Riscrivere la storia per amore: "L'imperatore di Portugallia" di Selma Lagerlöf

L’imperatore di Portugallia
di Selma Lagerlöf
Iperborea, 2017

pp. 280  
€ 17,00 (cartaceo)

Titolo originale: Kejsarn av Portugallien (1914)
Traduzione e postfazione di Adamaria Terziani

Finché aspetta che la levatrice faccia il suo dovere, chiuso fuori casa, mentre la pioggia scroscia instancabile e nessuno pare ricordarsi della sua presenza, Jan Andersson inizia a sentirsi povero, solo e derelitto, ed è sinceramente convinto che la nascita di un figlio sia "la peggiore disgrazia che [gli] poteva capitare" (p. 9). Poi, però, quando arriva il momento di prendere effettivamente in braccio la sua creatura, all'uomo accade qualcosa di miracoloso e inaspettato: inizia ad avvertire una strana sensazione, un palpitare intimo, una scossa condivisa tra lui e la bambina appena nata. A cambiare per sempre l'esistenza di Jan Andersson, umile garzone, non è tanto il percepire il battito del cuore di sua figlia quanto, per la prima volta, il proprio. Jan nasce per la prima volta insieme alla sua "bimbetta", nasce uomo diventando padre
E nello stesso istante capì cos'era stato a far battere il suo cuore. E non soltanto questo: cominciò anche a intuire cosa gli era mancato per tutta la vita. Perché chi non sente battere il cuore nel dolore o nella gioia non può di certo essere considerato un vero essere umano. (p. 15)
Il romanzo di Selma Lagerlöf si apre quindi con le tonalità e l’andamento di un apologo morale, ma nulla nel suo sviluppo è davvero prevedibile. Fin da subito la piccola si rivela la cosa più preziosa nella vita di suo padre, talmente preziosa che nessun nome pare adeguato a lei; Jan ne sceglie così uno troppo grande, troppo al di sopra della realtà contadina in cui la neonata crescerà: Klara Fina Gulleborg – associato in Svezia allo splendore e alla magnificenza del sole, che viene eletto unilateralmente suo padrino e protettore. 
Mentre la piccola fiorisce in bellezza e virtù, Jan inizia a costruire un mondo che sia all'altezza di lei ma, non potendoglielo offrire nella realtà, lo fa nella sua immaginazione. Così il panorama desolato delle Askeladar viene trasfigurato dagli occhi del genitore, obnubilato da un affetto totale e incondizionato: Klara Gulla è un bene prezioso, minacciato a più riprese, dai troll "dagli occhi taglienti sotto i bianchi cappucci di neve, e dai lunghi artigli affilati che spuntavano sotto le spesse manopole innevate" (p. 32), o dal diavolo stesso che insidia i suoi sonni durante la malattia. Se è vero che "non si poteva conservare un dono così straordinario come la bimbetta, se non si era pronti a sacrificarle ciò che si aveva di meglio" (p. 38), l’uomo è disposto a dare tutto, convinto com'è che sia Klara Gulla a regalare un senso alla sua stessa esistenza.
Così, quando un prepotente minaccia la sua casa, e la figlia ormai diciottenne si propone di partire per salvarla, l'uomo vede in questo un sacrificio grande e generoso, rifiutando di scorgervi la sete di libertà e autonomia della ragazza. In varie forme nel romanzo fa la sua apparizione il bisogno di indipendenza dei figli rispetto ai padri in un’epoca – il testo è datato 1914, ma ambientato nella seconda metà dell’800 – in cui l’Europa tutta si trova alle soglie di grandi cambiamenti. Anche ne L’imperatore di Portugallia i segnali ci sono, e il genitore li percepisce a intermittenza: accecato dall'amore, preferisce illudersi che le cose siano come lui le vorrebbe, che il destino dei figli sia stare accanto ai padri e non proiettarsi nel mondo. E se, per la maggior parte del romanzo, il lettore è naturalmente portato a parteggiare per Jan Andersson e a sdegnarsi per l'egoismo (o solo per il silenzio) della figlia lontana, l’immagine della ragazza protesa verso il suo futuro e intenta ad abbracciare il creato fa intuire per un attimo che la sua partenza è forse necessaria:
Sul dirupo più elevato, dove la visuale era più vasta, c'era un cumulo di pietre, e sulla pietra più alta stava ritta Klara Fina Gulla con il suo vestito rosso. Spiccava chiara e netta contro il pallido cielo della sera, e se la gente delle valli e dei boschi ai suoi piedi avesse levato gli occhi verso lo Storsnipa, avrebbe potuto vederla, lì dritta nel suo abito cangiante. [...] In un primo tempo cantava ancora, ma poi tacque persa a guardare lontano, verso il vasto mondo che le si apriva davanti. Infine spalancò le braccia, come se volesse stringere tutto in un abbraccio: tutta quella ricca e grandiosa immensità da cui era stata fino a quel giorno esclusa. (p. 93)
La ragazza dunque parte, e per un attimo sembra che al padre debba fermarsi di nuovo il cuore, che debba nuovamente sprofondare nell'apatia. Ma la nostalgia lo tiene vivo, come la speranza che la giovane riesca nei suoi intenti e torni presto a casa. Così però non è: Klara non torna, neanche una volta saldato il debito dei genitori; passano i mesi, poi scocca l'anno, e la ragazza cessa anche di dare notizie. Per Jan Andersson nulla ha più importanza: "Che gli importava della casa e di tutto il resto? Che gli importava di vivere, dal momento che la ragazzina non tornava?" (p. 117).
Di fronte al protrarsi della lontananza e del silenzio, il padre si sforza quindi di trovare un significato per ciò che non può capire o accettare, cercando indizi e spiegazioni intorno a sé, rileggendo gli elementi del reale per piegarli alla sua interpretazione, tanto fantastica e surreale quanto necessaria: qualcosa di straordinario deve essere accaduto a sua figlia per tenerla separata da lui. Forse le sarà capitata una grande fortuna, forse si sarà imbattuta in una straordinaria ricchezza, forse sarà diventata addirittura regina... 
