanti le danno, appropriandosi degli spazi per farli propri:
Poco distante da piazza Colomanno Tisza gli architetti avevano tracciato un altro spazio libero, chiamato poi piazza Teleky, destinandolo a mercato per la sua ottima posizione in vista dell'afflusso di merci provenienti da fuori città e dei compratori dai quartieri più centrali. E fu poi questa seconda piazza a fagocitare, con l'andare dei decenni, tutto il resto del nuovo distretto e a darvi un'impronta che nessuno degli illustri pianificatori del futuro di Budapest si sarebbe mai aspettato. Il mercato infatti attirò sul posto un grande numero di mercanti ebrei: rigattieri, commercianti di alimentari, banconieri, osti sempre pronti a ubriacare i contadini venuti a vendere in città la loro mercanzia. (p.10)

9 novembre 1989, quel giovedì che cambiò la Storia

Anime prigioniere
di Ezio Mauro 
Feltrinelli, 2019

pp. 195
€ 18.00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)





Chi non ha ancora nel cuore e nella mente le immagini dei festeggiamenti per il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino? Quel tripudio di luci a illuminare Potsdamer Platz, fino a non molti anni fa tetro e buio simbolo della terra di nessuno tra le due Germanie, Est e Ovest. Tanti i libri, le pubblicazioni, le fotografie, i ricordi che hanno rievocato, in questi ultimi due mesi, quel 9 novembre 1989, la data che dette il via a una nuova era. Tra questi, noi di Critica Letteraria abbiamo scelto Anime prigioniere di Ezio Mauro, libro uscito per i tipi di Feltrinelli. Con la consueta precisione e con il suo caratteristico piglio-giornalistico narrativo, l'ex direttore de La Repubblica ci riporta al 1989 e, contemporaneamente, all'inizio degli anni 60, ai mesi e ai giorni, che precedettero quella notte (il 13 agosto del 1961) in cui, in fretta e furia, venne costruito il Muro. Che per ben 28 anni avrebbe diviso i tedeschi e, con loro, due mondi.
Il mostro vive in mezzo alla città, attraversa l'Europa, separa il mondo correndo per 156,4 chilometri, innalzandosi per 3 metri e 60 centimetri, affondando nel terreno per altri 2 metri e 10, con il corpo composto da 45.000 sezioni di cemento. Vigila con 302 torri di sorveglianza. Si avvolge in 127 chilometri di filo spinato. Si protegge con 105 chilometri di fossato. Si rinchiude in 20 bunker. Si circonda con la "striscia della morte" (...). Dissuade con 18.300 reticolati, trappole anticarro, barriere con denti metallici, sirene d'allarme e riflettori. Spaventa con 5000 cani pastore addestrati, i cani di confine con i denti rastremati dalla fresatrice, pronti all'impiego. (p. 26)

Non è facile salire sul ring. Vincere, ancora meno

Colpo su colpo
di Riccardo Gazzaniga

Rizzoli, 2019

pp. 448

€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)





L’esperienza reale di Riccardo Gazzaniga entra ancora una volta dentro alla trama, tuttavia ci sono segnali di ribellione da parte di quest’ultima. Nei precedenti romanzi, l’autore genovese attingeva in maniera forte dal suo lavoro di agente della polizia di Stato. In “A viso coperto” con la trasposizione di quanto vissuto sul terreno del confronto/scontro tra ultras e celerini. In “Non devi dirlo a nessuno” grazie a un magistrato, sempre genovese, un’inchiesta alle spalle contro la malavita comune, il fratello di un bandito volato da una finestra d’ospedale e una vendetta giurata.
Un poliziotto anche in questo caso c’è ed è il padre di Giada Pastorino, la studentessa lesbica che ha un desiderio: farsi accettare dai genitori. In questo, il padre è più malleabile della madre, che da parte sua lavora per un cattolico reazionario insopportabile al tatto. E quindi soffre pazzescamente per questa figlia snaturata da curare. Ci sono poi i compagni di scuola razzisti e omofobi e quelli carini e dolci. I primi odiosi come il datore di lavoro di cui sopra. I secondi da prendere a pizzicotti sulle guance. Siamo nell’alveo del politicamente corretto, lo avrete capito.

"Mi aiuterai, vero, Charlie?": immergersi nei traumi altrui, per evitare i propri

Trauma
di Patrick McGrath
La Nave di Teseo, 2019

Traduzione di Alberto Cristofori
1^ edizione in lingua originale: 2007, Trauma

pp. 238
€ 13 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Dopo essere rimasta stupita da Follia (qui la recensione), mi sono voluta immergere subito in un altro romanzo di Patrick McGrath, e il caso (o meglio la disponibilità in libreria) ha scelto per me Trauma. Un po' sconcertata dallo strillo in copertina del «Washington Post» in cui si allude a un "thriller psicologico perfetto", mi sono lasciata incantare ancora una volta dalla maestria della scrittura di McGrath (pur non avendo affatto compreso la scelta di questa "etichetta" di genere in bella vista). 
Il romanzo in questione è, infatti, un incredibile scavo nei meandri del protagonista e io-narrante, Charlie, attraverso i meccanismi di analisi di uno psichiatra che guarda sé stesso, ma soprattutto di un professionista che sa bene come evitare, rimandare, coprire i segni di un malessere che rischia di farsi patologia. Ma andiamo con ordine. Charlie, fin da piccolo, ha ricevuto numerose richieste di aiuto: dalla madre, caduta in una brutta depressione dopo l'abbandono del padre e dalla sua compagna, Agnes, che chiede aiuto per il fratello Danny, affetto da stress post-traumatico. E quando Danny sceglie il suicidio, ecco che la relazione tra Agnes e Charlie naufraga e i sensi di colpa si incistano nella parte meno protetta: nell'inconscio. 

#CritiCOMICS: "Dosei Mansion" voll. 3 e 4. L'avventura di Mitsu il lavavetri continua!

Dosei Mansion (volumi 3 e 4)
di Hisae Iwaoka
Bao Publishing, 2019

Traduzione di Christine Minutoli

volume 3 e 4 pp. 192

€ 7,90 (cartaceo)



Il secondo volume di Dosei Mansion – che avevo recensito qui – era servito a Hisae Iwaoka per raccontare lo sfondo alle vicende di Mitsu e per concentrarsi sui personaggi secondari mettendo il protagonista (e il padre scomparso) al centro di una fitta rete di relazioni interpersonali complesse e non scontate. A settembre e novembre sono usciti nelle fumetterie e librerie due nuovi numeri del titolo seriale della collana Aiken (dedicata ai fumetti giapponesi) della Bao Publishing e quindi ho potuto scoprire i nuovi capitoli delle avventure del giovane lavavetri dello spazio.

Il terzo volume si concentra su Souta e sua moglie Kayo – i novelli sposi a cui Mitsu aveva pulito le finestre nel primo numero. Souta infatti fa un lavoro sotto qualificato ma quando viene avvicinato da un suo vecchio collega con la possibilità di lavorare ad un modulo per la discesa sulla Terra, al giovane sembra possibile una chance di riscatto. Tuttavia questa ricerca è sottesa al dubbio che la famosa spedizione dispersa sulla Terra in realtà non sia mai partita e quindi anche il mistero dietro la scomparsa di Aki, il pdre di Mitsu, sembra prendere nuove vie: il giovane lavavetri è infatti convinto che il padre non sia precipitato nello spazio lavorando ma abbia fatto perdere le sue tracce per andare alla scoperta della Terra, abbandonata da tantissimi anni. Dopo un secondo volume quasi di passaggio, Hisae Iwaoka ritorna subito dritta al punto, mettendo nuovamente in ballo la questione della Terra come evento sotteso a molti gesti nel quotidiano dei personaggi.

L'arte del dialogo ha come fondamento l'arte dell'ascolto: le short stories di John O'Hara

La ragazza nel portabagagli
di John O’Hara
traduzione di Vincenzo Mantovani
Racconti edizioni, 2019

pp. 118
€ 13,00 (cartaceo)

«Non si pianta mai il cinema, Jim. Ci si ritira per forza. Il sonoro ha spazzato via quelli che non sapevano leggere le battute o che avevano voci poco fotogeniche. Ma non l’hanno abbandonato loro. Una regina non… come si dice?»«Abdica.» (p. 16)
Leggendo la postfazione a questo libriccino non possiamo non dar credito alle parole dell’editore quando afferma, dopo aver svolto una rapida incursione nella vita privata dell’autore, che O’Hara aveva doti da «origliatore di conversazioni altrui» (p. 108) che l’hanno reso «famoso per i dialoghi»: senza nulla togliere alla costruzione di una trama che riesce a far rivivere in questa nostra Europa contemporanea piena di social network, smartphone e televisori in HD la meraviglia dei ruggenti anni Venti, con i loro film muti, i loro cocktail party à la Grande Gatsby e le loro enclave altoborghesi che incarnano lo spirito del sogno americano; e senza sminuire l’altrettanto straordinaria capacità di dettagliare in pochissimi tratti personaggi in grado di emergere dallo sfondo per risaltare sul palcoscenico e conquistarsi in poche battute il proprio spazio, è nel parlato che O’Hara rivela una maestria in grado di incatenare alla lettura.

#LectorInFabula - Quando rispetto per chi è diverso da noi fa rima con... coccodrillo!

Hugo. Cattivo, sanguinario e… PERICOLOSISSIMO?
di Mia Nilsson
Barbagianni Editore, novembre 2019

Traduzione di Susanna di Cosimo e Tor Anders Gronlund

pp. 44
€ 16,90 (cartonato 20 x 26,8 cm)



La Barbagianni Editore è una casa editrice indipendente nata a Roma nel 2012. Realizza libri e giochi per avvicinare adulti ai bambini e al loro mondo fantastico, liberare la creatività, emozionare, divertire e favorire nuove scoperte. Nel suo catalogo trovano posto giochi a schede, come L’Inventafavole, albi illustrati, strumenti di intrattenimento e didattica e dal 2018 una collana di narrativa, Le Uova, dedicata ai giovani lettori. Ho avuto modo di conoscerla dal vivo tastando e vivendo i suoi titoli allo stand allestito nel corso dell’ultima edizione di Più libri più liberi e ho fatto ingresso nel loro mondo grazie alla storia del coccodrillo Hugo.

Echi, fantasmi e mappe alternative: dentro "Archivio dei bambini perduti" di Valeria Luiselli

Archivio dei bambini perduti 
di Valeria Luiselli
La Nuova Frontiera, 2019

Traduzione di Tommaso Pincio

pp. 448
€ 20,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Il deserto si apre attorno a loro, vasto e invariabile, mentre il treno avanza verso ovest, parallelo al lungo muro di ferro. Il sole sta sorgendo lontano a est, alle spalle una catena montuosa, una massa  imponente blu e viola dai contorni frastagliati che fanno pensare ai colpi incerti di pennello. Sono silenziosi, i sei bambini, più silenziosi del solito. Rinchiusi nei loro terrori [...] Il deserto è un'enorme clessidra immobile: la sabbia scorre in un tempo arrestato. (p.353)
Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli può essere considerato uno dei romanzi del 2019. Non solo perché l'ha detto il New York Times, che l'ha inserito nella sua attesa lista dei libri di fiction e non fiction scelti dalla redazione come i più significativi, ma perché è stato discusso, acclamato e citato su giornali e riviste di settore sia all'estero che in Italia come una prova letteraria originale e innovativa. 
Luiselli è una scrittrice messicana cresciuta in Sud Africa che oggi vive a New York dove collabora da anni con testate come New York Times e The New Yorker, e riviste letterarie come GrantaFreeman's e McSweeney’s
Le sue opere, tradotte in oltre venti lingue, hanno vinto importanti riconoscimenti internazionali come il Los Angeles Times Book Prize e l’American Book Award.

#PLPL19: «Il movimento del #metoo è l'evento di oggi che più si avvicina alle proteste di piazza Tienanmen». Intervista a Sheng Keyi

Quando parlo per la prima volta con un autore straniero tendo sempre a sentirmi un po’ intimorita dalle eventuali barriere culturali, più che linguistiche, che potrebbero frapporsi tra di noi. Nel caso di Sheng Keyi questa paura si è subito dissolta nel momento in cui l’ho incontrata alla scorsa edizione di Più libri più liberi, ospite della Fazi Editore che a novembre ha pubblicato il suo romanzo Fuga di morte. E non perché nella nostra comunicazione non mancavano gli ostacoli (facilmente superati, comunque, dalla presenza di ben due interpreti), ma perché conoscendo la sua storia ho capito che di fronte alla sua battaglia per fare cultura nella Cina del XXI secolo nulla avrebbe funto da impedimento. La scrittrice, infatti, ha visto il suo romanzo censurato dal regime di Pechino e per questo è stata costretta a pubblicarlo in Inghilterra. Il libro racconta del giorno in cui sulla piazza principale di Beiping, capitale dello Stato di Dayang, compare un enorme escremento a forma di pagoda. Un atto osceno che fa esplodere le gravi tensioni sociali latenti da tempo, innescando un movimento di protesta guidato da poeti e intellettuali. Yuan Mengliu, giovane e rispettato poeta, vive però una crisi profonda. Da un lato si dimostra incapace di sopportare la violenza della rivolta e della sua repressione da parte del governo, dall’altro non riesce ad abbracciare gli ideali rivoluzionari della sua compagna Qi Zi, la quale si afferma invece come leader della protesta. Dietro a riflessioni umane e filosofiche Fuga di morte rappresenta il coraggioso tentativo da parte della Keyi di confrontarsi con l’eredità della protesta di Tienanmen e della sua aspra repressione. Per questo mi ha fatto immensamente piacere parlare con lei di svariati argomenti, inclusi il ruolo dell’intellettuale nella Cina di oggi e le proteste di Hong Kong. Abbiamo chiacchierato a lungo e nonostante dimostrasse, talvolta, disagio nel rispondere ad alcune domande, Sheng non si è mai tirata indietro e ha provato a dire la sua sempre con immenso coraggio.

La Roma imperiale guardata da lontano: Valerio Massimo Manfredi torna in libreria con "Antica Madre"

Antica Madre
di Valerio Massimo Manfredi
Mondadori, 2019

pp. 218
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Quando si parla della Roma neroniana, a cosa pensate per prima cosa? Al famigerato incendio della città? Agli usi e costumi da folle di Nerone? Queste realtà più note passano in secondo piano nel nuovo romanzo di Valerio Massimo Manfredi, invece dedicato a guardare l'Impero da tutt'altra prospettiva: da fuori, ovvero dall'Africa. 
Nelle prime pagine, già si respira un'aria esotica, piena di stupore e di imprevedibilità: Voreno, notissimo ex gladiatore che ha speso gli ultimi anni in guerra contro i Germani, sta ora compiendo una spedizione in Numidia, per portare in patria animali selvatici e fiere per le venationes. In una gabbia, accanto a leopardi e leoni, c'è però anche una donna: è il suo corpo flessuoso e dalle curve mozzafiato ad attirare i soldati, così come lo sguardo magnetico. Ma chi è davvero questa impavida guerriera dal fascino belluino, che è stata venduta dalla sua tribù? 

#CritiCOMICS - I primi 10 anni di BAO Publishing


I 10 anni di BAO Publishing: 3652 volte BAO, una grande occasione di incontro in collaborazione con Base Milano, in via Bergognone 34.

Dal 16 al 21 dicembre, sono state tante le occasioni per conoscere meglio questa casa editrice, specializzata in fumetti e graphic novel, tante possibilità di formazione e una grande festa il 21, per incontrare i protagonisti e chi, con un gran lavoro di squadra, disegna, scrive, edita, pubblica…insomma tutti coloro che dall’idea alla distribuzione lavorano in questa casa editrice.

Muoversi al ritmo di "un altro tamburo": la libertà secondo William Melvin Kelley

Un altro tamburo
di William Melvin Kelley
NN Editore, 2019

Traduzione di M. Testa

pp. 253
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Sutton è un paesino del profondo sud, al cuore di un immaginario stato americano e luogo di nascita misconosciuto dell’eroe locale, Dewey Willson, Generale confederato grande quasi quanto Lee. A interrompere con una deflagrazione la pigra quotidianità rurale, che vive di pettegolezzi e abitudini inalterate, in un qualsiasi giovedì dell’estate del 1957 ha luogo un fatto inusuale, la cui entità gli abitanti ancora non riescono a intuire: guidati dall’orgoglioso Tucker Caliban, discendente dell’Africano, uno schiavo leggendario entrato a far parte della mitologia cittadina, tutti i neri del paese – tutti i neri dello Stato – si allontanano in massa. Distruggono le loro proprietà, raccolgono le loro cose, e partono per non tornare. Per una popolazione di stampo ancora prevalentemente razzista, questo – almeno all’inizio – appare fondamentalmente un bene, un modo per riacquisire un pieno controllo sulla propria terra, oppure il segno di una tara genetica razziale (“Di punto in bianco il sangue ha cominciato a formicolargli nelle vene e lui ha iniziato questa… questa rivoluzione qui. [...] Dev’essere il sangue dell’Africano!”, p. 14). Sola voce fuori dal coro è quella Harry, che con modi rudi cerca invece di spiegare al suo bambino di otto anni – soprannominato ironicamente da tutti “il signor Leland” – che bisogna accettare l’altro nella sua diversità, cercare di capirlo e non utilizzare termini offensivi, per prepararsi a un diverso mondo a venire, finora solo vagamente intuito, eppure ormai prossimo.

A Natale portiamo con noi...


Buon Natale, lettori! 
Quest'anno per festeggiare insieme questa giornata, abbiamo pensato di raccontarvi quali sentimenti porteremo nel nostro Natale: niente di stucchevole, ma certamente emozioni e sensazioni che abbiamo incontrato in letture per noi speciali, e che si sono poi radicate con il passare dei mesi. 

Buona lettura, e non solo di libri; oggi soprattutto buona lettura della felicità negli occhi di chi avete attorno,
La Redazione

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Carolina a Natale porta con sé l’amore un po’ folle di
"L’imperatore di Portugallia" di Selma Lagerlöf (Iperborea)

Le feste natalizie sono un’occasione per riscoprire la bellezza di stare con i propri cari, per dare un significato più pieno e più vero al concetto di famiglia. Allora il romanzo di Selma Lagerlöf ci può aiutare a riflettere sui rapporti tra padri e figli, su un amore gratuito, in nome del quale si è disposti a tutto, a volte persino a riscrivere il reale, a creare nella nostra mente un mondo che sia degno di chi amiamo. Nell’attesa di Jan, che ha iniziato a vivere sentendo battere per la prima volta il cuore della propria bambina, nella sua fiducia inesausta, che non vuole vedere limiti e correttivi, si nascondono i sentimenti di tutti i genitori e questa storia, commovente e adatta al Natale, ci permette di comprenderli meglio.

#PLPL19 - «Quando Frank Sheeran mi ha raccontato la sua storia, ho temuto più di una volta che la mafia mi avrebbe ucciso»: intervista a Charles Brandt.

Incontro Charles Brandt nel corso dell’ultima edizione di Più libri più liberi. Lo scrittore americano è accompagnato dalla moglie Nancy e la prima volta che lo vedo procede con lentezza lungo i corridoi del Roma Convention Centre La Nuvola. Sono certa che l’andatura sia causata dal trambusto della fiera, dallo scombussolamento del jet leg e dai vari voli intercontinentali presi per raggiugere l’evento. Noto però nel suo sguardo il peso dell’esperienza e se unisco questo alla tenerezza con cui Brandt si relaziona alla moglie durante l’intervista, tenendole sempre la mano e coinvolgendola nel racconto, ne emerge il ritratto di un uomo che porta su di sé il peso di tutto quello che ha visto, scritto e vissuto. L’intervista è stata molto lunga, sebbene le domande non siano state moltissime: Brandt ha soppesato ogni singola parola, sia parlando del suo romanzo che del film The Irishman (che abbiamo recensito qui) diretto da Martin Scorsese (qui la cronaca dell'incontro durante la scorsa Festa del cinema di Roma) tratto dal suo libro (che Mattia Nesto ha già recensito per noi) che, inevitabilmente, è entrato nel discorso più di una volta.

Il Medioevo per immagini con Barbero e Frugoni

Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini
di Alessandro Barbero e Chiara Frugoni
Laterza, 2019

pp. 350
€ 22,00 (cartaceo)



Quando sulla copertina appaiono associati i nomi di Alessandro Barbero e Chiara Frugoni, si può ben scommettere sulla pubblicazione. Le aspettative non restano deluse nello sfogliare questo volume, che si rivela uno straordinario strumento didattico, ma anche la chiave per accedere a un nuovo, inconsueto punto di vista sul Medioevo. A parlare sono dunque le fonti, scritte e visive, tutte accuratamente selezionate tra quelle coeve agli eventi e dunque in grado di fornirci notizie di prima mano. Tra le mani sapienti degli autori, le immagini, i bassorilievi, i documenti ci raccontano storie, ci raccontano la Storia facendola diventare narrazione, fonte di continua meraviglia.

#CritiCOMICS: "Dimentica il mio nome", il capolavoro spartiacque nella carriera di Zerocalcare (e nella vita di noi lettori)

Dimentica il mio nome
di Zerocalcare
Bao Publishng, 2014

pp. 240
€ 18,00 (cartaceo)


La vita è fatta, inevitabilmente, di tappe. È inutile che si chiami in causa il libero arbitrio: da certe esperienze non si scappa nemmeno volendolo con tutte le proprie forze. Una di queste è il lutto. La morte attraversa la nostra esistenza scandendola come un metronomo che batte il ritmo del dolore e io ritengo che pochi romanzi abbiano trattato il tema in una maniera profonda e vera così come ha fatto Zerocalcare con Dimentica il mio nome. E avranno concordato con me anche gli Amici della domenica se il graphic novel del bardo di Rebibbia è arrivato nella dozzina finale del Premio Strega del 2015 (quell’anno vinto poi da Nicola Lagioia con La ferocia). GiPi era stato il primo a fare breccia nella ristretta cerchia degli intellettuali del premio letterario più prestigioso d’Italia con un fumetto (Unastoria, nella dozzina finalista dell’edizione del 2014) e Zerocalcare ha continuato a portare in alto il vessillo della nona arte con il suo romanzo, a mio dire, più potente e importante per la sua carriera.

Tremate, tremate, le streghe sono tornate: "Nell'antro dell'alchimista", i racconti di Angela Carter

Nell'antro dell'alchimista
di Angela Carter
Fazi, novembre 2019

Traduzione di Susanna Basso e Rossella Bernascone

pp. 380
€ 17,50 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)


Sono davanti al computer cercando di mettere in ordine pensieri e considerazioni su Nell’antro dell’alchimista, il primo volume dei racconti di Angela Carter da poco uscito in italiano per Fazi editore e mi rendo conto che questa raccolta è proprio come lei: eclettica, trasformista, incantatrice, originale e fiera. E che almeno un paio di racconti di questa raccolta, il primo di due volumi che comprenderanno tutta la produzione breve di Carter, meriterebbero un approfondimento a sé, per la ricchezza tematica e stilistica, le contaminazioni, gli echi della tradizione letteraria su cui si poggiano e l’influenza dell’autrice sulla short story contemporanea. Perché Angela Carter rientra a pieno titolo tra le maggiori scrittrici di racconti del XXI secolo, accanto a Shirley Jackson, Lucia Berlin, Edna O’Brien, solo per citarne alcune, e la sua scrittura barocca, visionaria, sontuosa, a tratti incontenibile sulla pagina, si esprime al massimo proprio nel racconto. La sua voce incanta, talvolta soffoca e si ha bisogno di prendere le distanze, tornare momentaneamente a qualcosa di più essenziale, “pulito”, per poi immergersi di nuovo in queste atmosfere gotiche, la lingua ricchissima, il gusto per la fiaba, l’esotico, l’erotismo.
In questo volume con racconti tradotti da Susanna Basso e Rossella Bernascone, sono riunite le prime tre raccolte di Carter: Primi racconti, con scritti dal 1962 al ’66, Fuochi d’artificio, del 1974, e La camera di sangue e altri racconti, del ’79, un viaggio nella scrittura e nella sensibilità letteraria di Carter, di cui il racconto La camera di sangue è senza dubbio il capolavoro assoluto.

#CritiCOMICS - Gettare ponti tra passato e presente con i Feltrinelli Comics

Vlad. Il tempo del sacrificio
di Matteo Strukul e Andrea Mutti 
Feltrinelli Comics, 2019

pp. 64
€ 14,00




Mi sono trovata a leggere, di recente, alcuni graphic novel profondamente diversi tra loro (di uno, Nuvole nere, che trae spunto dall’inquietante realtà dei villaggi neonazisti, ho già parlato qui). Elemento comune a tutti è il marchio Feltrinelli Comics e uno spiccato interesse per la storia, con uno sguardo particolare al contemporaneo in un'ottica etica e sociale, o al passato se questo ha un impatto sul presente.

È uscito da poco, a tal proposito, il terzo volume della saga di Vlad, Il tempo del sacrificio. Già nei primi due episodi della saga (recensiti qui e qui) si poteva riconoscere nitido il tentativo degli autori di ricostruire la verità nascosta dietro il mito, indagando la complessità di una figura storica ambigua, demonizzata, eppure profondamente umana. Il voivoda di Valacchia veniva letto in una chiave profondamente moderna, come un uomo intimamente lacerato, che agiva nel nome del suo paese, ma anche di una violenta pulsionalità. Il suo dramma risultava quindi individuale e collettivo al tempo stesso e la sua tragedia, che Strukul e Mutti rappresentavano con intensità tanto nei testi quanto nelle immagini, finiva per ripercuotersi non solo su di lui, ma anche su chi gli stava accanto.

#LibriSottoLAlbero - E se volessimo regalare un classico? I nostri consigli


Buongiorno lettori,
pochissimi giorni a Natale, il conto alla rovescia si fa sempre più veloce e per chi deve scegliere gli ultimi regali si fa tutto più difficile. Per aiutarvi, ecco una quarta e ultima puntata di Libri Sotto L'Albero: dopo la puntata dedicata ai romanzi, quella ai saggi e quella alle graphic novel, quest'oggi l'appuntamento è con i classici che ci hanno emozionato e che vogliamo regalare in redazione.

Buona lettura, buoni regali e soprattutto... auguri!
La Redazione

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Il libro perfetto per il solstizio d'inverno? Quello che reinventa la stagione, a partire dal giardino

Giardini d’inverno.
Una stagione reinventata

di Cédric Pollet
traduzione di Ombretta Romei
L’ippocampo, 2017

pp. 224
€ 29,90 (cartaceo)



Troppo facile amare i giardini durante la primavera, l’estate e l’autunno: fatte le debite eccezioni – soggetti variamente allergici, pollici “neri” incalliti, sottoscriventi letterali di una poesia emblematica come I fiori di Aldo Palazzeschi – chi può resistere al richiamo vitale del verdeggiamento diffuso, della policromia dei boccioli novelli e profumati e del fascino malinconico del foliage? Più difficile, di contro, lasciarsi conquistare dai panorami invernali, perlomeno dalla versione consegnata all’immaginario collettivo dagli stereotipi da sussidiario dei terreni brulli e incolti e dei rami secchi e spogli. Le cose cambiano, però, se si ha la ventura di essere Cédric Pollet, avere una formazione da paesaggista e coltivare una passione preliminare per gli alberi e le loro cortecce al punto da decidere di dedicare loro la propria vita di fotografo botanico. Stando così le cose, non solo si faranno confluire queste predilezioni in un volume intermente dedicato alle scorze di tronchi e arbusti vari – Cortecce, viaggio nell’intimità degli alberi e del mondo, pubblicato da L’ippocampo nel 2012 – ma si vorranno omaggiare i mesi più freddi dell’anno con un lavoro nato per dimostrare quanta energia e quanta luce si celino in essi: il risultato, a quel punto, sarà un libro altrettanto incredibile come Giardini d’inverno, dato alle stampe ancora una volta dalla casa editrice milanese nel 2017.

#SpecialeBAO - Festeggiamo i 10 anni con le nostre graphic novel preferite!

Ci sono case editrici che entrano nel nostro cuore e che hanno accompagnato CriticaLetteraria alla scoperta di nuovi generi: Bao Publishing è una di queste e adesso che è arrivata al suo 10° anno, la ringraziamo per aver aiutato le graphic novel a diffondersi in Italia! 
Per festeggiare, le nostre redattrici che abitualmente recensiscono i libri di Bao, hanno scelto due titoli per loro fondamentali e ve li consigliano qui sotto (come sempre, trovare il link all'articolo!).

Tanti auguri e al prossimo anniversario! 
La Redazione


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Carolina sceglie...
"Jane" di Aline Brosh McKenna e Ramón K. Pérez
La lista delle meraviglie Bao continua ad aggiornarsi nel tempo, costringendomi a rivedere fin troppo spesso la lista delle mie preferenze. Uscita da pochissimo, questa riscrittura moderna di Jane Eyre si è piazzata saldamente in testa alla mia classifica personale. Non è facile infatti riproporre in una veste moderna un classico della tradizione senza tradirlo e valorizzandone i punti di forza. McKenna e Pérez riescono perfettamente nella loro missione, facendo di Jane una giovane donna moderna, alla ricerca di se stessa nella caotica New York. La Villa di Rochester diventa un attico dai soffitti altissimi e le ombre incombenti, in cui un segreto oscuro si nasconde dietro a una porta chiusa. Jane, nel fare i conti con la propria attrazione crescente per il padrone di casa e con l’attaccamento per le piccola Adele, dovrà anche trovare un equilibrio che le consenta di non dimenticare se stessa e i propri sogni. Riuscirà attraverso l’arte, imprigionando la realtà nei suoi disegni dai tratti sottili. Una storia, questa, che piacerà molto al pubblico femminile e agli amanti dei classici, ma anche agli adolescenti, per la sua anima composita, in cui ogni lettore può trovare qualcosa di proprio gradimento.

#CriticARTe - Parigi, vista attraverso l'obbiettivo di Doisneau


Paris
di Robert Doisneau
Traduzione dal francese di Vera Verdiani
L'Ippocampo, 2019

pp. 393
€ 19,90 (copertina flessibile)

«Con il suo continuo strusciarsi contro l'arredo urbano, la popolazione di Parigi ha conferito alla città quella patina che abbiamo finito per amare. Anch'io, con il mio continuo passare in su e in giù, ho talmente contribuito alla lucidatura delle suppellettili stradali che, per la prima volta nella mia vita, provo un vago senso di possesso. Intendo tuttavia situarmi nella rara specie dei proprietari liberali e spalancare a tutti le porte della città». 
E davvero in questa città, che vanta ancora il primato di principale meta turistica, viene dischiusa dagli scatti di Robert Doisneau, che, da pedone esemplare, cammina per le sue vie, nascondendo la macchina fotografica e cogliendo immagini, senza ostentare il suo ruolo di fotografo. Ci sono le sue attenzioni ai dettagli della città, talvolta agli accostamenti paradossali, che rendono ora ironica ora struggente la fotografia. Troviamo soprattutto i parigini: caratteristici nella loro quotidianità straordinaria, tutti con una storia da raccontare stretta tra gli occhi, nel loro vestiario o nell'espressione che portano con sé, e che Doisneau coglie in bianchi e neri che a dir poco rapiscono:
«Vedere, a volte, significa costruirsi, con i mezzi a disposizione, un teatrino e aspettare gli attori. Aspettare chi? Non lo so, però aspetto.»

#CritiCOMICS: tornare ad Edo e scoprire di più su noi stessi. L'ultima raccolta di Koichi Masahara

Le anime di Edo
di Koichi Masahara
Bao Publishing, 2019

Traduzione di Prisco Oliva

pp. 200
€ 7,90


Se avevate apprezzato le storie e i disegni de I doni di Edo di Koichi Masahara ritroverete le stesse atmosfere nella nuova raccolta, sempre edita da Bao Publishing nella collana Aiken dedicata al fumetto giapponese, del maestro giapponese, Le anime di Edo. Questo manga raccoglie nove storie diverse e autoconclusive che in realtà si mescolano e collegano fra loro. Un po' come era successo ne I doni di Edo ma, in questa nuova opera, il filo conduttore appare più evidente. Protagonista indiscusso è l'antica capitale giapponese, Edo, che non si limita a fare da cornice alle vicende narrate ma ci appare in tutto il suo splendore attraverso i paesaggi, i vestiti, gli intrecci familiari e la cultura dei suoi abitanti. Continua a rimanere evidente la volontà dell’autore, già espressa nel precedente volume, di creare un fortissimo contrasto fra un'epoca così lontana da noi, tema delle storie, e il tratto invece molto moderno, quasi digitale, scelto per i disegni. Questi sono molto precisi e dettagliati e, dovendo cercare una differenza rispetto al primo volume, potremmo ritrovarla nella volontà di variare la fisionomia dei personaggi, questa volta più variegata e riconoscibile rispetto alla serialità di volti riscontrabile ne I doni di Edo.

#CritiCOMICS - Nella "stanza dei giochi" con Ninamasina

Abbiamo letto e amato il suo Jane (recensito qui), le sue figurine stilizzate e sognanti, la sua passione per i drappeggi e gli elementi decorativi. L'uscita di Hop! dedicata alla Austen, che la vede impegnata in veste di illustratrice, ci ha deliziato per lo spessore contenutistico dei suoi testi, ma anche per la grazia con cui le immagini riescono a restituire i caratteri dei personaggi, a rivelare una appassionata e profonda conoscenza del soggetto. Abbiamo deciso di intervistarla dunque per capire cosa muove la sua arte: Anna Masini, in arte Ninamasina, ha risposto con grande slancio a tutte le nostre domande, accennandoci anche qualcosa in merito ai suoi progetti futuri. Cominciamo però dalla sua interpretazione di una delle figure letterarie più amate di sempre.

Rispetto ad altri volumi della collana “Per aspera ad astra” questo, oltre a indagare il carattere e le vicende della protagonista, spesso allarga il campo visivo per tracciare un quadro generale del contesto storico e sociale in cui Jane si muoveva. Le tue figurazioni in questo senso sono emblematiche, nella loro capacità di incarnare nei simboli e negli oggetti la sensibilità di un’epoca. Puoi raccontarci come nasce e si sviluppa il tuo lavoro? Qual è la scintilla che innesca la realizzazione e come procedi per concretizzarla?
La scintilla che innesca il buon inizio di un lavoro è sempre una forma di amore per il soggetto che andrò a illustrare. Nel caso di Jane Austen, non ci crederete ma è un’autrice che conoscevo poco, nonostante sia tuttora amatissima in tutto il mondo. Accettare di illustrare la sua biografia è stato anche accettare una bella responsabilità!
Ho dedicato diversi mesi ad approfondire la vita e le opere di Jane, prima ancora di iniziare a pensare ai primi bozzetti. Ho esplorato non solo la sua produzione letteraria, che per altro ha raggiunto l’apice del successo solo dopo la sua morte, ma soprattutto il contesto storico e culturale in cui viveva. Leggendo le sue pagine mi chiedevo: quale sarà stata la sua quotidianità? Che cosa vedeva dalla finestra? Dove dormiva? Cosa mangiava? Come si vestiva? 
Le sue storie e i suoi personaggi assomigliano moltissimo alla sua vita, è lei stessa a dirlo quando consiglia di scrivere “solo di ciò che conosci” alla nipote che aspira a diventare un’autrice come lei. Per ricostruire il suo immaginario, mi è stato molto utile leggere le decine di lettere che Jane scambiava quasi quotidianamente con l’amata sorella Cassandra. Proprio in queste ho trovato i tanti dettagli di vita domestica che ho poi cercato di restituire visivamente nelle varie tavole del libro.

La guerra silenziosa dei trentenni, nel nuovo romanzo-inchiesta di Concita De Gregorio

In tempo di guerra
di Concita De Gregorio
Einaudi, 12 novembre 2019

pp. 176
€ 16,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


Chi ha già letto opere di Concita De Gregorio lo sa: al centro della sua scrittura c'è la realtà, che si tratti un tema delicato come la morte (in Così è la vita, Feltrinelli 2011), che ci si soffermi sul lutto di una madre nei confronti delle figliolette scomparse (Mi sa che fuori è primavera, ivi, 2015) o che si affronti un romanzo-inchiesta sugli intrighi politici in Italia (Nella notte, ivi 2019). Il nuovo libro, In tempo di guerra, appena uscito per Einaudi, pone al centro una questione altrettanto scottante: qual è la vita dei trentenni, oggi? Quale congerie di aspettative violate e tuttavia resilienti, quali capisaldi resistono, nonostante la terribile guerra silenziosa che si combatte ogni giorno? 
Per non parlarne ex cathedra, Concita De Gregorio dà la parola a uno dei suoi lettori, Marco, che ha colpito particolarmente l'autrice con una lettera in cui le chiedeva una settimana di tempo. Una settimana per presentare la propria vita attraverso lettere, diari, contributi che raccontano chi è Marco, chi è la sua famiglia e perché, a trent'anni, lui si sente così disamorato e solo. E proprio in giorni della settimana si divide quest'opera composita, in cui Concita De Gregorio appone lacerti della vita di Marco - dai suoi diari di quando, da piccolo, immaginava di essere un alieno proveniente da un altro mondo, alle lettere ai e dai nonni amatissimi, fino a lettere molto toccanti al padre, alla madre e alla sorella Anna. La scrittrice risponde, poi, interloquendo con le realtà private di Marco, suggerendo spunti di lettura, articoli di giornale, argomenti per suffragare o contrastare le tesi del giovane. 

#CritiCOMICS - La dolcezza di un ricordo: "Un'estate fa", di Zidrou

Un'estate fa
di Zidrou e Jordi Lafebre
Bao Publishing, 2019

Traduzione di Michele Foschini

pp. 173
€ 18,70 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)



Un'estate fa, pubblicato da Bao, è la traduzione italiana di Les beaux étés, una trilogia pubblicata da Dargaud Benelux, in tre puntate (Cap au Sud!, La Calanque, Mam'zelle Estérel). L'opera edita dalla casa editrice milanese specializzata in graphic novel raccoglie in un solo volume le tre parti uscite separatamente, dal 2015 al 2017, e presenta una tripartizione interna che consente di orientarsi perfettamente tra i diversi piani temporali.
Il libro racconta di una famiglia belga e della loro crescita attraverso gli anni, i cambiamenti e le novità che hanno formato il nucleo familiare protagonista della storia. La vicenda si snoda attraverso tre estati – 1973, 1969, 1962 – e tre partenze per le vacanze, animate ogni volta da sentimenti diversi. Il presente diventa l'angolazione da cui raccontare queste avventure estive e punto da cui osservare l'evoluzione del nucleo famigliare.
La non perfetta concatenazione dei piani temporali – si procede a ritroso – e il loro sfasamento provoca un interessante meccanismo di suspance, poiché tramite quelli che sono dei dettagli che poi verranno chiariti nei capitoli successivi, il lettore è spinto a procedere nella narrazione. Tuttavia, sarebbe a dir poco semplicistico ridurre a questo aspetto soltanto la forza di questo libro. Ciò che rende l'opera di Zidrou davvero imperdibile, infatti, sono la bellezza della storia e in particolar modo la delicatezza delle tinte e dei disegni; questi ultimi sono opera di Jordi Lafebre, mentre i colori sono stati curati, oltre che da Lafebre, anche da Mado Pena.

Il Nobel dimenticato e l'odiato Ponzio Pilato: "Il procuratore della Giudea"

Il procuratore della Giudea
di Anatole France
Sellerio Editore, 1980

Traduzione di Leonardo Sciascia

pp. 48
€ 7,00 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)


Il premio più prestigioso della letteratura, il Nobel, non sempre assicura gloria imperitura al vincitore. Nei 118 anni di storia del premio, molti degli autori insigniti dell'onorificenza sono caduti nel dimenticatoio. Difficile averli letti, difficile riuscire a rintracciare le opere che, a meno che non si annidino in qualche libreria della nonna o su qualche scaffale di libri dell'usato, spesso non sono più ordinabili o in ristampa.
Un autore a cui è toccata questa sorte è il premio Nobel del 1921 attribuito “in riconoscimento della sua brillante realizzazione letteraria, caratterizzata da nobiltà di stile, profonda comprensione umana, grazia, e vero temperamento gallico”. Considerato, in vita, una figura di riferimento letteraria e ispiratore per Proust del personaggio di Bergotte, è ora essenzialmente dimenticato e le sue opere quasi del tutto scomparse. Parliamo del francese Anatole France. Nonostante la produzione sconfinata, ben poco è fruibile. Un fortunato recupero è stato fatto da Sellerio con lo smilzo volumetto Il procuratore della Giudea

#PLPL19 - La maternità è il grande tabù dei giorni nostri. Intervista a Daisy Johnson.

Daisy Johnson è una giovanissima autrice che a soli 27 anni è stata candidata al Man Booker Prize. Una scrittrice promettente, che la critica e l’attenzione del mondo editoriale e intellettuale anglosassone tiene d’occhio da molto tempo e che è arrivata in Italia per la prima volta con Nel profondo (Fazi Editore), il romanzo che le ha assicurato la nomina al premio. L’abbiamo incontrata all’ultima edizione di Più libri più liberi, nella prima vera giornata di caos nella fiera, un sabato mattina assolato e carico di energie. Spesso quando inizio un’intervista cerco di mantenere una certa distanza, non sicura del modo di rapportarsi degli scrittori con la stampa. Questa volta invece è bastato un solo sguardo e il sorriso della giovane per farmi capire di poter parlare con lei senza barriere, né culturali né linguistiche. Del resto siamo coetanee (anche lei è nata nel 1990) e guardandola con le sue guance arrossate per il freddo e gli stivali da biker con gli strass il peso immenso del contenuto del suo romanzo, sia linguistico ma soprattutto contenutistico, si è dissolto in un attimo. Quale magia e potenza risiede nella scrittura!

Il vero volto del nichilismo: «Il ritorno del barone Wenckheim» di László Krasznahorkai

Il ritorno del barone Wenckheim
di László Krasznahorkai
traduzione di Dóra Várnai
Bompiani, 2019

pp. 640
€ 28,00 (cartaceo)

[…] qualunque persona e qualsiasi cosa si fosse concessa a quella persona, quel rimettersi in balìa rappresentava la conseguenza più intollerabile per le persone come per le cose, poiché l’oggetto di quella meraviglia, di quella ammirazione, di quella cessione e dedizione, il centro, il punto nevralgico, il profondo, l’essenza di quella persona che era scesa nella piazza principale, e che con il suo sguardo morto e la sua gelida noia si era guardata intorno, e che infine, come se avesse fretta, era risalita nel veicolo, non essendo interessata né alla città né alle sue storie, era malvagia – malvagia, malata e onnipotente. (p. 232)
Immaginate di vivere un’esistenza piatta, senza luce, senza futuro, un’esistenza che si ripete ogni giorno uguale e senza possibilità alcuna di riscossa perché qualcuno prima di voi – almeno questa è la spiegazione che vi date – ha compiuto delle scelte che, sebbene non imputabili a voi, hanno portato a questo status quo da cui non si può fuggire.
Immaginate ora che qualcuno (ma chi, poi?) vi dica che da lontano sta giungendo una persona in grado di riscattarvi, di rimettere tutto a posto con un solo gesto, risanare le ferite, ridare lustro alla vostra vita, consegnarvi le chiavi di un paradiso a cui mai avete avuto accesso.
Immaginate la trepidazione per l’attesa di questo messia, la preparazione all’accoglienza, il dispendio delle ultime energie residue, la sensazione di star giocandovi il tutto per tutto con la certezza che quella persona sia l’ultima spiaggia, l’ultima possibilità di superare l’impasse. Quella persona è la salvezza: la via, la verità e la vita.

#ScrittoriInAscolto - Cinque cose che David Grossman ci ha raccontato sul suo nuovo romanzo, "La vita gioca con me"

La vita gioca con me
di David Grossman
Mondadori, 2019

pp.
€ 21 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
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Nel mio vecchio documentario, che ora seguo sullo schermo del televisore di Vera, ripeto una frase che avevo sentito pronunciare da Tuvia, il mio nonno agronomo, e che all'età di quindici anni aveva un grande significato per me: «Ci sono semi ai quali per attecchire basta un unico granello di terra». Dopo dieci minuti, oppure mezzo minuto, Vera prese le mani di Rafael fra le sue e lui non le ritrasse. Lei aveva le dita ancora fasciate ma gli accarezzò ripetutamente i palmi con i suoi piccoli pollici, in attesa che lui smettesse di piangere e si calmasse. A quanto pare un granello di terra basta anche per due semi, se sono abbastanza disperati.

Incontrare David Grossman è come avere accesso a un mondo segreto. 
In parte è la stessa sensazione che si prova con i suoi romanzi, la percezione di una sorta di privilegio: poter entrare dentro storie che, come scrigni chiusi, contengono parole di famiglia, ricordo, memoria, amore che si rivelano a poco a poco. Richiedono attenzione e rispetto, quasi tu e lo scrittore condividiate appunto un segreto che non può esaurirsi troppo in fretta.
Ho sentito diverse volte in passato David Grossman raccontarsi a platee di lettori, ma non avevo mai avuto finora l'onore di incontrarlo tra pochi in un dialogo più intimo. Quando è successo, la sensazione già provata si è confermata e rafforzata. Parla piano lo scrittore, lentamente, chi lo ascolta percepisce il peso specifico di ogni parola. Incrocia i piani dell'esperienza e della scrittura, riferendosi contemporaneamente a se stesso, ai personaggi e, di riflesso, a noi che li abbiamo letti e amati.

Grossman è venuto in Italia per raccontare il suo nuovo romanzo, La vita gioca con me (che noi abbiamo recensito qui), una storia familiare che ha al centro tre donne - nonna, madre e nipote - interamente percorsa dai fantasmi di ieri che riaffiorano nel momento in cui tutta la famiglia si riunisce nel kibbutz per celebrare i novantanni di Vera, la nonna. Ci sono tanti non detto nella loro storia, come in quella di ogni altra famiglia, ma soprattutto ci sono conti in sospeso perché i segreti e le scelte di ieri pesano su quello che ciascuno dei personaggi è diventato oggi.

«Dopotutto, lei era la donna invisibile. Invisibile fino a un certo punto»: alla scoperta di "Follia" di Patrick McGrath

Follia 
di Patrick McGrath
Adelphi, 2012

Traduzione di Matteo Codignola
Prima edizione: 1996, Asylum

€ 12 (cartaceo)



Avrebbe dovuto sapere che l'inganno corrode l'integrità di un matrimonio, e tenerne conto, ma non lo fece. Scelse di non farlo, e da questa scelta di comodo seguì tutto il resto. (p. 23)
Finalmente un libro che resta! L'ho pensato subito, dopo aver letto le prime cinquanta pagine di Follia, bestseller amatissimo di Patrick McGrath, da molti lettori ritenuto il suo capolavoro inimitabile, un unicum
Parlare di malattia mentale non è mai semplice, soprattutto quando si decide di ambientare il romanzo in un manicomio inglese del 1959 e si intreccia alla narrazione un secondo filone, ovvero quello degli studi psicoanalitici in voga in quel periodo, cosa che trasuda qui e là, senza mai interrompere il vero fulcro dell'azione. La narrazione è infatti gestita da Peter Cleave, uno psichiatra della struttura, che ricostruire a posteriori il dramma che si è consumato tra quelle pareti: il suo collega e amico Max si trasferisce a lavorare lì, e al suo seguito ci sono la moglie, l'avvenente Stella, e il figlioletto di dieci anni, Charlie. 

#SpecialeMeridiani - Emily Dickinson, poetessa ribelle

La prima memoria che ho di Emily Dickinson la devo a mia madre, da sempre appassionata lettrice di poesia: Neruda, Garcia Marquez, Merini, Keats, e lei, Emily Dickinson, tra le capostipiti della poesia americana. Leggevo quei versi curiosi, originali, ne coglievo solo in parte il senso, ma immediata arrivava la bellezza della parola e la profondità del sentire. Poi è venuta l’immagine – fuorviante – di lei, la solitaria poetessa autoreclusa, vestita di bianco senza mai essere stata sposa, forse consumata da un amore non corrisposto, che ha scelto l’esilio circondata solo dalla propria fantasia poetica. Ci sono voluti altri anni e letture più approfondite per scindere la leggenda dalla realtà e riappropriarmi della poesia in tutta la sua forza espressiva. Similmente a quanto accaduto a Sylvia Plath, di cui si ricorda più spesso la modalità scelta per togliersi la vita dal valore della sua opera letteraria, anche per Dickinson resta nella memoria collettiva quell’immagine stereotipata, che certo ha contribuito ad alimentarne la leggenda, ma allontanandoci anche dalla realtà e dalla parola. Un’immagine manipolata, in parte per proteggerne la memoria – mi viene in mente, solo per fare un esempio celebre, il racconto biografico di Charlotte Brontë quale figlia devota votata al sacrificio, di cui si è a lungo cercato di negare il lato più passionale e ribelle del carattere – e in parte per creare la leggenda, perdendo però di vista oltre alla verità anche la forza della sue scelte.
Isolarsi dal mondo è stato per Dickinson un atto di ribellione contro una società nella quale non si riconosceva, una sfida al patriarcato e un atto di fede verso sé stessa.

#LibriSottoLAlbero - Quali graphic novel metteremo sotto l'albero?



Cari lettori,
il Natale si avvicina e così la scelta dei regali si fa sempre più inesorabile! Per aiutarvi a scegliere quali libri mettere sotto l'albero, anche quest'anno la nostra redazione si è fatta in quattro. Dopo la prima puntata su quali romanzi regalare (clicca qui) e la seconda sui saggi (clicca qui), eccoci alle prese con le graphic novel
Accanto al consiglio, troverete come sempre i consigli che ci portano ai nostri #CritiCOMICS, ovvero agli articoli usciti per la rubrica che dedichiamo a fumetti, manga, graphic novel. 

E buona scelta! 
La Redazione
***

#CritiCOMICS - In viaggio con Giopota, nell'ultimo, attesissimo, libro edito Bao Publishing

Inni alle stelle
di Giopota,
Bao Publishing, 2019

pp. 233
€ 17,00 (cartaceo)
€ 8 (ebook)



Inni alle stelle, l'ultimo libro di Giopota, dopo l'applauditissimo Un anno senza te già recensito da Critica Letteraria, è una affascinante storia che ha per protagonista Inni, un ragazzo appartenente ad una ricca famiglia. Destinato ad un matrimonio combinato e preda dei desideri della famiglia nei suoi confronti, Inni non sa come svelare ai suoi genitori che l'unica sua volontà è quella di viaggiare, vedere il mondo e soddisfare la propria sete di conoscenza, come suo cugino, arrivato in città proprio ad un passo dal fidanzamento del protagonista.

Inni non può più aspettare e, dopo aver cercato di convincere i propri religiosissimi genitori a dargli il permesso per un viaggio sulla via sacra che lo porterebbe in Galizia, l'unico motivo per cui la sua famiglia potrebbe acconsentire alla partenza, si allontana di nascosto, a seguito del cugino.

#SpecialeMeridiani - Nella mente di Kafka c’è un disordine coerente

Kafka. Tra tutti gli scrittori della letteratura mondiale lui è uno dei più letti e studiati. Quando si pensa a quell’omino magro e dai capelli scuri vengono in mente Il processo o La metamorfosi, opere così iconiche da aver inciso nel dizionario il termine “kafkiano”. Un’influenza che si riverbera in altri generi artistici come musica, fumetto e cinema. Ma cosa c’è dietro? Da cosa nascono queste opere? Qual è il terreno di coltura di questi incubi letterari?

Chi si è posto queste domande non può fare a meno di cercare molte risposte nel Meridiano Confessioni e diari. Nelle sue pagine troveremo una gran messe di appunti e riflessioni, insomma uno zibaldone di pensieri, come suggerisce Ervinio Pocar nella sua introduzione. Idee che si raggrumano in diverse forme: nelle cronache di viaggio, in quattro recensioni, nei diari oppure negli Otto quaderni in ottavo, un mix di ricordi e sogni. Tutto è utile per entrare nelle sfumature del labirintico modo di vedere di Franz Kafka. L’opera chiude la trilogia dei Meridiani sull’autore – le altre due sono dedicate alla narrativa lunga e breve – e si distingue per la copertina: un ritratto dallo sguardo intenso, firmato da Pericoli.

Le parole che si perdono nel vento: sull'esordio in narrativa di Leonardo Luccone

La casa mangia le parole
di Leonardo G. Luccone
Ponte alle Grazie, 2019

pp. 528
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Cosa stanno a rappresentare le foto del passato? Sono la testimonianza di qualcosa di irreversibile. Sono grappoli di pensieri che precipitano nello spirito, aiutando i ricordi a conglomerarsi intorno ai ricordi altrui; la memoria zampetta sulle sabbie mobili dell’analogia. È qui che scaturisce la nostra immagine delle cose, che non è null’altro che una rappresentazione che ci inonda la mente come il caffè la mattina quando siamo assetati e storditi. A volte creiamo immagini in grado di smussare le nostre sporgenze, una macchinazione che ci modifica persino nell’aspetto. Non è il nostro viso che vedono, non è la nostra voce che odono, è un involucro grasso, è l’impalcatura del nostro scontento (p. 61).
Volgendo verso la fine dell’anno posso affermare che difficilmente mi capiterà, da qui al 31 dicembre, di interrompere un libro in lettura; quindi, il romanzo d’esordio di Leonardo Luccone – che nell’editoria non è nome sconosciuto, in quanto fra le altre cose è stato direttore editoriale di 66thand2nd e ha tradotto Cheever e Fitzgerald, mentre oggi, sempre fra le altre cose, dirige una realtà solida come l’agenzia letteraria Oblique – è il secondo e, spero, ultimo testo che non riuscirò a portare a termine nel 2019 (del primo libro interrotto, altro esordio clamoroso dell'anno, parlo qui).

L'immaginazione non ci seppellirà: un pamphlet di Matteo Meschiari spiega perché "fiction is action"

La grande estinzione.
Immaginare ai tempi del collasso

di Matteo Meschiari
Armillaria, 2019

pp. 82
€ 10,00 (cartaceo)



È un dato di fatto, al netto dei soliti negazionismi ipocriti e interessati: il pianeta in cui viviamo non gode certo di ottima salute, anzi. Ma se per salvarlo dovesse scegliere tra bellezza e immaginazione, un autore come Matteo Meschiari opterebbe per la seconda. Perché la prima è stata troppo spesso e troppo a lungo malintesa, e nella sua abitudine a farsi determinare in relazione alle epoche, ai contesti e alle culture ha perso i suoi caratteri di assolutezza per ridursi a mero adeguamento al canone di volta in volta vincente. L’immaginazione, invece, no. Perché immaginare è un verbo che non tende alla definizione, per quanto transitoria, semmai alla ri-definizione costante e continua, e nel momento storico in cui stiamo vivendo non c’è nulla che si ponga come più necessario di un totale ripensamento dei nostri paradigmi di azione e di pensiero, i quali saranno “belli” solo una volta che saranno diventati finalmente anche “buoni”. Nel suo ultimo libro appena pubblicato per Armillaria – La grande estinzione. Immaginare ai tempi del collasso – l’autore parla proprio di questo: del potere concreto e fattivo della fiction ai fini della nostra sopravvivenza.