Quando la vita intera, l'intera sopravvivenza, si basa su una convinzione illusoria, questa convinzione deve essere difesa a ogni costo. Perciò, quando Jan Andersson sente rivelare qualcosa di terribile sulla sua "bimbetta", l'urgenza di difendere l'onore della figlia cela il bisogno di proteggere se stesso da una verità insopportabile:
"Tutto il comune lo sa ed è tempo che anche i genitori siano informati di come vanno le cose. Jan Andersson è un brav’uomo, anche se ha viziato sua figlia. Io non posso più sopportare di vederlo venire qui per settimane e settimane ad aspettare una… "
E qui disse una parola così brutta sulla ragazzina di Skrolycka che Jan, suo padre, non la volle più ripetere, neppure nei suoi pensieri. (pp. 140-141) 
È in quel momento che scatta in lui un cortocircuito, che lo porta a trasfigurare la sua intera esistenza per renderla appena tollerabile: 
Quando l'imperatrice Klara di Portugallia starà qui sul pontile con una corona d'oro sul capo, e sette re cammineranno al suo fianco reggendole il mantello, e sette leoni giaceranno i suoi piedi e settantasette condottieri la precederanno con la spada sguainata in mano, allora vedremo se oserai dirle in faccia quello che hai detto a me oggi. (p. 141)
La menzogna diventa così verità, intima convinzione, preludio alla follia – o a una forma più alta di consapevolezza. Jan Andersson diventa l'imperatore Johannes di Portugallia e inizia a vivere di conseguenza, aspettando il ritorno della sua regina. Mentre l'imperatore filtra gli eventi con il suo sguardo alterato, la realtà si plasma al suo volere e l'uomo ritrova una nuova armonia con l'ambiente circostante, impensabile quando era un semplice bracciante. Se per il povero l'universo resta muto e indecifrabile, al potente il mondo inizia a parlare, a svelarsi
Questa era musica! E non solo i giovani alberelli lungo la vecchia strada suonavano, ma tutto il bosco con loro. Erano organi e tamburi e trombe. Erano flauti dei merli e zufoli dei fringuelli, erano mormorio di ruscelli e ninfee, tintinnare di campanule e tambureggiare di picchi. Mai Jan aveva udito qualcosa di così meraviglioso. E mai aveva ascoltato una musica in un modo così intenso. Gli penetrava così a fondo nelle orecchie che mai l'avrebbe potuta dimenticare. (p. 152)
Mentre la gente si fa beffe di lui, o lo commisera per la sua pazzia, il pensiero magico del protagonista lo salva dalla consapevolezza di tutto ciò, anche se a tratti si aprono squarci sul suo dolore celato, sul vuoto che l'assenza della "ragazzina" ha creato in lui. Selma Lagerlöf, non a caso prima donna al mondo a ricevere il premio Nobel per la Letteratura, guarda al suo personaggio con una pietas appassionata, che rivela una piena comprensione dei sentimenti dell'essere umano, ma anche una straordinaria delicatezza. La compassione non è per lei superficie, ma profonda sintonia con un'alterità: della compassione l'autrice riscopre e rivela nel suo scritto il valore etimologico, spingendoci a fare altrettanto. Il lettore si pone dunque sullo stesso piano del sentire di Jan, soffre con lui, intuisce intimamente la sua sofferenza, si commuove per il suo estremo tentativo di difesa. 
L'imperatore di Portugallia è un romanzo sull'amore più profondo e gratuito, quello per i figli da parte dei padri, che non sempre – come rivela il romanzo nelle sue storie collaterali – sono disposti a lasciar andare, ma sempre, invece, sono pronti a riaccogliere, o a desiderare (e se serve a inventare) per i loro nati un mondo sicuro e privo di pericoli. Quella di Selma Lagerlöf è una storia di speranze deluse e riscatti mancati; di squilibri, di occasioni perse. Una storia che muove alle lacrime per la verità delle emozioni descritte e per un finale che – per quanto lo si aspetti – non viene concesso facilmente, non semplifica le cose, viene pagato a caro prezzo. Perché la bimbetta un giorno tornerà, ma non sarà diventata imperatrice come nei sogni di suo padre: sarà piuttosto indurita dalla vita, cinica e ostile. Sarà il suo cuore, come un tempo era stato quello di suo padre, a essere indifferente e a dover ricominciare a palpitare. E in certi capitoli, verso la conclusione del romanzo, si dubita davvero che possa riuscire a farlo, non se ne vede la via. 
Come in tanta narrativa nordica, il ritmo de L'imperatore di Portugallia non è incalzante: l’autrice costruisce passo passo l’impalcatura della trama, tratteggia i caratteri dei personaggi con precisione, inserendoli in un contesto sociale credibile. La regione del Värmland, conosciuta personalmente dalla Lagerlöf e trasfigurata nei suoi scritti, viene descritta con slanci lirici frammisti a dettagli verosimili che conferiscono spessore al tessuto narrativo. L’intento morale dell’opera e la celebrazione di valori tradizionali (come la fede, o l’attaccamento alla famiglia) riescono, grazie alla sapienza narrativa della scrittrice, a non sfociare nel moralismo; problematizzano piuttosto il rapporto conflittuale tra le generazioni, disinnescando l’effetto-fiaba e creando una storia che parla dei tempi moderni e conduce a una conclusione letteralmente perfetta, che ci fa ricordare che non ci può essere vera solitudine per chi ha tanto amato. E che solo l'amore trasfigura, conferisce bellezza e pienezza all'esistenza. 

Carolina Pernigo




Visualizza questo post su Instagram

Dal #premionobel #selmalagerlöf, la storia di un amore eterno e cieco: quello di un padre per sua figlia. Quando per la prima volta prende tra le braccia la sua bambina, Jan Andersson avverte per la prima volta il proprio cuore pulsare, e di fatto incomincia a vivere: tutto è in funzione della piccola, l'intera realtà deve essere trasfigurata per essere degna di lei. Quando Klara Gulla diventerà grande e si allontanerà dalla casa dei genitori per avventurarsi nel mondo, il padre vivrà in funzione del suo ritorno. E se questo non arriva, se la ragazzina manca e non dà più notizie di sé, al contrario di quel che mormora la gente, deve certo esserle capitato qualcosa di grande e straordinario... sarà forse diventata ricca, forse addirittura sovrana! Jan Andersson diventa allora "imperatore di Portugallia" e come tale vive, in attesa di riunirsi alla sua regina. Il romanzo di Selma Lagerlöf ci mostra la complessità dei rapporti tra le generazioni, le bugie che i padri si raccontano, il modo in cui chi ama è disposto a riscrivere il reale per renderlo all'altezza dell'amore stesso. @quinquilia si è commossa fino alle lacrime per questa storia semplice e bella, che nonostante i toni fiabeschi rifugge ogni moralismo e ricerca un finale non scontato. Voi l'avete già letto? Quale tra gli scritti della #lagerlöf preferite? #letteraturanordica #iperborea #iperboreaeditore #instabook #instalibro #bookstagram #bookoftheday #bookish #igreads #igbooks #readingnow #newbook #bookaddict #booklover #cover #bookcover #inlettura #cosebelle #criticaletteraria @iperborea
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: